Recensione Jimmy Bobo - Bullet to the Head: Second opinion

Walter Hill e Sylvester Stallone insieme per un buddy movie d'altri tempi

Recensione Jimmy Bobo - Bullet to the Head: Second opinion
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James Bonomo, detto Jimmy Bobo (Sylvester Stallone) è un sicario con delle particolari regole di condotta, con base a New Orleans. Da anni agisce con un compare fidato, Louis Blanchard (Jon Seda) con il quale condivide un profondo legame di amicizia. I due, dopo l'ennesimo lavoro su commissione, vengono gabbati e Louis cade vittima dell'agguato ad opera di un altro sicario, un ex militare dalla morale contorta che si fa chiamare Keegan (Jason Momoa). Bobo è deciso a vendicare l'amico, ma per farlo dovrà stringere un'improbabile alleanza con un detective in trasferta, Taylor Kwon (Sung Kang), ligio al dovere, rispettoso della legge e particolarmente avvezzo all'uso di mezzi telematici. Il loro rapporto fa scintille, ma sono accomunati dalla determinazione a scoprire i mandanti dell'intera operazione, che a quanto pare ha radici nei piani alti della borghesia cittadina. Ogni loro eventuale disputa verrà saldata alla fine della missione, che arriverà a coinvolgere anche la bella Lisa (Sarah Shahi), giovane tatuatrice molto legata a Bobo...

Bang! Down, owned.

Arriva finalmente nei cinema, dopo tutto il clamore suscitato al Festival di Roma, un nuovo cinecomic, anche se questa volta non si tratta di supereroi ma di un noir tratto da una graphic novel francese, dal titolo Du plomb dans la tête. Una storia che sembra essere stata scritta, fin dalle sue origini fumettose, per Stallone, e che trova il suo giusto compimento cinematografico nella regia di Walter Hill, mostro sacro del genere, consacrato da pellicole quali Driver l'imprendibile, I guerrieri della notte, 48 ore, Danko. Film “duri e puri” come non se ne fanno più, senza politically correct, senza battutine messe lì per ridicolizzare, densi di significati nascosti dietro le mezze parole e i silenzi. Intrise di un'epica tutta mascolina fatta di onore, amicizia, abnegazione. Roba forse un po' démodé al giorno d'oggi, ma di cui molti amanti del cinema “di una volta” sentono spesso la mancanza, e ritrovano a sprazzi solo in registi come Refn o Snyder. Sono passati più di dieci anni dall'ultima opera di Hill, e ritrovarlo è, innegabilmente, una gioia, soprattutto per la generazione degli attuali trentenni/quarantenni. Averlo in collaborazione con Stallone poi, che stranamente non aveva mai collaborato con lui negli anni '80, è un po' l'avverarsi di un piccolo desiderio inespresso.
Il tutto è mediato dal fumetto di partenza, che chiaramente è stato rimaneggiato in più punti e ha perso qualcosa (il pulp alla John Woo richiamato fin dal titolo) guadagnando, però, tutto l'afflato del buddy movie poliziesco, riconoscibile fin dai primi scambi di battute tra i personaggi di Stallone e Kang.

Jimmy Bobo: Bullet to the Head Minimale, senza fronzoli, volutamente vecchio stampo: ma ciò non costituisce difetto, anzi. Il ritorno di Walter Hill avviene con un film forse poco originale, che non aggiunge nulla al genere di appartenenza ma che rappresenta una piacevolissima digressione nel mare degli action moderni caciaroni. Il romanticismo maschile di cui è intriso Bullet to the head arriva dritto al cuore, prima che al cervello, nonostante quel che dica il titolo: pazienza se la sceneggiatura non è memorabile. Lo sono i dialoghi asciutti e cazzuti, i combattimenti -i cui colpi si “sentono” davvero e non sono le solite piroette odierne- lo scontro finale tra uno Stallone sempre in formissima nonostante l'età e un Jason Momoa perfettamente in parte.

7

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