Recensione Il Grande Match (2008)

E' proprio vero che il calcio è universale...

Recensione Il Grande Match (2008)
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Il misterioso innesco dei film a episodi permea il cinema fin dalla sua stessa esistenza: il fascino di potersi godere diverse storie in un'unica visione, oltre a far sembrar meno caro il prezzo del biglietto, ci ha permesso in certi casi di notare anche la bravura di diversi registi messi a confronto su uno stesso tema. Guardando solo il passato recente, troviamo uno degli esempi più riusciti nella sua intensa drammaticità, e cioè quel Babel firmato Inarritu, che partendo da un semplice avvenimento finisce per collegare tre storie a distanza di chilometri e continenti. Il fattore del cambio di luogo è anche una sorta di specchio sul mondo, e sulle varie reazioni che possono radicalmente cambiare da cultura a cultura. E proprio nel film in questione, Il Grande Match, è tutto giocato su questa sottile linea di demarcazione territoriale, usando come scusa l'avvenimento più visto al mondo ogni quattro anni. La finale dei Mondiali di calcio del 2002, tra Brasile e Germania, è l'elemento che scatena le vicende di diversi gruppi di persone, tra Mongolia, deserto del Sahara e Amazzonia.

Le storie

"Ogni 4 anni la maggior parte del mondo segue uno dei più grandi eventi del pianeta. Per molti di noi vederlo è semplice. Per altri, invece no..". Dopo questa premessa introduttiva, ci troviamo tra le montagne della Mongolia, dove cinque nomadi a cavallo sono impegnati alla caccia alla volpe, con tanto di aquile ammaestrate. Catturata la preda il loro primo pensiero è quello di tornare a "casa" (tende improvvisate, vista la loro vita errante) in tempo per "la partita". Sahara, un gruppo di tuareg coi loro cammelli si sta dirigendo verso un luogo nel deserto dove sia possibile vedere la partita. Incontreranno sulla loro strada un camion carico di persone, diretto alla città più vicina, e lo convinceranno a vedere la finale con loro. Amazzonia, degli indios stanno andando a caccia di scimmie, uno dei cacciatori ha la maglietta di Ronaldo. Cercano in tutti i modi di vedere il match in televisione nel loro accampamento, usando del cavo elettrico rubato, un vecchio generatore e una parabola portata in cima ad un albero da un membro della tribù.

Il film

Il Grande Match è senza dubbio un piccolo film, ma la maggior parte delle volte è proprio nella semplicità che si trovano le idee migliori. Con tre storie ai nostri occhi surreali, il regista Gerardo Olivares, autore fino ad oggi di diversi documentari, ci regala uno spaccato di un'esistenza globale, e ci mostra le condizioni di vita di popoli a noi lontanissimi. Un cinema verità, intriso di qualche sfiziosità tipicamente cinematografica, ma la maggior parte di quello che possiamo vedere nei 90 minuti del film corrisponde al reale / possibile accadimento dei fatti. L'uso di attori rigorosamente non professionisti, ma anzi semplici interpreti della loro vita normale, getta in un'atmosfera più intima e familiare di qualsiasi docu-fiction. Le reazioni genuine dei protagonisti, i loro buffi tentativi di non perdersi per nessun motivo l'evento clou tanto atteso, ispirano più di un divertito sorriso allo spettatore. Le tre storie non si susseguono una dietro l'altra, ma continuano ad alternarsi per tutta la pellicola, spingendo ogni volta a una curiosità maggiore per i rispettivi "destini". E allo stesso contempo, è facile innamorarsi della bellezza dei paesaggi: si passa dalle immense catene montuose della Mongolia, dove il cielo limpido accompagna il volo delle aquile, all'intenso color sabbia del deserto e al verde splendente delle foreste amazzoniche. Il grande match è anche un modo diverso di interpretare il gioco del calcio, uno sport ormai diventato nella società occidentale semplice e puro business, nonchè valvola di sfogo per i repressi e i violenti. Ad esempio nell'episodio egiziano i tifosi si dividono tra chi parteggia per la Germania e chi per il Brasile, ma non scatta nessuna violenza e nessuno sfottò ai gol dei vincitori, solo semplice e genuina esultanza. Una sorta di critica velata, e purtroppo disillusa, a un "mondo" ormai distrutto dagli interessi economici. Non tutto però funziona nel film, e pur non potendo fare a meno di notare la genialità dell'idea e di certe situazioni, è anche vero che alla lunga queste si rivelano monotone, e non è un caso se troviamo certi siparietti ripetersi per quattro o cinque volte in pochi minuti. Certo non era facile trovare nuove soluzioni con un ambiente relativamente ristretto e un circolo di persone elitario, ma un po' più di varietà avrebbe sicuramente giovato alla qualità finale. L'episodio migliore è senza dubbio quello ambientato in Mongolia, con la voce fuori campo di uno dei protagonisti, in apparenza vittima della Sindrome di Jakobsen, che racconta la sua vita e quella della sua numerosa famiglia, salvo poi terminare con un colpo di scena negli ultimi istanti. Qui possiamo anche osservare una gustosa partita tra il gruppo familiare e una pattuglia di soldati da loro ospitati. Pur nella sua imperfezione, Il Grande Match è un'opera originale, del tutto unica nell'attuale panorama cinematografico,e perciò meritevole d'attenzione soprattutto da chi nella Settima Arte cerca qualcosa di nuovo, e non vuole rimanere immobile nella sua visione cinefila.

Edizione Dvd

Il video è presentato nel formato 16/9, 1.85:1 con una buona qualità dell'immagine, con colori nitidi e brillanti.
L'audio, presente in Dolby Digital 5.1 nella lingua italiana e originale (coi sottititoli, anche per non udenti), ha un suono cristallino, perfetto sotto tutti i punti di vista in entrambe le versioni sonore.
Praticamente nullo il comparto extra, che vede solo il trailer originale del film. Peccato, qualche particolare in più sulla realizzazione sarebbe stato senza dubbio gradito.

Il grande match - La gran final Fuori dagli schemi, Il Grande Match è un prodotto per gli amanti del cinema a 360°, sempre incuriositi da qualsivoglia novità si affacci sul mondo della celluloide. Una sorta di documentario romanzato, che, prendendo come scusa la finale dei Mondiali di calcio 2002, ci porta alla scoperta di culture e popoli diversi e lontani da noi. Pecca a tratti di monotonia, ma è comunque un'operazione coraggiosa ricca di un fascino del tutto unico. Palla in rete.

6.5

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