I silenzi ed i segreti di Lorna
I fratelli Dardenne riescono a rimanere uguali anche nel cambiamento. Senza decampare di un solo passo dal loro cinema sociale che ha sempre inteso investigare i tortuosi meccanismi delle classi subalterne, i belgi modificano quanto basta per rilevarne l'innovazione su un tono vagamente più sentimentale, fiabesco e quindi meno asettico. Il cipiglio freddo e documentaristico tuttavia, immancabilmente segnato dalla pesante telecamera in spalla qui in versione 35 mm, rimane come contrassegno del cinema minimalista del duo, quasi prepotente nella ruvidità della storia che vede Lorna, interpretata dalla delicatissima esordiente Arta Dobroshi, introdursi in un loschissimo giro di matrimoni bianchi a Liegi, nel Belgio, per procacciarsi quei danari utili a realizzare piccoli sogni suburbani. Il dramma si innesca con gli accordi pattuiti che prevedono la rapida morte del posticcio marito e tossicodipendente Claudy, interpretato dal lacerante Jeremie Renier, di modo tale che la vedovanza le permetta di sposare un mafioso russo, bramoso della cittadinanza belga, in grado di ricompensarla lautamente. La svolta sta nella permutazione emotiva che si compierà in Lorna nei confronti di Claudy. Se prima l'uomo era visto come un mero strumento per conseguire i suoi intendimenti, dopo, il rapporto d'indifferenza muterà quando lo stesso, destinato ad una surrettizia overdose che costituirà il segreto ed il silenzio di Lorna cui ruota intorno la trama, deciderà invece di uscire dalle ragne narcotiche invocando disperatamente l'aiuto della ragazza stessa che saprà quindi abbandonare la strategica freddezza che è frutto delle contingenze sociali e non del suo vero animo. Una meccanica di introiezione la spoglierà di tutto quel lucrativo cinismo che è vero e fisico protagonista del film. Già perchè le riprese strettissime sulle buste gonfie di danaro infondono a questo un'importanza capitale ed onnipresente, sono i moventi di tutti i soggetti in causa, ma, per l'appunto, vi sarà la sorpresa liberatoria poichè la disavventura di Lorna è una storia di riscatto morale, dove alla fine gli stessi soldi diventano "buoni", simbolo di fiducia e redenzione. L'ineluttabile fine di Claudy costituirà il cambiamento nella protagonista che, umanizzata, potrà quindi trovare motivi di vita più autentici.
La luce che vince il buio
Gli ambienti non possono essere che grigi e soffocanti, popolati da una disamena e variegata umanità, ove però sa emergere l'occhio commosso dei registi che affrescano questo vero e proprio microcosmo di sventurati con nuovo affetto. Lorna si perde nell'anonimato della massa senza qualità e nel suo crudele silenzio; la città tra insegne, grandi magazzini e taxi, diventa teatro della spersonalizzazione e del nascondimento. Il segreto di lei vaga inerme su uno sfondo freddo dove i rapporti umani sono solo di (brutale) convenzione. Il cinema dei Dardenne è sempre stato un lavorìo alvino nelle pieghe del dolore, in particolar modo nelle persone più delicate e vulnerabili. Asciutti, privi di orpelli musicali, "più veri del vero", spesso rigorosi nel montaggio che mai concede un'inquadratura superflua, qui regalano più spazio alla forma, che però lascia perplessi nei voli pindarici nella temporalità degli eventi, in un montaggio che ora accelera, poi rallenta in momenti dove la cinepresa, più fissa del solito, indugia nel sottobosco dell'immigrazione legalizzata cercata in circuiti illegali, dove i registi si concedono derive pietistiche. Il senso del dramma vissuto dalla protagonista viene ottimamente impresso grazie allo stile gelido dei Dardenne con immagini nitide, senza ambagi autoriali, anche della Liegi notturna.La sceneggiatura non è stata esente da critiche nè da elogi. I vuoti narrativi che lascia sono senz'altro segni di uno stile preciso, incupiscono la trama singhiozzante, vi si creano dei buchi neri nella comprensione, tutti affidati alla partecipazione dell'aspettatore che dovrà quindi confrontarsi con uno scorrimento non esattamente fluido; talvolta pare che i registi abbiano volutamente espunto sequenze di montaggio. Evidentemente questo stile narrativo, questa continua e controversa rincorsa tra montaggio e sceneggiatura ha convinto la giuria di Cannes 2008 che ha voluto premiarla, onore che non stupisce giacchè i fratelli belgi possono stamburare già due palme d'oro vinte con "Rosette" e "L'enfant".Un lavoro quindi che indugia sui crimini e sui soprusi in modo tagliente, preciso, sulla fisicità dei personaggi costantemente messi a fuoco nel loro incessante ambulare, tra i loro imperscrutabili comportamenti, dove il cambio di prospettiva dovuto ad un improvviso amore quasi materno, sarà bastevole per radicalizzare e rinunciare a quanto stava concretandosi. Il crudele realismo si sfumerà in un aperto finale di fioca, ma viva luce. Così come Lorna per tutto il film custodisce silenziosamente il suo segreto, i Dardenne custodiscono segretamente la speranza di un ottimismo artificioso che vince la realtà.
In un mondo tutto teso a mercificare, burocratizzare e quindi a disumanizzare ogni nuance, Lorna, controversa protagonista del film, si renderà capace di una storia forte e profonda come una fiaba, colma di disagio sociale e di vita, emotivamente coraggiosa in ultimo ad abbandonare l'adattamento ai soprusi ed alle nequizie di una Liegi malavitosa e maschilista, per volgere la sua vita in una dimensione più autentica e semplicemente buona. La dibattuta ma vincente sceneggiatura e i crismi documentaristici fanno di questo lavoro il sesto film dei Dardenne teso ad investigare le cateratte della sfumata emotività, anche quando pare soffocata dalla bigia realtà riesce a trovare quel guizzo di luce così potente da poter cambiare tutto.