Recensione Joshua

Joshua è un bambino perfetto, l'arrivo di una sorellina sconvolgerà i suoi piani

Recensione Joshua
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Il tesoro sotto le macerie

Capita, a volte, che delle piccole perle nere vengano sommerse da montagne di detriti o da perle più grandi e banali, finendo quasi nel dimeticatoio per poi essere improvvisamente riscoperte dal pubblico, dalla critica e dai distributori.
Ed è proprio quello che è successo con Joshua, moderno thriller psicologico di forte impatto emotivo, disturbante come piace agli appassionati, intinto di richiami ad altre pellicole, riflessivo ed estremamente coinvolgente.
Sceneggiato e diretto da George Ratliff, al suo secondo lungometraggio, Joshua si rivela uno dei prodotti più interessanti della nostra stagione cinematografica, uscito con un anno di ritardo rispetto agli States (situazione tristementa analoga a quella dell'ottimo film irlandese Once) e che purtroppo risulta essere poco pubblicizzato nell'amato belpaese.

L'innocenza a nove anni

Joshua Cairn è il figlio che tutti vorrebbero avere: è bello, talentuoso, posato, intelligente, educato, ed il centro del mondo per suoi genitori. Ma l'arrivo di una secondogenita stravolgerà l'equilibrio perfetto del bambino che manifesterà disturbi psichici oltre l'irrazionale. Parallelamente al "delizioso" quadretto familiare si aggiungono forti stati depressivi della madre dovute alla sua incapacità di produrre latte, elemento che vivrà come dramma di una maternità fallimentare esasperato anche dallo stress procuratole dai lavori di ristrutturazione svolti nell'appartamento superiore. Le evoluzioni che però Joshua genererà si renderanno sempre più pericolose, raggiungendo picchi di follia talmente elevati da compromettere l'intera stabilità della famiglia dando vita a sviluppi inattesi.

Quando si dice che nella botte piccola c'è del buon vino

Joshua rappresenta una figura atipica all'interno dell'attuale contesto cinematografico riuscendo ad essere allo stesso tempo sia un film per appassionati del buon cinema, sia un thriller da alternativa Venerdì sera in discoteca.
In entrambi i casi riesce appieno nell'intento, presentandosi come un'opera ricca di richiami e colma di profonde riflessioni, affrontando temi di attualità in modo così raffinato da far sembrare quasi che non ve ne siano: in prima linea, l'importante rapporto tra responsabilità ed inettitudine, rappresentato al meglio dalla figura della madre di Joshua che si ritrova impossibilitata a produrre il latte necessario al sostentamento della secondogenita e che si affligge per questo, vedendo in se stessa l'annullamento di tutti i principi e degli stereotipi classici della difesa dei propri figli, intesi come tutela del proprio futuro.
Il fatto che Joshua divenga così malvagio in seguito all'ingresso di un elemento esogeno all'interno del proprio nucleo familiare a sua volta rappresenta il disagio, tipicamente umano, ad affrontare condizioni di diversità e imprevedibili in modo radicale, onde evitare che lo stesso possa trasformarsi in un più reale e concreto problema.
Altra colonna portante delle tematiche del film, è il rapporto tra religione e laicità, che vede protagonisti il piccolo e crudele pargolo e la sua premurosa nonna che tenta di convertirlo alla religione cattolica nonostante la ferma opposizione dei genitori.
Affascinato dalla mitologia egizia, il bambino sintetizzerà se stesso come figura moderna del maligno dio del caos Seth, nella sua malvagità in grado di portare all'equilibrio sconfiggendo il terribile Apep (dio egizio dell'oscurità). Susciterà, così, il disappunto della nonna che di fronte ai concetti espressi dal ragazzino risponderà sostenendo che Mosè venne a mettere fine a tutte quelle insensatezze, coronando la scena con un'aura di pateticità deliziosa, in chiaro riferimento all'ambiente cattolico.
Fondamentalmente Joshua raffigura la ricerca della perfezione e la necessità di essere il centro del mondo senza ammettere intromissioni da parte di elementi esterni: pretende la totale sudditanza dei familiari nei suoi confronti, non ammette contestazioni ed è pronto a sistemare le cose qualora non dovessero andargli a genio: descrizione analoga a quella della società moderna, ambito nel quale possiamo inserire il giovanissimo protagonista.
Tema portante dell'intero film è la sonata per pianoforte n.12 di Beethoven tratta, non a caso, dalla M marcia funebre per la morte di un eroe e suonata dallo stesso protagonista in più di un'occasione. Brano che trasmette una profonda inquietudine per merito della dissonanza con le principali sequenze del flm .
Sorprendente il giovanissimo Jacob Kogan, perfetto nella sua asepsi e posatezza come rappresentazione del malefico pargolo. Eccellenti le interpretazioni di Vera Farmiga e Sam Rockwell, indescrivilmente bravi, sono riusciti ad calarsi nella parte dei genitori di Joshua in modo così intenso da poter quasi esigere un riconoscimento ufficiale.
Ratliff si dimostra invece, nonostante sia la sua seconda prova ufficiale, un regista eclettico, intelligente, a metà tra Fincher e Brest.
Risulta oltretutto abilissimo nel fare uso di inquadrature "nascoste", come a ricordare che la telecamera è l'occhio dello spettatore e a renderlo in qualche modo molto meno estraneo alla storia di quanto egli creda: prova ampiamente superata.
L'idea del bambino malvagio rimanda molto a pellicole del passato quali Omen, Il villaggio dei dannati e perchè no, L'esorcista, assicurando in qualche modo un prodotto funzionale e di sicuro impatto.
Unica pecca, forse, alcune forzature all'interno della sceneggiatura, solida, ma con qualche cedimento e che comunque regalerà a tutti grandissime sorprese.

Joshua “Joshua” è un ottimo film, purtroppo soffocato da titoli più famosi e pubblicizzati, pena anche il ritardo della distribuzione italiana che come al solito si rivela colma di lacune. Consigliato a tutti gli appassionati del buon cinema e non, sarà in grado di farsi ricordare positivamente, se non necessariamente per gli aspetti critici, per il forte senso di inquietudine in grado di trasmettere.

7.5

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