Recensione Il superstite

Paul Wright e il suo folgorante debutto nel lungometraggio

Recensione Il superstite
Articolo a cura di

Il giovane Aaron (George MacKay) non ha ancora superato il lutto per la morte del fratello maggiore Michael (Jordan Young), scomparso fra le onde delle gelide acque scozzesi in seguito ad un incidente che è costato la vita di cinque persone. L’unico sopravvissuto, fra gli uomini a bordo di quella barca maledetta da una sorte avversa, è proprio Aaron, scampato miracolosamente alla tragedia e rimasto accanto alla madre (Kate Dickie) a piangere per la dipartita dell’amato Michael. Mentre la donna sfoga la propria sofferenza esibendosi al karaoke sulle struggenti note di The First Time Ever I Saw Your Face di Roberta Flack, Aaron non è in grado di affrontare razionalmente l’accaduto, di incanalare le proprie emozioni verso un’accettazione che costituisca il primo passo per una speranza di riconquistata serenità. Il ragazzo, piuttosto, preferisce condividere la propria solitudine con Jane (Nicholas Burley), la fidanzata di Michael, o rifugiarsi nella convinzione che, tra i flutti dell’oceano, si celi un misterioso mostro marino, pronto a divorare quegli sventurati marinai che si siano macchiati di gravi colpe. Quel mostro, protagonista dei racconti della sua infanzia, che tra le proprie fauci forse tiene prigioniero anche Michael...

IL DEBUTTO DI PAUL WRIGHT

Presentato alla Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2013, dove è stato salutato come una delle opere-rivelazione dell’annata, e candidato al BAFTA Award come miglior opera prima, Il superstite (titolo originale: For Those in Peril) segna l’esordio nel campo dei lungometraggi del talentuoso regista e sceneggiatore Paul Wright, già vincitore di un BAFTA nel 2010 grazie al suo cortometraggio Until the River Runs Red. Un debutto ambizioso, arditamente in controtendenza rispetto ai tradizionali canoni cinematografici e con l’innegabile merito di adottare una prospettiva quanto mai originale nelle modalità del racconto e della messa in scena.

Se il soggetto alla base del film, imperniato sul durissimo confronto con l’idea della morte, rimanda al classico Gente comune di Robert Redford, ne Il superstite lo svolgimento narrativo è vissuto totalmente attraverso la prospettiva disturbata del suo giovanissimo protagonista, il fragile ed enigmatico Aaron, impersonato con la giusta intensità emotiva dal ventunenne George MacKay. Una costruzione che, pertanto, frantuma la linearità dell’ordine cronologico a favore di una frammentazione che sembra voler amalgamare realismo e flusso di coscienza, situazioni di grigia quotidianità, flashback e angosciosi squarci onirici. Tale approccio, decisamente efficace dal punto di vista dell’originalità e della forza visiva, è rimarcato anche dalle scelte registiche di Paul Wright, il quale inserisce all’interno del film sequenze riprese in digitale, con immagini desaturate quasi all’estremo, e addirittura brevi scene sgranate e in bianco e nero, man mano che il racconto abbandona la realtà delle vicende per addentrarsi nei meandri della psiche malata di Aaron o negli anfratti di un lontano passato.

IL MOSTRO VENUTO DAL MARE

Perché Il superstite non è soltanto un dramma sull’elaborazione del lutto e sul senso di colpa di chi rimane in vita, come potrebbe sembrare all’inizio del film. Al contrario, con il trascorrere dei minuti la nostra percezione della storia inizia progressivamente a mutare, mentre nuove suggestioni si affastellano sullo schermo; e lo spettatore, in maniera inevitabile e per certi versi perturbante, comincia a porsi degli interrogativi sulla reale natura del rapporto fra Aaron e Michael, nonché sui sentimenti del giovane “superstite” nei confronti di quanto avvenuto a bordo della barca e delle altre vittime dell’incidente.

E proprio questo rappresenta forse il maggior pregio del film d’esordio di Paul Wright: l’ambiguità. Wright, sapientemente, non spiega le radici della sottile follia di Aaron, né si sofferma sulle circostanze dell’incidente o sulle ragioni per le quali questa piccola, rustica comunità di pescatori delle lande scozzesi si mostri così diffidente ed ostile nei confronti del ragazzo. Una indefinitezza che lascia ampio spazio alla nostra possibilità di interpretazione, e che a conti fatti risulta uno dei principali motivi di fascino di una pellicola spiazzante e non facilmente catalogabile, in grado di scivolare dall’introspezione psicologica ai toni allucinati di un horror in cui la pazzia prende corpo all’improvviso davanti ai nostri occhi. Fino a giungere ad un epilogo che è al tempo stesso visionario, simbolico e tenebrosamente concreto, con l’apparizione di quel gigantesco mostro marino in cui confluiscono i ricordi, le paure e le ossessioni più oscure del protagonista.

Il superstite Primo lungometraggio di Paul Wright, presentato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, Il superstite propone il percorso di un’impossibile elaborazione del lutto vissuta attraverso la prospettiva distorta e malata del suo giovane protagonista, Aaron, in una progressiva quanto inarrestabile discesa verso la follia.

7.5

Che voto dai a: Il superstite

Media Voto Utenti
Voti: 1
8
nd