Da sempre la figura dello scrittore nel media cinematografico, intesa come personaggio a tutti gli effetti del racconto narrativo, è foriera di molteplici sfumature: spesso infatti si assiste ad una sorta di gioco "meta", nel quale quanto scritto su carta può tramutarsi nella realtà del contesto, adombrando di ambiguità la visione d'insieme e lasciando campo aperto a colpi di scena più o meno prevedibili. Basti pensare a molte delle opere tratte dai romanzi di Stephen King, dove il substrato mystery diventa spesso predominante e tinge di note dark l'interazione tra i vari protagonisti coinvolti, lasciando al pubblico il compito di scoprire quanto sia vero e quanto no.
Ecco perciò che fin dalle sue premesse La ira de Dios sembrava poter garantire una discreta dose di emozioni a tema, purtroppo non tutte pienamente espresse nel risultato finale. Questo film di produzione argentina è tratto dal romanzo La lenta fine di Luciana B. di Guillermo Martinez, pubblicato nel 2007, e sbarca in esclusiva nel catalogo Netflix come original - scorprite qui tutte le uscite Netflix di giugno 2022.
La ira de Dios: niente è come sembra
Luciana, una ragazza poco più che ventenne, lavora come segretaria per il famoso scrittore Kloster, uomo di mezz'età sposato e padre di una bambina. Giorno dopo giorno l'autore si convince che Luciana gli stia mandando dei segnali e tenta di baciarla, provocando la reazione di lei che fugge scossa e spaventata, finendo per abbandonare il lavoro. La giovane denuncia Kloster e questi, per evitare uno scandalo, decide di pagare un risarcimento morale senza batter ciglio. Ma nel frattempo la vita di lui è cambiata, con la moglie e la figlia che hanno perso la vita per una tragedia avvenuta in seguito alla scoperta della denuncia.
E negli anni successivi a quell'evento i familiari di Luciana cominciano a morire misteriosamente uno dopo l'altro...tanto da convincerla che dietro tutto via sia il piano omicida di Kloster, in cerca di vendetta per quanto successo ai propri cari. La protagonista chiede così aiuto a un giornalista di sua conoscenza affinché indaghi e verifichi i suoi sospetti in modo tale da realizzare uno scoop sensazionale e farla pagare a Kloster una volta per tutte. Ma come spesso accade, la verità ha mille volti...
Vendetta e redenzione
Si permette di citare in uno dei dialoghi il nome di Henry James, storico scrittore britannico autore di uno dei capisaldi del racconto gotico quale Il giro di vite: un'opera rifatta più volte sul grande schermo - leggete qui la nostra recensione di The Turning - La casa del male, una delle ultime trasposizioni - e ricca di suspense, dove il senso di costante inquietudine va di pari passo con una storia magnetica e ricca di fascino. Lo stesso non si può dire della sceneggiatura di La ira de Dios, che cerca di trasportare il libro alla base in immagini senza troppa convinzione, facendo perdere gli ottimi spunti contenuti nell'opera originaria.
Questo per via di una caratterizzazione fin troppo netta delle varie parti in causa, con i personaggi che sono privati delle necessarie sfumature e abbandonati ad un climax che gioca tutto nella classica lotta tra il Bene e il Male, con la potenziale dicotomia tra luci e ombre che perde pian piano d'intensità fino ad un epilogo parzialmente forzato, almeno per come messo in scena nella forma cinematografica. Il senso del dubbio, sul quale l'intera operazione avrebbe dovuto spremersi maggiormente, viene infatti meno fin da subito e un cast eccessivamente scavato e immerso nei rispettivi ruoli non aiuta a infondere quel senso di incertezza che sarebbe stato necessario allo scorrere degli eventi.
A tratti l'atmosfera è amabilmente dark, con una fotografia che cerca di sfruttare le sequenze notturne al meglio e un utilizzo ragionato degli eventi atmosferici, e la stessa regia di Sebastián Schindel, al quarto lungometraggio, si dimostra in diverse occasioni consapevole e suggestiva, potenzialmente affine a quell'animo mystery che avrebbe meritato maggior attenzione in fase di scrittura.
Si vorrebbero suggerire ipotetiche derive paranormali o riferimenti alla furia divina, con la vendetta quale punizione estrema per i peccati commessi: peccato che le notevoli potenzialità narrative alla base vengano depotenziate in una sceneggiatura che, nei suoi sbocchi su grande schermo, non trova effettivo coinvolgimento. La ira de Dios ha dei discreti spunti per ciò che concerne la messa in scena e le scelte registiche, ma si rivela fin troppo debole e prevedibile nella gestione dei personaggi principali, in un triangolo dove le ambiguità di fondo - espresse in maniera assai più efficace nel romanzo originario - perdono ben presto di mordente e si instradano su un binario prestabilito, ben prima di quanto dovuto.