Immortals, recensione del film firmato Tarsem Singh

Tarsem Singh porta il mito di Teseo e dei Titani sul grande schermo, la nostra recensione di Immortals.

Immortals, recensione del film firmato Tarsem Singh
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Per la serie 'a volte ritornano': a quanto pare il “peplum” (o, meglio, lo “sword and sandal” per dirlo all'americana) sta tornando di moda. I miti greci e romani, dopotutto, sono alla base di gran parte del cinema d'avventura: volenti o nolenti, palesemente o meno. E proprio negli ultimi anni si sta notando un ritorno a queste auree e leggendarie atmosfere: dai fantastorici L'ultima legione e The eagle (senza contare il televisivo Spartacus: Blood and Sand) ad opere più mitologiche quali il renewal de I Cavalieri dello Zodiaco, Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo...nonché Scontro tra titani, il film di Louis Leterrier dell'anno scorso che si è risolto in un successo al box office ma in una delusione per la stampa, che si aspettava un rilancio in grande stile del genere e si è invece ritrovata solo con un blockbuster relativamente incompiuto.
E così come negli anni '60 Maciste si divideva gli appassionati del genere con il 'collega' Sansone, ora Perseo se la dovrà vedere con la concorrenza dell'altrettanto agguerrito Teseo, protagonista del nuovo film di Tarsem: Immortals.

Uomini e dei dal destino incrociato

Nella Grecia del mito, le potenti armate dello spietato Re Iperione (Mickey Rourke) mettono a ferro a fuoco ogni villaggio alla ricerca del mitico Arco di Epiro, arma dalla potenza incontrastabile. Sembra che il destino delle terre elleniche (e non solo) sia ormai segnato. Eppure un giovane uomo, allenato nel corpo e nello spirito da un saggio mentore (interpretato dal sempre ottimo John Hurt) potrebbe, con la giusta determinazione, rovesciare le sorti dell'umanità intera. Il suo nome è Teseo (Henry Cavill) e non è che un umile contadino a cui gli dei 'tanto hanno dato, per tanto richiedere in cambio'. Iperione, inoltre, minaccia di liberare i Titani, antiche divinità avverse all'Olimpo, e Zeus (Luke Evans) e i suoi celesti figli non resteranno di certo a guardare... La profezia dell'oracolo Fedra (Freida Pinto) in proposito è sibillina: Perseo potrebbe schierarsi da entrambe le parti in guerra. Dei, umani e Titani si preparano allo scontro: il risultato è più che mai incerto, la Terra è più che mai in pericolo.

L'estetica del conflitto umano/divino

Dalle premesse ci si potrebbe aspettare un film dall'azione sfrenata, caratterizzato da combattimenti serrati ed epicità ai massimi livelli. Ma chi conosce il cinema -o meglio, l'operato in toto- del regista di origini indiane Tarsem può bene immaginare che, in realtà, il regista aspira ad altro che ad un mero pop-corn movie. Fin dai tempi in cui dirigeva videoclip (suo il video di uno dei capolavori dei R.E.M., Losing my religion, la cui estetica si è poi espansa nei lungometraggi dell'autore e finiamo per ritrovarla, a sprazzi, anche nel presente film) Tarsem ha sempre avuto un occhio di riguardo per l'espressionismo visivo: i suoi film hanno un qualcosa di metafisico che trascende la narrazione per fatti ricercando quella per immagini, tramite un uso quasi invadente del colore e dei contrasti. Tonalità scure od opache, una predominanza di bronzo, rosso e nero: qualcosa che richiama, senza dubbio, ad un'estetica mitica, e lontana dalle immagini patinate della 'concorrenza'. Questo è quello che risalta su schermo, che si parli delle legioni degli sfregiati (nell'anima e nel corpo) di Iperione, delle vestali depositarie di una sapienza 'maledetta', dei semplici mortali o degli dei, bardati nelle loro armature un po' kitsch e sospesi tra il concreto e l'etereo.
Purtroppo, però, oltre a questo e alla bellezza di Freida Pinto e Isabel Lucas (qui nei panni di Athena) e al fisico statuario di Henry Cavill e Luke Evans, poco altro rimane.
Il plot del film, che prende le istanze tanto dal mito di Teseo quanto da quello della Titanomachia, è naturalmente un pasticcio di situazioni rimaneggiate a uso e consumo di una rivisitazione 'all'americana', curata dai semi-sconosciuti Vlas e Charley Parlapanides senza troppe remore di attinenza ai classici -e questo è relativamente perdonabile- ma anche senza curarsi troppo della verosimiglianza di ruoli e atteggiamenti. Contraddittori, difatti, appaiono alcuni passaggi, con alcuni personaggi in cerca di un'effettiva utilità nell'economia della storia (e se già il personaggio della Pinto fa tappezzeria più o meno quanto lo facesse Megan Fox nei Transformers, qualcuno deve spiegarci il personaggio di Lisandro: per non svelare nulla della trama non ne parleremo oltre, ma raramente abbiamo visto un personaggio più irritante e fine a sé stesso).

Una storia che corre sulla scia del mito, senza mai raggiungerlo o superarlo, dunque: viene difficile trovare il cuore della storia, e ci si lascia incantare allora dalle potenti immagini che Tarsem fa scorrere sullo schermo, fiero di un'imponenza visiva di tutto rispetto, se si calcola il budget tutto sommato limitato (80 milioni di dollari) riservato alla pellicola. Oltretutto, gli attori se la cavano discretamente bene, con l'interessante Zeus di un Luke Evans in costante ascesa e Cavill perfettamente a suo agio nella parte del guerriero (staremo a vedere come se la caverà nei panni di Superman, l'anno prossimo!). Mickey Rourke, invece, lo troviamo un despota un po' incolore nella sua cinicità forzata: anche solo come Whiplash aveva brillato di più, pur non essendo mai disprezzabile nella sua prova.
Ma il difetto maggiore di Immortals, probabilmente, non risiede nella storia, quanto nell'essere un prodotto ibrido, forse destinato al regista sbagliato, o forse necessitante di una sceneggiatura se non più coesa, quantomeno più ritmata: come dicevamo poc'anzi, difatti, le scene d'azione sono relativamente poche per un film del genere, oltretutto coreografate con una grande cura per i movimenti e l'estetica ma con una cinetica sfalsata che poco coinvolge. I combattimenti sembrano infatti usciti direttamente da una cut-scene di God of War; solo, molto meno appaganti e ritmati, e il tasso di violenza è incostante, indeciso: ampio spazio a sangue e arti mozzati, ma solo in contesti in cui la violenza visiva è politically correct: non vedrete mai una situazione davvero schockante, se non, forse, fuoriscena.

Immortals Tarsem porta al cinema il mito di Teseo, degli dei dell'Olimpo e dei Titani, con un occhio di riguardo all'estetica ma senza l'ausilio di una buona storia, incorrendo infine nel piazzare il suo film nella categoria 'né carne, né pesce': troppo poco action per farne un pop-corn movie coi fiocchi, troppo 'carnale' per renderlo una ricerca in parte metafisica come i precedenti The Cell - La cellula e The Fall. Quel che rimane è un film tutto sommato godibile seppur lacunoso, e che richiama alla mente, per certi versi, i peplum degli '60, e per altri invece i moderni videogiochi del genere, come il già citato God of War o Rise of the Argonauts. A completare il tutto, una stereoscopia non invadente e consona, non sempre efficace, ma che non rovina l'esperienza nonostante la prevalenza di toni scuri della pellicola.

5.5

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