Jumanji, la recensione: si ritorna nella giungla più selvaggia

A 22 anni dall'originale Jumanji, Sony Pictures ci porta nella giungla più selvaggia, con un progetto infinitamente banale di quanto potrebbe sembrare.

Jumanji, la recensione: si ritorna nella giungla più selvaggia
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Molti fra i lettori che approderanno su questa recensione, compreso chi scrive del resto, sarà probabilmente cresciuto con il mito di Jumanji, film d'avventura per ragazzi arrivato in Italia nel febbraio del 1996. Una piccola, divertente rivoluzione per l'epoca, che alzava l'asticella degli effetti speciali e divertiva con cuore e poesia, riuscendo sia a intrattenere che ad emozionare, grazie soprattutto a un interprete impossibile da dimenticare. Robin Williams giocava nel ruolo di un Alan Parrish cresciuto e intrappolato all'interno di un gioco da tavolo oscuro e misterioso. Una potente scatola in grado di emettere terrificanti suoni di tamburi, segno di brutti presagi, e di tenere in ostaggio chiunque inizi a giocare senza concludere, in modo vittorioso, la partita. Era dunque il 1996, 22 anni fa, gli effetti speciali all'avanguardia per l'epoca oggi ci fanno sorridere con tenerezza, e il motore degli eventi era un gioco da tavolo di legno. C'era dunque un solo modo per riportare al cinema una leggenda come Jumanji, rinnovare tutto a 360 gradi, pensando soprattutto ai giovani e ai giovanissimi di oggi, non ai ragazzi cresciuti con il film originale, oggi adulti.
Sony ha così accantonato l'idea del gioco da tavolo sostituendolo con un più moderno videogioco, ha inoltre cambiato prospettiva realizzando quello che, nel 1995 (anno di produzione del primo Jumanji), sarebbe stato troppo difficile se non impossibile: catapultare i protagonisti in una vera giungla selvaggia e non il contrario, con animali e cacciatori feroci pronti a invadere il nostro mondo. Qual è dunque il modo migliore per affrontare un omaggio simile, che sulla carta potrebbe sembrare persino oltraggioso ai più puristi? Riconoscere che l'infanzia è ormai passata e che ora se ne sta custodita all'interno di una lucente scatola dei ricordi, e che i tempi sono definitivamente cambiati.

Come nel mondo di Oz

Spencer, Fridge, Bethany e Martha sono quattro adolescenti americani come tanti, con le loro convinzioni e i loro problemi. Come personaggi di un novello mondo di Oz, ognuno cerca un elemento mancante nella propria vita: c'è chi è alla ricerca del coraggio per spiccare nel mucchio, chi dell'umiltà, dell'autostima o della sicurezza, anche se ancora non lo sa. Finiti tutti insieme in punizione, per puro caso e per motivazioni differenti, i quattro ragazzi scoprono una vecchia e polverosa console da gioco che fa un po' il verso al classico Super Nintendo nei vecchi magazzini della scuola. Con lei anche una cartuccia che recita Jumanji, un autentico "residuato bellico", qualcosa di estremamente lontano dai titoli contemporanei con grafica 4K e iper realistica, ma pur sempre un videogioco, meglio di qualsivoglia punizione. I giochi a 8 e 16 bit degli anni '90 erano quantomai immediati, bastava accendere la console, premere Start e scegliere il proprio avatar e Jumanji non è da meno, anzi permette la scelta di più personaggi, fra sapienti esploratori e affascinanti bellimbusti. Dalla cartuccia però arrivano strani suoni, tamburi battenti che hanno effettivamente un che di familiare, segno che qualcosa di sconvolgente sta per accadere.
I quattro ragazzi vengono risucchiati letteralmente dal videogioco e trasferiti all'interno di un mondo selvaggio, intrappolati nei corpi dei loro relativi avatar. Un'idea di sceneggiatura vincente, poiché consente agli adolescenti protagonisti di cimentarsi con qualità che non hanno mai sperimento - o che hanno sempre cercato di ottenere senza successo. Chi ha sempre fatto il gradasso, questa volta sarà costretto a usare il cervello, il secchione del gruppo invece ha la possibilità di acquistare consapevolezza grazie al suo nuovo corpo muscoloso e aitante. Sempre per la legge del contrappasso, la cheerleader, la classica reginetta di bellezza e star di Instagram diventa un uomo adulto di mezza età in sovrappeso, mentre la ragazzina più insicura ha ora un corpo atletico in grado di mandare ai matti qualsiasi essere di sesso maschile.

