Recensione Il richiamo

Stefano Pasetto racconta una passione tra donne che 'richiama' alla vita

Recensione Il richiamo
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Autore dell'apprezzato Tartarughe sul dorso, alla sua opera seconda (Il qui recensito Il richiamo, che esce ora, a un anno di distanza dalla sua realizzazione) Stefano Pasetto si misura con l'intemperanza dei legami e dei richiami (spesso impossibili da ignorare) che la vita, di tanto in tanto, ci rivolge. Immerso in un contesto esotico che dall'ambiente urbano di Buenos Aires si apre poi (nel momento in cui le protagoniste asseconderanno la loro necessità di ‘fuga' o ‘richiamo') agli splendidi e sconfinati scenari della Patagonia, il film di Pasetto lavora tutto nel tratteggiare il contrasto - e il suo naturale mutare in curiosità e attrazione - tra due donne (italiane ma residenti a Buenos Aires) agli antipodi che, similmente, cercano di affrancarsi dai loro rispettivi dolori e ascoltare quella voce (il richiamo, appunto) che le riconduca a sé stesse. Piuttosto fluido nel delineare questa dinamica tutta femminile di opposti che s'incontrano, si sfiorano per poi (nuovamente) allontanarsi, Il richiamo perde quota quando si sposta a sviluppare le dinamiche di raccordo, soprattutto quelle collaterali legate ai personaggi maschili (fedifraghi ed egoisti o mere appendici del vibrante universo femminile). Veloci e spesso solo abbozzate le relazioni perdono così di una loro solida matrice strutturale, lasciando che i passaggi narrativi (soprattutto quando abbandonano la strada maestra del rapporto tra donne per raccontare i retroscena delle situazioni contingenti) appaiano troppo (e troppo spesso) prevedibili e scontati.

Tra il dire e il fare...

Lea (Francesca Inaudi) è una donna in un corpo minuto e una mente da bambina, attraversata da un'euforia (evidente anche nella confusione di trame e colori che costituiscono il suo vestire) e da una curiosità per la vita che tradiscono la volontà di insabbiare ferite mai sanatesi.

Ha un ragazzo a cui vuole bene ma che non riesce a colmare la sua voglia di trovare sé stessa e un legame ‘telefonico' con un padre che rincorre ma non raggiunge mai. Al contrario Lucia (Sandra Ceccarelli) è una donna intrappolata in un matrimonio sterile, non tanto per l'incapacità dell'unione di generare dei figli ma quanto per l'asfissiante monotonia con la quale il rapporto le impedisce di essere la donna che vorrebbe, abbozzata in maniera silente nelle tante parole di tristezza e frustrazione che ossessivamente lei scrive su pezzi di carta che poi accartoccia e abbandona. Due diverse repressioni esistenziali che entreranno in contatto attraverso la musica (quella aulica del pianoforte), una passione che Lucia ha riposto nel cassetto assieme alla sua identità di donna e che Lea vuole invece coltivare per aprirsi un'ulteriore porta verso la vita. Dal loro incontro, una volta superate le distanze e le diffidenze iniziali di Lucia, sostanzialmente incapace di camminare a ‘piedi scalzi' come Lea, nascerà qualcosa di forte che porterà le due lontano (in Patagonia), a bordo di una malandata barca da risistemare e alla ricerca del richiamo delle orche, in un viaggio fisico che dovrebbe segnare la rinascita mentale di entrambe.

Un'occasione sostanzialmente sprecata questo secondo lungometraggio di Stefano Pasetto che cerca nei paesaggi, nella musica e nel rapporto tra donne (la sovraesposizione di Lea e l'ermetismo di Lucia) e con una natura avvolgente, un lirismo che la storia non trova mai, vagando in maniera non troppo costruttiva attraverso i tradimenti, le malattie, la pura d'impegnarsi e quella di non farlo, gli addii e i ritorni. Un pout pourri di vicende e sensazioni che dovrebbero creare l'ossatura di una qualche verità e che invece continuano a vagare anche nell'epilogo (che di fatto sconfessa il ruolo stesso del richiamo) sulle note ammiccanti di Besame mucho.

Il richiamo Non convince Stefano Pasetto alla sua seconda prova con il lungometraggio. Il suo richiamo è un film che appare indeciso non solo nell’approccio con cui affronta la gestione delle tematiche portanti, ma soprattutto nel modo con cui alla fine tira le somme nel walzer finale. "La verità è solo un istante insignificante" è il messaggio di cui, tra le righe, si fa portavoce l’opera, ma questa (presunta) verità il film di Pasetto sembra negarla anche per quell'insignificante istante, accompagnandoci verso un finale che è di fatto la negazione di quel ‘richiamo’ tanto decantato.

5.5

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