Asger Holm è un agente della polizia danese momentaneamente sospeso dal servizio sul campo per via di un caso che lo vedrà a processo. La sera precedente al giorno della testimonianza in tribunale, l'ufficiale si trova impegnato ai centralini del numero d'emergenza (incarico al quale era stato confinato da alcune settimane dopo l'avvio del procedimento legale) insieme a colleghi con i quali non ha mai veramente legato, anche per via del suo carattere chiuso e taciturno e del suo momentaneo crollo psicologico; dopo l'abbandono della moglie, Asger sta anche frequentando uno psicologo.
In quel ruolo da scrivania che non apprezza, l'uomo risponde spesso a chiamate strampalate, di gente drogata e ubriaca o di clienti di prostitute derubati, ma non in quest'occasione: dall'altro capo del telefono vi è infatti una giovane donna che sostiene di essere stata rapita. In Il colpevole - The Guilty il poliziotto cercherà di scoprire più dettagli attraverso la comunicazione, conscio che la presunta vittima non può esporsi troppo in quanto il rapitore si trova al posto di guida accanto a lei. Per Asger avrà inizio una lunga notte che difficilmente dimenticherà.
Il terrore corre sul filo

Vincitore dei premi del pubblico al Torino Film Festival e al Sundance, candidato dalla Danimarca agli Oscar come miglior film straniero (entrato nella shortlist ma escluso dalla cinquina finale) e con un remake hollywoodiano con protagonista Jake Gyllenhaal in arrivo: senza dubbio l'esordio dietro la macchina da presa di Gustav Möller, in precedenza autore solo del corto I Morke (2015), non ha lasciato indifferenti, rivelandosi uno dei casi cinematografici dell'anno anche per via del suo particolare e originale storytelling, totalmente narrato attraverso le conversazioni telefoniche. Il colpevole - The Guilty ha il grosso merito di raccontare ciò che avviene fuori campo solo attraverso l'auricolare e gli scambi di battute tra il poliziotto e i personaggi dall'altro lato della "cornetta" e, dopo un inizio parzialmente spiazzante, la formula ingrana nel migliore dei modi con un progressivo crescendo tensivo che lascia con il fiato sospeso in diverse occasioni, tra lunghi e infiniti silenzi (in attesa di una risposta) e drammatici colpi di scena che rimescolano beffardamente quanto precedentemente creduto.
Di pellicole in cui il telefono aveva un ruolo importante o fondamentale se ne sono viste parecchie nella storia del cinema, basti pensare a In linea con l'assassino (2002) o a The Call (2013), solo per citare titoli del nuovo millennio, ma in questo caso l'ambientazione unica della sede del centralino è una soluzione totalizzante e sorprendente.
C'è del marcio in Danimarca
Il regista, anche autore della sceneggiatura insieme al sodale Emil Nygaard Albertsen, incanala lucidamente il background del protagonista attraverso il mezzo verbale e, minuto dopo minuto, scopriamo sempre più dettagli su questa figura tormentata, dannatamente umana e credibile anche nei tratti più respingenti. Il suo caparbio tentativo di fare la cosa giusta, non sempre supportato dall'astuzia ma spesso dall'istinto e dalla propria sfera emozionale, è il fulcro dell'intera operazione e la partita a scacchi psicologica tra chiamanti e ricevente si ammanta costantemente di nuove sfumature col procedere degli eventi. Se William Shakespeare sosteneva, attraverso la figura di Marcello nell'Amleto, che "c'è del marcio in Danimarca", Il colpevole - The Guilty rafforza ulteriormente questa tesi in quanto vengono allo scoperto segreti inconfessabili e verità negate, destinate a una resa dei conti nel finale al cardiopalma che apre comunque a una nuova, complessiva consapevolezza.
Oltre alla magistrale interpretazione di Jakob Cedergren, incisivo nello sfumare la figura dell'ufficiale, grande merito va anche alle performance vocali del resto del cast, abili nel dar vita a personaggi nascosti alla vista ma di struggente intensità. Al di là del dramma, preponderante per la pressoché totalità degli ottanta minuti di visione, fanno inoltre capolino improvvisi tocchi di ironia nera che alleggeriscono, solo parzialmente, la dose di suspense che opprime come una claustrofobica cappa l'intera messa in scena.