Recensione Johnny English - La rinascita

Torna l'agente segreto più strampalato del mondo in una nuova avventura

Recensione Johnny English - La rinascita
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Era il 1992 quando, per la prima volta, Rowan Atkinson - tra i più noti caratteristi britannici - interpreta Richard Latham, una singolare spia buffa e pasticciona, per le pubblicità di una importante banca. Dopo cinque anni, l'agente segreto con 'licenza di far ridere' sembra finire nel dimenticatoio con l'ultima reclame, nel '97. E invece, nel 2003, ecco arrivare Johnny English, nuovo personaggio, questa volta cinematografico, dell'attore inglese, ispirato al precedente Latham. Il successo non tarda ad arrivare, anche e sopratutto negli Stati Uniti, andando a quadruplicare il capitale inizialmente investito dalla produzione. Passano ora altri otto anni e Atkinson, più in forma che mai, torna sugli schermi col suo personaggio più noto dopo Mr. Bean con Johnny English Reborn, titolo da noi adattato col termine 'La rinascita'. In Gran Bretagna il successo è stato istantaneo, con un incasso notevole che segna, tra l'altro, il miglior risultato dell'attore nella sua stessa patria. Semplice campanilismo o meritato trionfo?

Non sa cos'è la paura. Non sa cos'è il pericolo. Non sa proprio nulla! 

Pur cambiando poco o niente del suo approccio ai personaggi e al suo pubblico, Atkinson rinnova la serie con alcune novità e soprattutto un particolare appeal, svecchiando un po' l'approccio allo spy movie che negli ultimi anni, grazie a pellicole come The Bourne Identity, si è rivoluzionato in più componenti. Sono passati otto anni, per Johnny, anche nella timeline del film: ora è in esilio, più o meno volontario, inTibet, dove si è rifugiato dopo che la sua ultima missione, che prevedeva la sicurezza ad un Capo di Stato in Mozambico, è miseramente fallita. In Tibet, l'agente segreto più buffo e incosciente di sempre ha imparato la meditazione e le arti marziali sotto la ferrea guida dei monaci, che gli annunciano il momento propizio per tornare alla civiltà. L'MI7, ora, ha di nuovo bisogno di lui per una missione top secret in cui le sue conoscenze potrebbero tornare molto utili...potrebbero, appunto!
Questa nuova avventura di Johnny English vede, tra i suoi protagonisti, oltre ad un istrionico e sempre convincente Rowan Atkinson (ma certamente non ci aspettavamo niente di meno) alcuni volti interessanti anche se meno noti al grande pubblico, come Dominic West, Daniel Kaluuya e Rosamund Pike, sempre in parte coi tempi giusti, e Gillian Anderson, qui in un cameo autoreferenziale quale nuovo Direttore dell'MI7 (ma la mente vola, inevitabilmente, a X-Files).
Interessante la scelta del regista: il timone passa da Peter Howitt all'Oliver Parker di Fade to Black, St. Trinian's e il Dorian Grey con Ben Barnes e Colin Firth. Parker, con molta grazia, in J.E. Reborn passa tranquillamente dal registro comico a quello d'azione, con innesti da commedia spionistica classica abilmente camuffati. Il risultato è spesso gradevole, proprio perché non si sa mai cosa aspettarsi dalla scena successiva, e la pellicola, al di là delle continue trovate con protagonista Atkinson (ma non solo) è girato come un film di spionaggio 'serio' con numerose scene che non sfigurerebbero, per inventiva, spettacolarità ed effetti, in un qualche prodotto di emulazione bondiana. Purtroppo questa commistione di stili, per quanto interessante, risulta in finale come un piccolo limite, difficilmente superabile: il film non decolla mai davvero nel suo lato serioso, e anche le gag rimangono limitate ad un ambito altrimenti poco avvezzo alle stramberie atkinsoniane. Con la risultante di non avvincere mai per davvero (tranne forse nelle sequenze finali, piuttosto ben realizzate) e strappare poche risate visto l'umorismo molto adatto alla sensibilità britannica, ma un po' meno al nostro.

Johnny English Reborn Torna uno dei personaggi più celebri di Rowan Atkinson con una pellicola girata benissimo ma che, in un certo qual modo, paga lo scotto di essere un ibrido un po' atipico e per questo forse non ben calibrato. Le sorprese sono sempre dietro l'angolo è la messinscena è orchestrata splendidamente, ma le risate a crepapelle che in molti si potrebbero aspettare tardano ad arrivare.

6

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