Recensione Il Paese delle Spose Infelici

Pippo Mezzapesa racconta la 'sua' Puglia

Recensione Il Paese delle Spose Infelici
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Ne ha fatta di gavetta ed esperienza Pippo Mezzapesa prima di concepire il suo primo lungometraggio, questo Il paese delle spose infelici (tratto dall'omonimo romanzo di Mario Desiati) che appare come un sunto di tutto quello che il regista ha cercato di raccontare nei suoi lavori precedenti. C'è la sua Puglia, lo sguardo accigliato di chi non è abituato ad agi e privilegi, i muretti a secco e i tagli di luce accecanti, praticamente tutti gli elementi che, oltre che del suo passato, fanno parte della cinematografia rurale, sempre più spesso ambientata nei territori semidesolati del meridione, che tanto piacciono a molti cineasti italiani. Ma andiamo con ordine.
Veleno (Nicolas Orzella) è figlio della piccola borghesia dell'entroterra tarantino, costretto a pedalare con tutta la sua forza per stare dietro allo stile di vita dei suoi nuovi amici, ragazzi cresciuti per strada e abituati a comportamenti apparentemente molto diversi dai suoi. Tra loro c'è Zazà (Luca Schipani), talento calcistico con cui il ragazzo stringe subito amicizia. Il loro è un rapporto vero, dove le lacune di ognuno si completano grazie all'altro, circondato da dirupi e gravine (non solo paesaggistici) che non promettono niente di buono. Quando una bellissima ragazza di nome Annalisa (Aylin Prandi) si lancia, tutta vestita di bianco, dal letto della chiesa di paese, le loro menti cominciano a essere ossessionate dai pensieri di questa madonna randagia, bellissima e irraggiungibile. Annalisa vive sola in una casa semi abbandonata e selvaggia ai margini del paese, ma Zazà e Veleno, un po' maldestri e molto impacciati, riescono ad avvicinarla. Basta solo un contatto per creare una relazione fatalmente destinata al baratro. Ma nonostante la desolazione circostante, forse, non tutto è perduto.

Aride esistenze

Il paese delle spose infelici racconta la storia di due adolescenti, due vite agli antipodi destinate a convergere e consumarsi insieme, proprio come i tacchetti delle scarpe da calcio che sempre si portano dietro. Veleno e Zazà, nonostante tutto quello che ruota attorno alle loro giovani esistenze, fanno le loro scelte spesso meglio degli adulti. Proprio per questo a volte si fatica a vedere in loro la genuinità della loro età, forse perché, in una terra inospitale come la loro, si è costretti a diventare più maturi e più duri molto in fretta. L'opera prima di Pippo Mezzapesa ricorda molto tutte le altre pellicole ambientate nel territorio tarantino, sia nei quadri visivi che nel modo, disilluso e realista, di raccontare la storia. Nulla di nuovo e originale quindi in questo racconto del disagio, se non la scelta di raccontarlo da occhi giovani, il cui destino non è ancora stato completamente scritto. Impressionante come la protagonista Aylin Prandi, nonostante le sue origini francesi, ricordi molto la nostra Valeria Golino, sia nei tratti fisici che nei modi di atteggiarsi sullo schermo, trascinandosi arrancando per le strade aride della sua vita. Mezzapesa si barcamena bene all'interno della storia, cercando di non farla apparire mai noiosa e monotona e riuscendo a mantenere vivo l'interesse dello spettatore fino alla fine. Peccato però che, a conti fatti, la pellicola lasci quella familiare sensazione di già visto e già raccontato, divenendo un labile flash nella memoria.

Il Paese delle Spose Infelici Il paese delle spose infelici è sicuramente un’opera prima interessante, che pone delle basi positive sul lavoro cinematografico di Pippo Mezzapesa. Una storia d’amicizia e un lucido sguardo su una terra che appare come più infelice delle spose che, esclusa la palese Annalisa, si nascondono dietro mura domestiche scrostate dal duro lavoro e situazioni famigliari complesse. Peccato sfrutti però le basi già saldamente calcate dei suoi conterranei, ma per migliorare c’è ancora tempo.

6

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