Recensione It follows

David Robert Mitchell porta sul grande schermo un teen horror di grande efficacia, ambientato nella sterminata periferia degli Stati Uniti.

Recensione It follows
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Stati Uniti centrali. Un tranquillo sobborgo con case unifamiliari allineate, siepi ben mantenute, erba del giardino curata. Una porta si spalanca e una bella ragazza fugge fuori. Indossa biancheria di seta e scarpe rosse con il tacco. Sulle prime pensiamo che una notte con uno spasimante si sia rivelata un gioco perverso, abituati come siamo a horror di questo tipo, ma quasi subito ci accorgiamo che la giovane era in casa sua, con i genitori, al civico 1492. La scoperta dell'America. Un'America più inquietante nella sua "normalità" dei segreti paranormali che nasconde.
La ragazza è in stato di shock, fugge in casa, poi di nuovo fuori. Sale in macchina e scappa via, lontano. È in spiaggia e attende. Telefona a suo padre, per dire addio. Farà una brutta fine, con una delle sue belle gambe piegata dalla parte sbagliata.
Questo è solo il veloce preambolo di It Follows, secondo lungometraggio diretto da David Robert Mitchell. Lui, nativo del Mitchigan, è ormai un habitué dei festival di mezzo mondo, e in particolare di quello di Cannes, dove It Follows e il precedente The Myth of the American Sleepover sono stati in Concorso. Ora, condendo di horror l'immaginario che già aveva ottimamente caratterizzato nel suo primo film, è anche al 32mo Torino Film Festival.

Una maledizione a catena

Jay è bella, "tanto bella da disturbare", come affermano sua sorella e un paio di amici. Vive in uno di quei posti periferici che Mitchell sa descrivere in modo più inquietante di Gregory Crewdson, in un quartiere dove la gente si è stancata di riparare la staccionata o di rastrellare le foglie. Tanto alcune case sono già in stato di abbandono. Sua madre si alza alle 5.45 ogni mattina, è depressa e beve. Suo padre non si sa che fine abbia fatto. I suoi amici di sempre sono sempre in casa sua e i foruncolosi ragazzini del vicinato la spiano mentre fa il bagno in piscina. Jay ha ancora dei sogni, sotto lo sguardo di chi è senza via d'uscita. Uno si chiama Hugh, un ragazzo carino con cui esce. Ma dopo il loro primo rapporto sessuale, Hugh la narcotizza e la lega a una sedia a rotelle. Non vuole farle del male, solo spiegarle e mostrarle la maledizione che le ha appena passato. Un'entità, che assume le sembianze di chiunque, perennemente camminerà verso di lei, cercando di ucciderla. Jay può passare questa maledizione a sua volta mediante un altro rapporto sessuale, ma se qualcuno muore, l'entità tornerà a perseguitare la vittima precedente.
Jay non ci crede. La cosa per cui soffre di più è che ci aveva sperato: pensava davvero di poter essere qualcosa di diverso. Non sa quanto il suo sogno possa realizzarsi.

In fuga senza alcuna via d'uscita

Il bello del cinema realizzato con pochi fondi è che gli autori devono sforzarsi se vogliono realizzare qualcosa di buono. Non che It Follows non si avvalga di qualche effetto visivo, ma è altro ciò che davvero fa paura. Il ritorno ad archetipi che per troppo tempo sono stati dimenticati, quei temi classici che negli anni Ottanta hanno reso delle vere icone alcuni personaggi. L'incedere lento, ma inesorabile, il silenzio, la mancanza assoluta di scopo nella violenza di questa entità, ad esempio, sono tutti microschemi riconoscibilissimi e che si rivelano ancora una volta degli evergreen. Jay fugge, ma non può scappare. Si rifiuta per molto tempo di perpetrare questa maledizione, vuole farci i conti.
Teen movie che strizza gli occhi (e stringe anche forte la mano) ai film dello stesso tipo girati in epoca reaganiana, It Follows descrive continue fughe da fermi di questi ragazzi. L'entità da cui non si può fuggire non è altro che la metafora del mondo in cui vivono, con alta percentuale di depressi e suicidi, in cui gli adulti sono completamente assenti. Ma mentre negli anni Ottanta erano troppo occupati con il loro successo, qui cercano solo di sopravvivere, non accorgendosi che i propri figli non sono mai in casa, finiscono spesso in ospedale, vivono un'esistenza che può solo perpetrare il medesimo schema attraverso le generazioni.
È una realtà claustrofobica in cui nessuno sogna nemmeno più di andare via.
David Robert Mitchell l'ha scritta e diretta ancora una volta, alla perfezione, in una fissità che muta solo nella misura in cui le abitazioni abbandonate marciscono. Con una fotografia in cui il colore predominante tende al piombo, tutto può soltanto volgere verso la normalizzazione dell'eccezionalità, verso il desiderio di mescolarsi, di non essere speciali, di non andar via perché il solo scopo è sopravvivere.

It follows David Robert Mitchell porta di nuovo sullo schermo la realtà claustrofobica dei centri abitati periferici degli Stati Uniti. L’elemento horror, aggiunto allo scenario del suo primo film, non è altro che la metafora dell’impossibilità di scappare dalla morsa di una realtà che non offre vie d’uscita o di riscatto. It follows risulta essere un teen movie eccezionale, inquietante, come in pochi oggi sanno realizzare.

7.5

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