Il terzo occhio 2, la recensione dell'horror originale Netflix

Dopo la morte della sorella minore, uccisa da uno spirito vendicativo, Alia si fa assumere in un orfanotrofio infestato da un'altra malefica presenza.

Il terzo occhio 2, la recensione dell'horror originale Netflix
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In seguito alla tragica morte della sorella minore Abel, uccisa da uno spirito vendicativo, Alia decide di iniziare una nuova vita come assistente in un orfanotrofio. La ragazza ha aperto il terzo occhio, che gli concede la possibilità di vedere e dialogare col mondo dei defunti e portare pace alle anime dannate. Appena giunta nella struttura, Alia comprende come una qualche entità malevola aleggi tra le quattro mura dell'edificio: luci che saltano all'improvviso e la temperatura che si abbassa improvvisamente sono solo alcuni dei segnali che un nuovo pericolo l'attende.

Inoltre l'adolescente Nadia, una delle orfane, possiede la sua stessa capacità e sostiene di sentire le voci di uno spirito inquieto che chiede aiuto. In Il terzo occhio 2 le due "illuminate" aprono involontariamente la stanza dove questi era rinchiuso e lo liberano, dando il via a una scia di sangue nella quale un'oscura verità è destinata a venire alla luce. La protagonista dovrà allora chiedere aiuto alla sua mentore del paranormale, la signora Windu, prima che sia troppo tardi.

Apri gli occhi

Nel primo capitolo qui recensito avevamo fatto la conoscenza delle due sorelle Alia e Abel, entrambe in possesso di quel dono che le rendeva in grado di comunicare con gli spiriti senza pace: un elemento narrativo che si rifaceva alla tradizione esoterica locale, secondo la quale l'apertura del terzo occhio permetterebbe di percepire realtà invisibili normalmente. Il regista indonesiano Rocky Soraya, già dietro la macchina da presa dell'originale nonché del dittico "bambole assassine" di The Doll e del similare Sabrina (2018), torna sul luogo del delitto spostando in questo caso l'ambientazione in un orfanotrofio, luogo ideale e suggestivo per ambientare vicende di questo tipo come già dimostrato dal cult The Orphanage (2007).

A livello di trucchi e soluzioni visive Il terzo occhio 2 non si discosta poi molto dal predecessore, con facili jump-scare, luci che ballano e lenzuola che nascondono potenziali pericoli a tracciare le coordinate horror nella maggior parte delle situazioni, tirando in ballo qua e là citazioni al mondo degli zombie-movie e con viaggi in realtà parallele dove sostano le anime inquiete prima del liberatorio trapasso.

La visione della storia

In Il terzo occhio 2 (disponibile in esclusiva nel catalogo Netflix come originale) dopo aver eliminato nel prologo la figura di Abel, la sceneggiatura la sostituisce prontamente con un personaggio omologo incarnato dalla giovane orfana Nadia, anch'essa guarda caso dotata delle stesse abilità medianiche. Questa purtroppo non è l'unica delle forzature presenti in fase di script e anche i colpi di scena sono nascosti malamente, rendendosi prevedibili oltre misura a uno spettatore appassionato del filone. La stessa caratterizzazione di alcune figure principali risente di una meccanicità innaturale e impedisce di affezionarsi con la dovuta enfasi alla fasi finali della vicenda.
Proprio l'ultima parte tira nuovamente in ballo fenomeni di possessione, i quali rischiano di scadere nel ridicolo involontario per via di una recitazione ben lontana dall'eccellenza.

Dal punto di vista registico Soraya se la cava discretamente, con alcuni movimenti di macchina e un buon controllo nelle sequenze più concitate, pseudo poltergeist annessi, ma questo non è mai stato un problema anche nei suoi passati lavori. A mancare ancora una volta è però una storia che si approcci con maggiore originalità, meno derive trash e pacchiane al filone spiritico, qui ridotto a una specie di caricatura di modelli ben più convincenti.

Il terzo occhio 2 Dopo il primo capitolo, datato 2017, la saga horror diretta da Rocky Soraya prosegue (e visto il prologo un terzo episodio è molto probabile) nel raccontare la storia della protagonista Alia, capace di comunicare con gli spiriti dei defunti avendo aperto il relativo organo segreto presente nella tradizione indonesiana. Il terzo occhio 2 è ambientato per la pressoché totalità del minutaggio tra le quattro mura di un orfanotrofio, location sulla carta ideale per raccontare una storia di anime vendicative. Il regista se la cava discretamente dietro la macchina da presa, con una buona varietà di soluzioni di ripresa, ma non è supportato adeguatamente da una sceneggiatura che va troppo per le lunghe e si risolve in forzature, prevedibili colpi di scena e sussulti involontariamente trash, rischiando di far venire a noia, complice anche l'eccessiva durata, la missione esoterica a cavallo tra i due mondi.

5

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