Proprio come il suo terrificante antagonista Pennywise, IT è un film che si nutre di paura. Non quella dei bambini e nemmeno quella degli adulti, ma un tipo di paura più sostanziosa e nutriente, quel tipo di sano terrore che riempie lo stomaco fino a farlo scoppiare: la paura dei fan. In fondo pensiamoci, soprattutto per quanto riguarda la mastodontica opera di Stephen King, stiamo parlando di un piatto davvero ricchissimo, stracolmo fino ai bordi anche dell'hype e dello scetticismo di almeno due intere generazioni di appassionati, che dopo la miniserie con Tim Curry hanno atteso a lungo una trasposizine cinematografica decente del loro amatissimo romanzo formato Dostoevskij. E in effetti la strada del film diretto da Andy Muschietti non è stata mai facile, proprio come la vita dei Perdenti, tra slittamenti, cambi in corsa e problemi di budget, ma alla fine, ringraziando la Tartaruga, ha imboccato la via giusta allontanandosi dal baratro nero dei Barren, a tutta velocità su una macchina produttiva in stile Silver, verso la luce in fondo al tunnel. E un regista come Muschietti, tanto giovane quanto preparato in termini prettamente orrorifici, quindi di genere, di pedalate decise ne ha date un bel po', schivando il grande ostacolo della copia carbone impossibile e andando spesso senza mani, libero, incontro a sferzate di action e avventura, tenendo bene a mente la sua giovinezza e rischiando con le giuste competenze e tanto coraggio. Ma usciamo dall'analogia e proviamo ad andare con ordine e competenza anche noi. Tutti in sella!
Qui tutto galleggia
Ve lo diciamo subito, così ci togliamo il dente dolente: IT non è una trasposizione perfetta. Non lo è a causa di un genitore letterario troppo grande da emulare, cosa che infatti l'horror di Muschietti evita completamente di fare, prendendosi però alcuni rischi forse in un paio di casi evitabili. Sappiate che chi scrive è un grandissimo fautore dell'adattamento-interpretazione, inteso proprio come una fedeltà mai sacra volta alla libera rielaborazione... questo, però, esclusivamente dove serve, vuoi per necessità, vuoi per accorciare o migliorare quanto di perfettibile c'era nella storia originale. Se quindi si va a toccare qualcosa di futile ma al posto giusto, come ad esempio la storyline di Mike, capite bene che a storcere il naso ci vuole poco, considerando poi le poche revisioni alle storie dei compagni. Ma non è di certo la sola cosa che non rede IT una trasposizione capolavoro, perché anche lo sconfinamento nell'action non fa benissimo alle prominenti venature horror della trama, che perde molto in termini di pura atmosfera. Leggendo il romanzo si respirava il fetido odore di paura e odio che permeava Derry, restandone intontiti e ammaliati. Era avvolgente, inquietante e davvero affascinante, cosa che nel film si perde un po', dato che sembra di vedere più un titolo molto vicino a Goonies, Stand by Me o Super 8 piuttosto che un horror tout court con protagonisti dei bambini. E infatti IT non fa paura ma ricerca l'inquieto e la giusta inquadratura da jump scare, trovandone un paio davvero riuscite ma senza mai sorprendere realmente a paragone, per dire, dei titoli di James Wan, che dell'horror-blockbuster ne ha fatto una ragione di vita. Male, se vogliamo, anche il ridimensionamento di Henry Bowers, uno dei bulli più malvagi e iconici degli anni '80/'90: la sua presenza c'è ed è irritante, snervante, ma molti passaggi importanti nel romanzo che lo vedevano protagonista mancano, così come il suo background. Alcune delle scene clou con Bowers sono lì, ma riviste per dare giustamente più spazio ai Perdenti in età pre-adolescenziale, vero fulcro della storia.
Ma quali perdenti!
