L'infermiera Alicia si trasferisce insieme al marito Mikel e alla figlia Nora, ancora bambina, nella cittadina natale di Duesos (nelle Asturie) per prendersi cura della madre morente, l'anziana Victoria, ormai in coma da circa un mese. Qui ritrova la sorella minore Sara, la quale non ha mai abbandonato il nido materno e ha trascorso un'esistenza solitaria anche per via delle minacce rivoltele dalla dittatoriale genitrice.
In Influenze maligne le due consanguinee non hanno mai avuto un buon rapporto con la madre, dedita all'occultismo sin da quando loro erano in tenera età e reduce dalla tragica scomparsa del marito molti anni prima. Nonostante ora si trovi in un profondo stato vegetativo, Victoria sembra poter emanare tramite forze spiritiche un inquietante senso di pericolo per gli altri inquilini della dimora e, quando viene letto il testamento, i familiari rimangono stupiti nel constatare come l'unica beneficiaria dell'intera eredità sia la nipote Nora. La quale nel frattempo, vittima di bullismo tra i banchi della nuova scuola, trova come compagna di giochi una misteriosa coetanea che sembra nascondere inquietanti segreti...
Le vie del terrore
L'orrore figlio dell'abitudine genera una paura smunta, una reiterazione di stereotipi per i quali lo spettatore appassionato non potrà che provare un misto di noia e pietà per le maestranze coinvolte. Influenze maligne suscita proprio queste sensazioni nell'occhio di chi guarda, rivelandosi una produzione derivativa sia per i risvolti narrativi che per la relativa messa in scena, con diverse occasioni in cui il ridicolo involontario prende inaspettatamente il sopravvento (vedasi "l'incredibile" resa dei conti pre-finale, a metà tra delirio esorcistico e improbabile zombie-movie da camera).
In quest'horror spagnolo, che segna l'esordio nel lungometraggio del regista Denis Rovira van Boekholt, autore in passato di soli tre misconosciuti corti, niente funziona a dovere e fin dai primi istanti si rimpiangeranno le atmosfere di prototipi autoctoni ben più riusciti, qui rivisitati senza alcuna ispirazione nella classica storia di possessione demoniaca in una villa isolata.
Ispirazioni evidenti
Influenze maligne (nuova esclusiva del catalogo Netflix) cede proprio nelle basi strutturali, tra soluzioni banali e gratuite, come luci rossastre in piena notte utilizzate senza reali motivi per "illuminare" quanto accade in scena, e scelte di montaggio poco ponderate atte a svelare, forzatamente, un colpo di scena nel passato della famiglia disfunzionale che è la causa di quanto stia avvenendo nel presente filmico, pur al di fuori di ogni logica razionale (ma questo, trovandoci alle prese con un titolo a sfondo sovrannaturale, è il minore dei problemi).
Il regista tenta di omaggiare colleghi indigeni come Juan Antonio Bayona e Alejandro Amenábar, ma le abilità e i mezzi a disposizione non possono assolutamente competere con i cult del filone di suddetti cineasti, The Orphanage (2007) e The Others (2001), presi a ispirazione per la gestione di una misteriosa figura bambina e nelle riprese in spazi chiusi, con ulteriore vaga citazione a Shining (1980) nell'utilizzo di un'ascia su una porta e risvolti nell'epilogo riconducibili al godibile The Skeleton Key (2005) o al più recente Scappa - Get Out (2017). L'anonimo cast, effetti speciali mediocri e una colonna sonora che indirizza ai rari jump-scare completano l'anonimato di una produzione priva di ispirazione e mai capace di coinvolgere nel corso dei cento minuti di visione.
Un horror senza arte né parte che ci trascina all'interno di una vecchia magione di campagna dove l'anziana proprietaria si trova in coma e le due figlie, con le quali i rapporti erano in crisi da anni, sono costrette controvoglia a prendersi cura di lei. La presenza della nipote della paziente, ancora bambina, si rivelerà fondamentale ai fini della svolta sovrannaturale, che procede nel corso dei cento minuti di visione su una sceneggiatura sempre più derivativa e pacchiana. Influenze maligne non spaventa e non emoziona, tentando di affastellare toni e influenze di registi e cult ben più famosi in una messa in scena povera e impersonale, tra rimandi al cinema esorcistico, ai tipici film di case infestate e al moderno cinema di genere senza un'idea ben precisa di come generare la corretta inquietudine a tema. La spenta regia che si affida a soluzioni gratuite, un cast anonimo alle prese con personaggi bidimensionali, scelte di montaggio poco equilibrate e un comparto effettistico mediocre completano un quadro non certo idilliaco, nel quale proprio la paura è la più ingiustificata assente.