Recensione Il Mio Amico Nanuk

Tra i ghiacci artici le catastrofi sono all'ordine del giorno. A volte anche al cinema...

Recensione Il Mio Amico Nanuk
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Il riscaldamento globale, ormai lo sappiamo tutti, sta causando gravi ripercussioni su ogni tipo di ecosistema terrestre, compreso quello artico, all'interno del quale si muovono gli orsi polari. Cercando disperatamente cibo, questi orsi si spingono fino ai villaggi dell'Artico, avvicinandosi pericolosamente agli umani che, ovviamente, devono tenere costantemente sotto controllo la cosa, riportando, quando possibile, gli animali indietro nel loro habitat. Altre volte, purtroppo, la soluzione è più drastica. Queste informazioni sono fondamentali per capire il motivo dello svolgersi degli eventi che formano la sceneggiatura de Il Mio Amico Nanuk, produzione italo-canadese che, attraverso l'emozionante amicizia tra un ragazzo e un cucciolo di orso, cerca di portare alla luce una più pressante problematica ecologica. Il mondo moderno sta ormai prendendo il sopravvento sulle regioni polari: è un dato di fatto. Possiamo fare qualcosa a riguardo? Il film non suggerisce nessuna risposta, esorta solo lo spettatore a pensarci, distraendolo momentaneamente con i panorami mozzafiato e la dolcezza dell'amicizia di due cuccioli appartenenti a due razze diverse.

Per cosa vale la pena lottare?

Luke è un ragazzo di 14 anni come tanti altri: ha un rapporto complicato con sua madre che, dopo la morte di suo padre, è diventata sempre più protettiva fin quasi a soffocarlo di limiti, ha un'indole ribelle e sarebbe disposto a tutto pur di difendere le idee in cui crede. Una sera un'orsa si avvicina a casa sua: dopo che la polizia locale seda l'animale e lo porta via, Luke scopre il vero motivo di quella visita inaspettata. Nel suo garage, infatti, è rimasto bloccato un piccolo cucciolo di orso. Il ragazzo lo porta in casa ma, dopo aver capito che è impossibile nasconderlo agli occhi della famiglia, decide di riportarlo da sua madre, nel bel mezzo dei ghiacciai. Ad aiutarlo nell'impresa sarà Muktuk, la guida Inuit di cui nessuno nella sua famiglia si fida più. Ma il ghiaccio non è un elemento benevolo e la destinazione da raggiungere è davvero lontana, impossibile da raggiungere senza prevedere dei tragici imprevisti.

Catastrofe in vista

L'intento de Il Mio Amico Nanuk è palese fin da subito: utilizzare l'amicizia tra un ragazzino e un cucciolo di orso per creare un'avventura commovente, emozionante, piena di momenti dolci e costantemente minacciata dalla crudeltà del territorio artico. I classici elementi delle storie di questo tipo ci sono tutti e sono anche utilizzati dal regista secondo i più standardizzati dei meccanismi, senza apportare al progetto nessuna idea che lo renda innovativo e appagante per una generazione che ormai, bisogna ricordarselo, ha visto praticamente di tutto. È vero, a volte ritornare alle origini, alle narrazioni semplici e dal sapore retrò è necessario, ma bisogna saperlo fare. Il Mio Amico Nanuk, invece, non riesce a rompere la barriera del documentario romanzato dove, tra una ripresa rubata sui ghiacci e un panorama da mozzare, oggettivamente, il fiato si inseriscono stralci del viaggio di Luke e Nanuk. Indubbiamente l'interazione tra i due personaggi è adorabile e il film la sfrutta al massimo per fare presa sullo spettatore, ma questo non riesce comunque ad annullare l'assurdità pretenziosa di alcuni dialoghi (non vi ripeteremo qui una metafora, ormai diventata famosa a uscita sala, su un certo pollo e un'aquila, per non distruggere l'assoluto senso di sbigottimento che suscita durante la visione del film), e la scelta di un linguaggio cinematografico molto più adatto alla televisione che al grande schermo. "Abbiamo filmato ciò che vedevamo, vivendo l'esperienza e facendo tutto il possibile per far sì che il film fosse elettrizzante, sorprendente, realistico e fantasioso come le straordinarie creature con cui dividiamo questo mondo", dichiara Roger Spottiswwode, regista del film, spiegando la scelta stilistica presa per Il Mio Amico Nanuk. Ma è proprio questo il punto: se da un lato le riprese realistiche permettono di godersi i ghiacci artici in tutto il loro crudele splendore, dall'altro l'eccessivo inseguimento del realismo rende la narrazione per lo più asettica, fortemente in contrapposizione con il tratto decisamente melenso ed emozionale utilizzato per raccontare il rapporto tra Nanuk e Luke. Una catastrofe narrativa in piena regola.

Il Mio Amico Nanuk Semplicistico, didascalico, fortemente documentaristico e banale, Il Mio Amico Nanuk potrebbe tranquillamente essere un film televisivo da domenica pomeriggio, utile per intrattenere uno spettatore ancora molto piccolo e innocente, del tutto non abituato alle geniali complessità del cinema moderno per ragazzi. Non apporta al panorama nulla di nuovo e, anzi, in alcuni tratti riesce addirittura a rendersi ridicolo, distruggendo la tensione narrativa che, con tanta fatica, riesce a costruire in alcuni tratti della storia.

4.5

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