E passando infatti a parlare dei molti pregi dell'IT di Muschietti, inutile dire che a vincere sono proprio i Losers bambini, protagonisti di questo primo capitolo del macro-adattamento di IT, con un Pennywise caratterizzato davvero divinamente da un inquietante Bill Skarsgard, ma meno presente di quanto ci si potesse aspettare. Sì, IT non ha mai parlato di Pennywise, questo è vero, perché il clown era solo un mezzo per veicolare le paure dei bambini, ma sembra che sia stato accorciato ancora di più lo spazio dedicato alle sue trasformazioni elaborate e ai suoi trucchi per concedere maggiore risalto ai piccoli protagonisti. Ciò non toglie l'ottima prova dell'attore svedese, dalla mimica facciale alla parlantina agghiacciante e tonalmente ricercata. Secondo lo stesso regista, comunque, il secondo capitolo esplorerà a fondo la natura di Pennywise e la Dimensione Cosmica, quindi ci sarà modo di ammirare tutte le molteplici sfaccettature della terrificante nemesi più avanti, dato che questo primo capitolo è interamente dedicato all'avventura di Bill e compagni. C'è da dire innanzitutto che quello dei Perdenti cinematografici è uno dei migliori casting degli ultimi anni, perché non solo gli attori sono le copie sputate dei personaggi descritti nel romanzo, da Jaeden Lieberher a Finn Wolfhard fino alla bravissima Sophia Lillis, ma sopratutto perché questi giovanissimi ma sorprendenti interpreti sono riusciti a instaurare tra di loro un feeling incredibile, trasmettendolo in ogni scena di gruppo come fossero davvero stati uniti da un potere superiore. C'è affiatamento, e Muschietti è riuscito a trasporre perfettamente anche le caratteristiche specifiche di ognuno di loro, dall'ironia pungente alla parlantina logorroica di Richie Tozier -che dopo il film resterà probabilmente il favorito del pubblico- fino alla balbuzie e al carisma di Bill Denbrough, senza dimenticarci carattere e determinazione del dolce Ben Hanscom. Prima da soli e poi insieme, i Perdenti dovranno affrontare le loro più grandi paure, fattesi carne e ossa grazie ai poteri di IT, intenzionato a nutrirsi dei bambini di Derry prima di tornare a dormire per altri 27 anni.

Piccolo budget, grande risultato
A giovare infine all'adattamento sono stati il Rated-R e a modo suo anche il budget ridotto a 35 milioni di dollari. Se il divieto ai minori di 18 anni ha imposto uno standard di violenza davvero vicino a quello del romanzo, tra squartamenti, incisioni su carne e una censura praticamente ridotta all'osso, il budget così esiguo -derivativo dal Rated-R- ha fatto sì che tutto venisse investito in modo ponderato, senza eccessi o sprechi, costringendo anche Muschietti a rinunciare alla costruzione in CGI della Dimensione Cosmica e delle Luci Morte, oltre che alla vera forma terrestre di Pennywise. Il focus qui è infatti dedicato ai bambini e alla loro piccola grande battaglia contro il male annidato nei meandri di Derry, ai loro progressi e ai loro fallimenti, alle vittorie e alla angherie subite da una popolazione assuefatta al caldo abbraccio dell'oscurità, inconsapevole ma comunque colpevole.
Il regista lavora molto con i suoi piccoli protagonisti e regala anche molte sequenze che sembrano prendere vita dalle pagine del libro, come la scena d'apertura con Georgie e la barchetta o quella del bagno con Beverly, il tutto con occhio clinico e attento ai dettagli, anche se poi manca qualche virtuosismo in più che magari avrebbe potuto innalzare ancora il livello tecnico di un film che si comporta comunque molto bene. Anche le musiche di Benjamin Wallfisch (Blade Runner 2049 insieme ad Hans Zimmer) regalano il giusto equilibrio thriller-horror, sfumando da note di tranquillità in pesanti sviolinate ansiogene che fungono poi quasi sempre da introduzione al Clown e ai suoi giochetti mentali. E il risultato complessivo, in tutto questo contesto, è davvero soddisfacente, perché ci dà la giusta misura dell'importanza del romanzo di Stephen King, di cui il film ne coglie lo spirito originale facendone tesoro, parlando a cuore aperto di amicizia e fanciullezza, inesperienza e ingenuità. IT ricorda a tutti la spensieratezza della gioventù, quei pomeriggi passati a creare avventure nel torrido caldo estivo, girovagando in bici nel quartiere. Ma è anche una profonda riflessione sulla crescita e sull'importanza del contatto umano, di uno scambio equo, di un accrescimento personale e reciproco. Perché in fin dei conti, affrontare da soli il mondo e la sua crudeltà, senza amici, senza legami, promesse né doveri, quello è l'unico modo di essere davvero dei Perdenti.