L'impero della passione, la recensione dell'horror/erotico di Nagisa Oshima

Vincitore del premio alla regia al Festival di Cannes nel 1978, il film del maestro giapponese è un affascinante incrocio tra erotismo e ghost-story.

L'impero della passione, la recensione dell'horror/erotico di Nagisa Oshima
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Nel 1895 in un piccolo villaggio del Giappone il giovane Toyoji, tornato da un periodo trascorso nell'esercito, ha una relazione clandestina con la bella Seki, una donna più anziana di lui ma che non dimostra la sua reale età. Quest'ultima è sposata con il mite Gisaburo - un uomo senza ambizioni che ogni giorno si alza per trasportare il suo carretto e passa intere giornate lontano da casa - con il quale ha avuto due figli. La passione tra la coppia di amanti diventa sempre più accesa e insieme decidono di uccidere il marito di lei e poi nasconderne il corpo per evitare le indagini, adducendo la scusa che questi sia partito per lavorare nella Capitale. Dopo averlo strangolato nel sonno, Toyoji e Seki gettano il cadavere di Gisaburo in un pozzo nella foresta, ma sarà soltanto l'inizio di un incubo.

Storia di fantasmi giapponesi

Con un pizzico di fantasia e libera interpretazione, potremmo definire L'impero della passione come una sorta di mix tra due titoli agli antipodi, ossia un grande capolavoro del cinema passato quale Gli amanti crocifissi (1954) e un capostipite dei j-horror moderni come Ringu (1998). Nel classico di Kenji Mizoguchi abbiamo infatti un tradimento che conduce a tragiche conseguenze - e il pozzo quale luogo di improvvisata "sepoltura" del futuro spirito è lo stesso che caratterizzò il triste destino di Sadako nel cult di Hideo Nakata e annesso remake hollywoodiano. Il giapponese Nagisa Oshima, la cui opera più famosa per il pubblico occidentale rimane il memorabile Furyo con David Bowie (1983), realizza alla fine degli anni '70 un atipico e affascinante mix tra erotismo e atmosfere lugubri e spettrali, che gli è valso il premio per la miglior regia al Festival di Cannes.
Nel corso delle due ore di visione si moltiplicano gli spunti e le influenze di un'opera che guarda ai classici in costume del cinema autoctono, tra antiche tradizioni e credenze popolari collegate alle tipiche storie di fantasmi del filone kaidan-eiga.

Carne e spirito

Un febbrile erotismo, a tratti violento e disperato - comunque più "casto" rispetto a un precedente e discusso cult del cineasta quale Ecco l'impero dei sensi (1976) -, caratterizza l'intero corso del racconto, ma dopo la prima mezz'ora è una sottile inquietudine a prendere drasticamente il sopravvento, proprio quando gli elementi sovrannaturali entrano in gioco dando il via a una serie di lugubri apparizioni che rivoluzionano anche il substrato psicologico della vicenda. La love story tra i due colpevoli rischia di cadere a pezzi, tra sensi di colpa e il terrore di essere scoperti, mentre lo spirito della vittima diventa una presenza sempre più opprimente nella vita della donna.
Dalle ruote del carro che si muovono da sole a sussurri nella notte, da una nebbia a supporto di suggestive sequenze pseudo-oniriche fino a un risvolto nella parte finale dove si assiste a un paradossale quanto implacabile "scambio di prospettive", Oshima instaura un'atmosfera conturbante e misteriosa che lascia senza fiato nelle semplici ma ispirate soluzioni stilistiche.
Dai rumori ambientali marcati, con i canti delle sirene e degli uccelli, fino alle voci che si susseguono nella piccola comunità, il contorno è un altro elemento di totale immersione e la sporadica voce narrante riporta l'insieme a un'identità di racconto popolare che un tempo si tramandava di villaggio in villaggio e che qui si spande da cinefilo a cinefilo.

L'impero della passione Tra horror ed erotismo si dipana il tragico racconto di L'impero della passione, opera magnetica e ricca di spunti diretta nel 1978 dal maestro giapponese Nagisa Oshima. Un kaidan-eiga dove Eros e Thanatos trovano l'ideale abbraccio nel crudele piano di una coppia di amanti che uccide a sangue freddo il compagno di lei, salvo poi assistere all'implacabile ritorno dell'inquieto fantasma della vittima. Una passione che brucia non solo nelle torride sequenze senza veli ma soprattutto nelle psicologie sempre più turbate dei protagonisti, la cui passione clandestina rischia, giorno dopo giorno, di trasformarsi in un'inevitabile condanna, fisica o spirituale che sia. La suggestiva ambientazione del piccolo villaggio di un Sol Levante che fu e le interessanti soluzioni stilistiche utilizzate nell'esposizione della ghost-story - che hanno fruttato il premio alla regia al Festival di Cannes - rendono le due ore di visione un titolo imperdibile per tutti gli amanti del cinema di qualità. Il film andrà in onda stasera, domenica 10 maggio, alle 23.55 su CIELO TV per il ciclo Cult & Pulp.

8

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