Recensione In The Market

La risposta italiana a Saw e Hostel

Recensione In The Market
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Un po' perché l'enfant terrible di Hollywood Quentin Tarantino ha dichiarato di non riuscire più a trovare, all'interno della produzione di celluloide italiana d'inizio XXI secolo, prodotti degni di quelli che, visti da giovane, finirono per influenzarlo nella preparazione dei suoi film, un po' perché con l'arrivo dei dvd si è finito per riscoprire perfino l'irriscopribile della nostra cinematografia di genere che fu, non pochi sono stati i coraggiosi tentativi di ritorno all'horror manifestati dai giovani cineasti dello stivale più famoso del globo.
Giovani, sì, e, soprattutto, indipendenti, perché, se teniamo in considerazione titoli come Eaters di Marco Ristori e Luca Boni o Bloodline di Edo Tagliavini, è di low budget realizzati lontano dalle major e forniti esclusivamente di tanta pazienza e passione che stiamo parlando... tra i quali rientra anche In the market, diretto dall'aretino Lorenzo Lombardi, a quanto pare costato l'irrisoria cifra di 20000 euro e la cui didascalia di apertura dichiara essere ispirato ad un fatto realmente accaduto.
Didascalia volta ad anticipare la vicenda di Sarah, David e Nicole, ragazzi con i volti di Rossella Caiani, Marco Martini (anche tra gli sceneggiatori e produttori) ed Elisa Sensi, che, in viaggio in automobile per recarsi al concerto dei GTO, loro rock band preferita, si trovano costretti a trascorrere la notte all'interno di un market, all'insaputa dei padroni, dopo essere stati vittime di una rapina.

Macelleria da discount

E, ovviamente, ciò rappresenta soltanto l'inizio di una situazione da incubo che vede i tre alle prese con un sadico macellaio incarnato dall'Ottaviano Blitch di Italians e Shadow-L'ombra, le cui vittime, come c'era da aspettarsi, non sono esclusivamente rappresentate da animali.
Del resto, mentre vuole dichiaratamente essere la risposta italiana a moderni cult dello splatter quali Saw e Hostel, non cela più di tanto una evidente influenza dall'ultra-classico Non aprite quella porta di Tobe Hooper il lungometraggio di Lombardi, chiaramente realizzato nell'intento di emulare il filone d'oltreoceano slasher (per chi si fosse sintonizzato solo ora, comprendente tutti gli horror costruiti su una sequela di fantasiosi omicidi ai danni di un gruppo di persone, all'interno di uno spazio più o meno chiuso, per mano di una creatura mostruosa o di un misterioso assassino, spesso con il volto coperto da una maschera).
Eppure, sebbene la confezione tecnica - forte di una fotografia piuttosto curata e degli effetti speciali di trucco per mano dell'immancabile Sergio"La chiesa"Stivaletti - non si discosti poi molto da quella che caratterizza tanti straight to video a stelle e strisce (e decisamente più costosi, bisogna precisarlo), quello che sulla carta (e a giudicare dal trailer) poteva essere il promettente ritorno al cinema della paura tricolore realizzato con pochi mezzi e molta passione finisce per lasciare non poco delusi.
Infatti, a differenza di lavori più o meno contemporanei confezionati da altri colleghi, come il riuscito Morituris di Raffaele Picchio, Lombardi commette il grosso errore di dilungare oltremisura la chiacchierata-attesa on the road che precede la mattanza, infarcendo i dialoghi di citazionismo cinefilo, ma senza rendersi conto di avere a disposizione attori che non brillano certo per espressività.
Quindi, dei totali 106 minuti di visione, l'unica parte interessante risulta essere l'ultima, ovvero quella strettamente horror; anche se, di sicuro a causa del misero budget, è piuttosto assente il sensazionalismo grafico dei punti di riferimento di cui sopra, in quanto ben poca truculenza viene mostrata allo spettatore (e ciò non è detto, comunque, che sia da considerare un difetto).

In The Market Doveva essere il grande ritorno allo splatter per il cinema italiano, mentre, realizzato con appena 20000 euro, il film di Lorenzo Lombardi si rivela essere una noiosa imitazione amatoriale di modelli d’oltreoceano quali Hostel (2005) di Eli Roth e Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper. Quindi, nonostante la buona volontà dimostrata dalla non disprezzabile resa tecnica, la domanda che sorge spontanea è una soltanto: come è possibile che si sia aggiudicato cinque premi presso il Tenebria Film Festival, tra cui quello per il miglior film?

5

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