Io Sono Tempesta, la recensione: Marco Giallini come Scrooge

Marco Giallini veste i panni di uno Scrooge 3.0 nel nuovo lavoro di Daniele Luchetti Io Sono Tempesta, commedia nera che parla di ricchezza e povertà.

Io Sono Tempesta, la recensione: Marco Giallini come Scrooge
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Numa Tempesta è un imprenditore che conosce pochi scrupoli, come del resto ce ne sono tanti nel mondo. Il suo talento innato sta nel monetizzare tutto ciò che è vendibile, anche se la sua specializzazione riguarda gli immobili: compra hotel di lusso e li rivende a colleghi asiatici, russi, moltiplicando all'ennesima potenza il capitale iniziale. Purtroppo però ha un brutto vizietto, quello di non dichiarare al fisco i suoi guadagni per intero, frodando qua e là su questo o quell'affare, e quando si fanno girare milioni e milioni di euro prima o poi l'attenzione della Guardia della Finanza la si attira. Dalla sua ha ovviamente un pool di avvocati pronti a tutto pur di incriminarlo il meno possibile, a volte però il disastro è talmente irreparabile che neppure "oliare per bene i meccanismi" (leggasi comprare giudici e politici) basta a evitare una pena esemplare. Succede così che il nostro protagonista venga costretto a svolgere dei lavori socialmente utili all'interno di una struttura di accoglienza per senzatetto, un mondo completamente opposto al suo che scatenerà ovviamente situazioni ridicole e surreali. Tutto questo è Io Sono Tempesta, nuova fatica cinematografica di Daniele Luchetti che parte dalla vera cronaca italiana per realizzare una commedia nera piena di spunti interessanti.

Lavori socialmente utili

Nonostante la difficoltà del tema, il regista de La Nostra Vita ha deciso con coraggio di affrontare il tutto con fare leggero, ironico, dipingendo il suo personaggio principale (interpretato da Marco Giallini) come una caricatura, un mix di eccessi e cliché utile a comporre un uomo multi-strato. In superficie fiero, tutto d'un pezzo, pronto a licenziare chiunque si trovi sotto di lui alla prima occasione buona; il classico arrivista egoista che pensa soltanto agli affari e al suo tornaconto, arido d'animo e convinto di poter comprare qualsiasi cosa con il denaro. Scendendo più a fondo invece scopriamo una persona fragile, incapace a manifestare i suoi veri sentimenti e con diversi problemi irrisolti con suo padre, che lo ha sempre apostrofato come un incapace e non ha mai creduto nelle sue possibilità. Tutti elementi che rendono Numa Tempesta un personaggio interessante, un vulcano che erutta continuamente idee e soluzioni, anche quando piomba come un asteroide nel complesso mondo dei senzatetto. Al suo interno incontra Bruno (Elio Germano), un padre amorevole che insieme al figlio pre-adolescente vive in strada in seguito a una micidiale sequela di sfortune. L'uomo è soltanto uno dei tanti sbandati che frequenta il centro in cui presta servizio Tempesta, con lui c'è anche una nutrita schiera di personaggi secondari pieni di sfumature che nel corso del film formeranno una vera e propria "banda", anche perché gli eventi prenderanno una direzione tutt'altro che scontata.

Opportunità

Luchetti, insieme a Sandro Petraglia e Giulia Calenda alla sceneggiatura, ha portato la sua creatura il più lontano possibile dalla scontatezza, evitando accuratamente di far diventare il suo cattivo protagonista un buono. Al contrario è il carisma di Tempesta a condizionare gli ospiti del centro di assistenza, che con il passare dei mesi impareranno a contrattare con astuzia, a creare occasioni di guadagno anche in condizioni estreme, scoprendo orizzonti prima impensati. Tutto questo viene veicolato attraverso una critica sociale e politica molto forte, che spara a zero sull'assistenzialismo fine a se stesso e punta dritto alla creazione di nuove occasioni; in parole povere, ai margini della società non serve né pietà né carità, ma lavoro, dignità. Certo scrivere un testo asciutto su un tema così difficile, mantenendo comunque un tasso ironico sostanzioso, è tutt'altro che facile, infatti al netto di una prima mezz'ora ben realizzata (anche grazie al tocco di Luca Bigazzi alla direzione della fotografia, che per alcuni tratti porta un po' d'aria sorrentiniana alla scena) il film perde presto la presa e cade dal trapezio. Temi e intenzioni si fondono e confondono, mentre la messa in scena si fa confusa e meno netta rispetto all'inizio.

Canto di Natale

Io Sono Tempesta vale comunque una visione su grande schermo per via del suo linguaggio, della sua struttura, che guardando al cinema italiano in generale è alquanto insolita e originale. Anche rispetto alla classica filmografia di Daniele Luchetti, che solitamente spinge su panorami drammatici all'estremo, ci troviamo di fronte a qualcosa di particolare, di stuzzicante, che strizza l'occhio all'attualità così come alla più classica delle storie sulla povertà d'animo, l'avarizia e la redenzione: Canto di Natale di Charles Dickens.

A interpretare il contorto e burbero Scrooge questa volta c'è un Marco Giallini a briglia sciolta, senza freni e perfetto per la parte, che appare un po' forzato soltanto nella voce eccessivamente impostata. Elio Germano è invece un padre in difficoltà ottimamente bilanciato, sempre pronto a far valere i suoi diritti e a sfruttare l'ambiente circostante a suo favore. Una coppia che funziona, ostinata e contraria, così com'è ben mescolata la "banda" di attori non professionisti alla corte di Luchetti, divertenti e naturali al punto giusto per colorare Io Sono Tempesta con sfumature umane e positive. Con un finale più asciutto, meno dispersivo, e qualche elemento in meno buttato nel gran calderone generale, avremmo parlato di uno dei film italiani più interessanti degli ultimi tempi.

Io Sono Tempesta Daniele Luchetti parte dall'attualità per raccontare uno Scrooge dei nostri tempi: Marco Giallini è un imprenditore truffaldino che pensa soltanto a se stesso, anche quando finisce a prestare servizio sociale presso un centro per senzatetto. Una commedia nera che cambia il punto di vista sulla povertà, spostando l'attenzione dalla pietà all'opportunità, che al netto di qualche difetto di troppo merita forse una visione attenta. Peccato per una seconda parte che confonde troppo le acque e un finale aperto che può lasciare un po' spaesato lo spettatore; almeno non c'è nessuna morale, sicuramente un punto a favore dell'intero progetto.

6

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