Recensione Il furore della Cina colpisce ancora

Il film d'esordio ad Hong Kong di Bruce Lee

Recensione Il furore della Cina colpisce ancora
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Giunto in Italia e nel resto del mondo solo dopo il successo di Dalla Cina con furore, Il furore della Cina colpisce ancora (titolo italiano ad hoc per cavalcare la fama del titolo uscito in precedenza) è in realtà il primo film da protagonista di Bruce Lee (inizialmente ingaggiato per una parte più piccola ma ben presto elevato a protagonista assoluto) ad Hong Kong, dopo la fama conquistata oltreoceano nella serie tv Il calabrone verde. Senza ritornare sulle diatribe distributive che hanno visto questi due film, l'esordio di Lee è diretto sempre da Lo Wei e vede un cast che ha molti volti in comune con la pellicola successiva, a cominciare da quello della bella Nora Miao anche se qui in un piccolo ruolo secondario. La storia vede Cheng, un giovane ragazzo di campagna, giungere in una piccola cittadina dove, grazie all'aiuto del cugino, riesce a trovare lavoro in una fabbrica di ghiaccio. Ma la struttura, tenendo all'oscuro gli operai, è in realtà sede di traffici di droga e quando qualcuno scopre la verità e non si fa corrompere viene brutalmente ucciso. Quando due amici di Cheng ricevono l'infausta sorte, lui e suo cugino cercano di far pressione sui capi per scoprire cosa vi sia dietro la scomparsa dei compagni. Questo metterà a repentaglio le loro vite e costringerà Cheng a infrangere il voto impostogli dalla madre, quello di non combattere più per nessun motivo.

The Chinese Connection

Con oltre tre milioni di dollari d'incasso nella sola Hong Kong, Il furore della Cina colpisce ancora ha una partenza più lenta rispetto ad altri titoli interpretati di Bruce Lee, ma dopo l'impasse iniziale gli amanti del kung-fu non rimarranno certo delusi grazie ad un'incessante serie di combattimenti in cui il protagonista sfodera ancora una volta tutte le sue invidiabili doti atletiche, con coreografie originali che lo vedono impegnato anche nell'uso dei coltelli. Nonostante la narrazione approssimativa e un cast non sempre in parte, complice una caratterizzazione appena abbozzata delle figure comprimarie, il film è comunque una visione più che piacevole per gli appassionati, accolti familiarmente da una struttura tempistica tipica delle produzioni di genere del periodo, che presuppone le basi per il classico scontro finale col villain di turno, non senza prima aver fatto subire al personaggio di Cheng dolorose perdite. Una fisicità poco realistica fa da sfondo agli scontri più convulsi, con salti improbabili poco digeriti da Lee, ma che comunque non smorzano il pathos della lotta, e anche la violenza, seppur palesemente fittizia, non manca, così come un sottile erotismo. Il canovaccio della lotta tra bene e il male lascia ben poco spazio a introspezioni di sorta, con un taglio morale netto tra le parti opposte, ma è un dettaglio di poco conto in una produzione che, soprattutto oggi, vale assai più per il merito di aver trasformato Bruce Lee nella nuova leggenda del kung-fu.

Il furore della Cina colpisce ancora Invecchiato meno bene di altri suoi titoli, l'esordio ad Hong Kong di Bruce Lee è comunque ancor oggi una visione piacevole per i cultori del filone e dell'attore, il cui carisma è ancora una volta fondamentale per far presa sul pubblico. La storia e il cast di supporto si dimenano senza infamia e senza lode tra stereotipi classici di genere dove il Bene è, naturalmente, destinato a trionfare ancora una volta.

7

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