Interceptor Recensione: un action divertente ma prevedibile su Netflix

L'esordio cinematografico dello scrittore americano Matthew Reilly ripropone i più classici schemi del genere di riferimento, con qualche piccola sorpresa

Interceptor Recensione: un action divertente ma prevedibile su Netflix
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Interceptor è il nuovo lungometraggio action di Netflix, scritto e diretto da Matthew Reilly, noto scrittore australiano di thriller che è famoso per la saga di Shane M. Schofield, Hover Car Racer e Jack West Jr. È sicuramente interessante che un così prolifico autore abbia avuto la possibilità di esprimere la sua filosofia narrativa sul piccolo schermo del mondo streaming, ma è altrettanto vero che forse le sue avventure rocambolesche funzionano meglio su carta. Per quanto la pellicola prodotta da Ambience Entertainment e Foryor Entertainment sia divertente e spericolata, la sua prevedibilità la affossa fin troppo. Il titolo, in altre parole, basandosi eccessivamente su chiavi narrative, situazioni e storie già ampiamente conosciute del genere, se da un lato va a colpo sicuro, dall'altro limita qualsiasi spunto creativo ed originale.

All'interno di Interceptor ci sono effettivamente delle soluzioni registiche e narrative inaspettate, ma sono soffocate dalla precisa intenzione di cavalcare l'onda del già visto. L'opera, arrivata su Netflix il 3 giugno 2022 (a tal proposito, vi consigliamo di dare un'occhiata ai film Netflix di giugno 2022), vede come protagonista la moglie di Chris Hemsworth, non a caso produttore del progetto (rivedremo a breve Chris Hemsworth in Spiderhead). Elsa Pataky (Manuale D'amore 2 - Capitoli successivi, Fast & Furious 8) veste i panni di una coraggiosa e intrepida capitana dell'esercito degli Stati Uniti che si trova coinvolta in un complicato impasse nucleare che la costringe a combattere un minaccioso gruppo di terroristi.

Interceptor: un'avventura dal sapore classico

In Interceptor, come in altri lungometraggi del genere, gli Stati Uniti sono chiamati ad affrontare una minaccia che rischia seriamente di distruggere parte del paese, per ricostruire una forza democratica più equa e meno incline alle ingiustizie.

Alcuni terroristi prendono possesso di 16 testate nucleari russe e distruggono una delle basi americane di difesa missilistica. Rimane in piedi solo un avamposto sperduto che viene messo a ferro e fuoco: tra i pochissimi sopravvissuti, il capitano J.J. Collins (Pataky) resta l'ultima salvezza del popolo statunitense ed inizia una guerra psicologica con il capo dei cattivi, Alexander Kessel (Luke Bracey), nell'attesa che arrivino i Navi Seal a soccorrerli. La protagonista si trova di fronte ad una decisione complicata: cercare di resistere fino alla fine rischiando seriamente la vita o accettare i soldi dei terroristi e scappare in sicurezza? La Collins, ovviamente, sceglie la strada più ardua e tale impresa disperata, per portare su schermo un risultato dignitoso, si ispira ai più conosciuti titoli action cinematografici. La sceneggiatura, infatti, si appoggia su pilastri decisamente classici per muoversi con maggiore tranquillità e non rischiare troppo. Di per sé questo approccio plasma una storia che, a livello generale, funziona dall'inizio alla fine, sfruttando tutti i trucchetti del genere per intrattenere senza troppa fatica e originalità.

In realtà, soprattutto in scrittura, qualche sorpresa in effetti c'è: ci sono dei colpi di scena inaspettati e qualche passaggio sul finale che tiene il pubblico incollato allo schermo. Si nota, inoltre, che lo sceneggiatore dietro il copione, Matthew Reilly appunto, conosce bene il linguaggio della tensione (non a caso è un famoso scrittore di thriller) e lo utilizza in modo efficace per giocare con gli spettatori, cambiando spesso le carte in tavola.

Una protagonista dinamica in un contesto stereotipato

Fin da subito, tra l'altro, con la caratterizzazione del capitano J.J. Collins (Pataky), non solo si affossano i valori più puri e profondi della costituzione americana (la donna è stata vittima di abusi e, nonostante la sua forte denuncia, ha ottenuto un trasferimento scomodo e tanta umiliazione), ma si lavora su un personaggio che potenzialmente potrebbe condividere gli ideali dei terroristi.

L'aspetto interessante, infatti, è usare questo insolito punto di vista per cercare di ribaltare le regole del gioco: sicuramente una donna spezzata e fragile come motore della storia riesce ad attirare maggiormente l'attenzione rispetto al classico macho degli action movie. I maggiori problemi, però, si incontrano nella costruzione del background e del contesto nel quale si muove l'eroina: gli antagonisti sono stereotipati e banali, mentre tutti gli avvenimenti sono scontati ed eccessivamente prevedibili.

Per quanto il divertimento sia assicurato in Interceptor, la sensazione di già visto è continua e la superficialità della scrittura diventa fin troppo fastidiosa, nonché il principale ostacolo del progetto. A livello registico, tenendo conto che Matthew Reilly è al suo primo incarico in questo ruolo, il risultato è sufficiente: certo, non aspettatevi chissà quali prodezze tecniche, ma con sobrietà e linearità, il film-maker non solo costruisce bene l'azione, ma sperimenta una violenza e una brutalità che, se toccano alcune volte picchi di esagerazione, regalano dei momenti divertenti e spassosi, cercando in parte di rimediare alla scrittura monotematica dei cattivi.

Anche in questo caso, purtroppo, le sequenze sono troppo leggibili e spesso ci si ritrova ad indovinare l'esito di alcune scelte della protagonista e dei suoi avversari, ma è pur vero che, come dicevamo prima, il problema si pone alla base, quando la produzione ha voluto intenzionalmente seguire una via facile e già battuta per evitare qualsiasi possibile azzardo dato dallo sperimentalismo.

Interceptor (Netflix) Interceptor, il film che segna il debutto su Netflix dello scrittore Matthew Reilly come sceneggiatore e regista, è un titolo divertente che, purtroppo, sia dal punto di vista narrativo che estetico, è fin troppo derivativo. Se la scrittura riesce a costruire una protagonista interessante e fuori dagli schemi, non si può dire lo stesso degli antagonisti e della storia, che seppur inaspettata in alcuni passaggi, ricade nel già visto. La regia, priva di guizzi, per quanto sia prevedibile, offre delle sequenze particolarmente brillanti, che però non salvano il resto. Un lungometraggio che intrattiene, ma che è legato eccessivamente al canone, che lo limita fortemente.

5.5

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