Recensione Jack et la mécanique du coeur

Dalla Berlinale, un piccolo pezzo di magia animata

Recensione Jack et la mécanique du coeur
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Un piccolo pezzo di magia belga, che vanta tra le firme dei produttori anche Luc Besson e la moglie Virginie Silla: stiamo parliando di Jack et la mécanique du coeur, noto anche col titolo anglofono Jack and the cuckoo-clock heart. Un film arrivato in punta di piedi, senza suscitare troppo clamore, ma che ha conquistato tutto il pubblico in sala, compreso il commosso presentatore: “Devo smettere di piangere!” è stato il suo melodrammatico lamento mentre invitava registi e produttori sul palco.
Jack è a tutti gli effetti un piccolo capolavoro: per modellazione e animazione, ma soprattutto per idee, dialoghi, ambientazioni, storia. Adattato dal racconto La meccanica del cuore (edito dal 2007 anche in Italia) di Mathias Malzieu, la storia risente fortemente della prima vocazione del suo autore: Malzieu è infatti anzitutto cantante e musicista, capace di contrassegnare tutto il racconto con elementi spiccatamente musicali, arrivando persino a raffigurare la colonna vertebrale con uno xilofono. La storia de La meccanica del cuore sembra partorita col più vivace dei divertimenti, come se un bambino fosse portato in una sala piena di strumenti musicali: fragore, suoni martellanti, agitazione ma anche delicatezza, il racconto si muove dalla Scozia fino all’Andalusia, dalle vette innevate alle pianure roventi, dalla città nordica al circo di browninghiana memoria.

Al cuor non si comanda

Cosa succede quando una donna incinta e un po’ spiantata viene condotta da un uccellino rosso fino ad una bella casa su una collina innevata, nel pieno del travaglio? Casa in cui, oltretutto, trova un’eccentrica donna tuttofare, un po’ inventrice un po’ scienziata, e il suo gatto con gli occhiali? Presto detto: il bambino nasce nel giorno più gelido che la Scozia ricordi e il suo cuore è completamente ghiacciato. La donna eccentrica, Madeleine, ricorre a una soluzione estemporanea: sostituisce il cuore ghiacciato con un piccolo orologio a cucù. E diventa effettivamente la madre del piccolo Jack, dal momento che la madre biologica fugge la notte stessa del parto. L’orologio a cucù è però solo l’origine di altri problemi: fragile, instabile e imprevedibile, basta un’emozione di troppo per farlo impazzire.

Provare paura o adrenalina è severamente vietato: ma soprattutto è l’amore ad essere abolito. Ma si sa, al cuor (anche se di cucù) non si comanda, e il giovane Jack dai capelli rossi, in piena pubertà, non può fare a meno che scorrazzare per tutta Edimburgo e innamorarsi della ragazza più strana, una certa Miss Acacia, così chiamata per i rovi che la circondano, con i quali si protegge dal mondo crudele e da sempre ostile verso di lei. Detto fatto, il commovente duetto canterino tra i due si risolve col cucù-cuore che impazzisce e la madre deve riportare subito Jack a casa. Da quel giorno, solo una cosa ha importanza per Jack: ritrovare quella ragazza. Cercandola ovunque, addirittura iscrivendosi in una scuola tetra e piena di bulli che sembra un penitenziario, vagando su treni notturni, lavorando in circhi dell’Andalusia e... perfino arrivando a fare la conoscenza di Georges Méliès!

THREE RULES

Tre regole fondamentali, e quella più importante è non innamorarsi: tematica centrale per l’intero film, tutto dedicato al cuore e ai suoi patimenti sfruttando la geniale idea dell’orologio a cucù. Il film, pensato da Malzieu e diretto insieme a Stephane Berla, è un commovente e poetico ritratto dei sentimenti umani, dell’incontrollabile emotività, dei rapporti familiari e, più in generale, un invito a vivere la vita senza troppe preoccupazioni. Sembra effettivamente un monito: nella società delle grandi metropoli e del lavoro, in istituti scolastici ingrigiti che sembrano carceri, l’essere umano si avvicina sempre più alla figura dell’automa, e il diktat “Sì al lavoro, no alle emozioni” sembra descrivere l’orologio a cucù di tutti noi.

Ciò che è particolarmente bello del film non è solo l’idea centrale, ma l’intero svolgimento della storia fin nei suoi dettagli, capaci di intrecciare citazioni e riferimenti a grandi film, dai più plateali (la sola presenza manifesta di Méliès rende evidente più che mai la citazione a Voyage dans la lune e non solo) ai più sommessi (su tutti: Freaks di Todd Brown e Blancanieves di Pablo Berger). Curioso a pensare alla lavorazione ed uscita pressoché concomitante a Frozen, anche se il gelo appare assai più ridimensionato. Ma soprattutto il film piace per un attento lavoro di modellazione e animazione -con uno stile più barocco e a tratti grottesco- durato oltre due anni. L’animazione sembra più orientata verso uno stile alla Nightmare before Christmas, ma diventa ancora più cinica e dall’ironia più tagliente, evolvendo attraverso un climax crescente di emozioni, melodramma e oscurità, fino a un finale imprevedibile. Nel bel mezzo, rintocchi fondamentali sono dati dalle splendide scene di canto e ballo, con coreografie quasi da videoclip (su tutte: il primo incontro di Jack e Miss Acacia, la scena in cui Jack fa il presentatore sul trenino dei fantasmi, e il finale), e con mini Leitmotiv a contrassegnare personaggi e stati d’animo (spettacolare lo stile basso e profondo, quasi da beat, di Joe).

Jack et la mécanique du coeur Autentico piccolo capolavoro di animazione che non ha niente da invidiare al resto del mercato internazionale, ci auguriamo che arrivi al più presto anche in Italia: il film contiene di tutto, dai più disparati stili di animazione al racconto adatto ai più piccoli, dai pezzi cantati che sciolgono il cuore a un mondo caricaturato ed esagerato, dalle più svariate citazioni a un sapore agrodolce, capace di mischiare il sorriso e le risate con momenti cinici e cupi. Da vedere.

8.5

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