Ci avevano portato a credere, almeno al cinema, che gli alieni dopo viaggi di milioni/miliardi di anni luce giungessero sulla Terra in pace per costruire un rapporto amichevole con noi meno evoluti terrestri: nel 1996 è bastato il blockbuster estivo di Roland Emmerich a destabilizzare per sempre queste certezze. Independence Day, cult dagli incassi stellari, è ancor oggi un film amato e odiato ma ha segnato in ogni modo l'immaginario fantascientifico degli anni 90, dando il via ad una serie di produzioni sul filone nelle stagioni immediatamente successive. Scia che probabilmente sarà di nuovo cavalcata nel prossimo futuro se i due annunciati sequel, il primo con uscita prevista per la prossima estate, avranno il probabile successo al botteghino. Ma per quale motivo, nel bene o nel male, questo film al contempo controverso e spettacolare ha catalizzato a tal punto l'attenzione degli appassionati, e non, da rimanere impresso nella memoria, assai più di titoli similari, anche delle future generazioni a quasi vent'anni dalla sua uscita?
Sterminio

Il 2 luglio 1996 il SETI capta un segnale di probabile origine aliena: la conferma avviene poco dopo, quando anche i radar rilevano un oggetto dalle dimensioni mastodontiche che si sta avvicinando alla Terra. Dalla gigantesca astronave escono diverse dozzine di navicelle più piccole (ma comunque di grandezza notevole) che si dirigono verso le metropoli più abitate del pianeta. Il presidente degli Stati Uniti ed ex pilota di caccia Thomas J. Whitmore, allertato dai suoi collaboratori, è ancora indeciso sul da farsi quando lo specialista di telecomunicazioni David Levinson (la cui ex-moglie lavora a stretto contatto proprio con Whitmore) riesce ad avvertirlo dell'imminente pericolo: le navicelle infatti sono pronte a sferrare il loro devastante attacco. E dopo la prima ondata di fuoco, nella quale perdono la vita milioni di persone, l'unica speranza per l'umanità rimarrà nelle mani degli stessi Whitmore e Levinson, oltre che del giovane capitano dell'aeronautica Steve Hiller.
Uno per tre, e tre per uno perché
Il presidente più coraggioso, lo scienziato più intelligente e il pilota più abile del mondo rimangono l'ultima barriera tra il futuro e lo sterminio: sembra una barzelletta a raccontarla così, ma non si discosta poi molto dal fulcro narrativo del racconto. Independence Day non brilla certo a livello di trama, giocando con situazioni improbabili e sviluppi che sfiorano in più occasioni il ridicolo / assurdo, soprattutto nella gestione dei rapporti tra alcuni personaggi. Ma a differenza di altre produzioni, il tutto è talmente esagerato e sopra le righe, genuinamente privo di ambizioni introspettive e/o sociologiche, che è solo il divertimento senza pensieri a guadagnarne. Ed è proprio sul lato prettamente ludico che i conosciuti istinti "sboroni" di Emmerich raggiungono il loro culmine d'intrattenimento, trovando un'avvincente frenesia nelle numerosissime sequenze d'azione, tra esplosioni a più non posso e spericolate acrobazie aeree che guardano e non poco all'allora solo trilogia di George Lucas. Potendo contare su efficaci (ma non eccelsi nonostante il notevole impatto visivo) effetti speciali, il regista tedesco preme sull'acceleratore del blockbuster puro e senza fronzoli, regalandoci scene iconiche come quella della distruzione della Casa Bianca e omaggiando altri classici passati (tra tutti Il pianeta delle scimmie e La guerra dei mondi originale). Affascinante nel design di navicelle e affini (l'entrata nella nave madre nella parte finale non lascia indifferenti) il film vanta anche una delle specie aliene più inquietanti del cinema di genere, con tanto di esoscheletro protettivo a proteggere il più misero corpicino degli omini verdi. Il resto si muove su quella sopraccitata ironia, sia volontaria che non, che caratterizza le numerose storyline di una sceneggiatura che, raccontando l'ennesima prova di forza e coraggio degli Stati Uniti (non è un caso che, come suggerito proprio dal titolo, il giorno della vittoria coincida con quello dell'indipendenza americana), dipinti come i soliti salvatori del mondo intero, non si fa mancare un personaggio gustosissimo come quello di Levinson, interpretato da un magnifico Jeff Goldblum. Il sempre troppo sottovalutato interprete de La mosca è comunque in buona compagnia, e sia l'altrettanto sottostimato Bill Pullman che un giovane Will Smith, al suo primo ruolo importante sul grande schermo, regalano la giusta dose di carisma ai loro personaggi. Per finire nota di merito per l'orecchiabile colonna sonora di David Arnold: chi di voi non si è trovato a canticchiarla almeno una volta sotto la doccia?