8 bit e Instagram

I quattro ragazzi sono costretti non solo a terminare il gioco con successo per far ritorno a casa, come tradizione del resto, ma anche a capire meglio alcuni aspetti di loro stessi, lungo un percorso fatto di ostacoli reali ma soprattutto mentali. Proprio per questo motivo l'operazione revival di Jumanji non è affatto il flop che tanti hanno dato per scontato negli ultimi mesi. Se si è disposti a sorvolare sul fatto che degli anni '90 non sia rimasto praticamente nulla, salvo qualche citazione sparsa qua e là, questo nuovo film sa essere divertente e dispensatore di buoni consigli per le nuove generazioni. Ricordiamo infatti il target principale del progetto, adolescenti e pre-adolescenti, che riusciranno a immedesimarsi senza troppi problemi nei quattro protagonisti. Insieme agli avatar del videogioco, anche il pubblico in sala può intraprendere un percorso di accettazione e consapevolezza, aspetto che dona un'anima all'intera produzione.
Inoltre le linee di sceneggiatura sono costellate di elementi appartenenti alla cultura pop legata proprio ai videogames e ai social network, cosa che manderà in brodo di giuggiole i Millennials e non solo. Esattamente come accadeva con i titoli a 8 e 16 bit, gli avatar del nuovo Jumanji hanno delle vite limitate e devono usarle con cognizione di causa, un'idea che cambia di molto il comportamento dei protagonisti e genera non poche sorprese a livello di trama.


Un cast bene assortito

In una produzione simile però non possono mancare corposi effetti visivi, che Sony ha sviluppato in maniera credibile. Rispetto al 1995 del resto sono passati ben 22 anni, motivo per cui animali digitali e scene d'azione hanno sicuramente una marcia in più. Ricordatevi però queste parole, elicottero e rinoceronti, poiché la scena che li contiene poteva godere sicuramente di una migliore fattura tecnica. Il nuovo mondo di Jumanji però non è fatto solo di aggiunte digitali, c'è tanta azione vecchio stampo e decine di stunt reali che danno non poco pepe alla narrazione. Narrazione che procede in modo abbastanza lineare lungo i 119 minuti di durata, senza risparmiare qualche colpo di scena sicuramente funzionale.

Se la sceneggiatura dunque è meno banale di quanto potesse sembrare, un altro valore aggiunto del film è rappresentato dai membri del cast. Kevin Hart, vera e propria icona comica negli USA, è uno zoologo divertente e impacciato che ha un fisico da divoratore di frittelle, ancor più ridicolo è Jack Black, che ha come unico potenziale il saper leggere a dovere le mappe. In realtà dietro il suo avatar si nasconde la giovane Bethany, la reginetta di bellezza che vive per i suoi follower di Instagram, motivo per cui l'attore di School of Rock ha spesso la voce in falsetto ed è perso in atteggiamenti ambigui, da Drama Queen.
La timida Martha è invece intrappolata nel corpicino da urlo di Karen Gillan, esploratrice in abiti succinti che sembra omaggiare la celebre Lara Croft dei primi Tomb Raider (a proposito di sterili polemiche sessiste...). Inutile ricordare chi sia il mattatore principale del film: Dwayne "The Rock" Johnson non è altro che il leader e il trascinatore assoluto del gruppo, senza punti deboli e perfetto contrasto per il nerd impacciato incastonato nel suo corpo. Ancora una volta l'ex lottatore di wrestling diventa un'icona palestrata dal sapore retrò, caricatura più e meno seria dei grandi interpreti del cinema action anni '80 e '90.

Jumanji: Benvenuti nella Giungla Chi attende questo nuovo Jumanji a spada tratta solo per il gusto di dire che è orrendo, avrà vita alquanto dura. Del 1995 non è praticamente rimasto nulla, il film che ha caratterizzato l'infanzia di molti di noi resterà relegato nei ricordi, nulla può sovrastarlo, del resto non è questo l'obiettivo che Sony si è prefissata. Al contrario questo prodotto parla alle nuove e nuovissime generazioni, adolescenti e pre-adolescenti in cerca di un posto nel mondo, con tutte le loro ansie, paure e insicurezze. Un taglio netto con il passato che consegna definitivamente i giochi da tavolo alla storia, guardando più smaccatamente ai videogiochi e alla cultura pop degli ultimi 20 anni, fra console a pochi bit e Instagram. I quattro protagonisti, come catapultati in un novello mondo di Oz, avranno modo di percorrere una strada a ostacoli che li renderà più maturi, più consapevoli, divertendo il pubblico in sala con un'avventura funzionale e retrò in più punti. Nel suo piccolo, è un film che fa esattamente quel che si è prefissato di fare.

6.5

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