Il cittadino illustre: Recensione

Uno scrittore premio Nobel torna al paese natio dopo quarantanni di lontananza in Il cittadino illustre, opera esemplare di Mariano Cohn e Gastón Duprat.

Il cittadino illustre: Recensione
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Candidato al Leone d'Oro e premiato con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Oscar Martínez, arriva finalmente nelle sale Il cittadino illustre, film acclamato all'ultima edizione del Festival di Venezia. Questa co-produzione tra Spagna e Argentina, diretta dall'affiatato duo di registi formato da Mariano Cohn e Gastón Duprat (i cui lavori precedenti sono tutti inediti in Italia) è incentrata sulla figura dello scrittore argentino Daniel Mantovani che, cinque anni dopo aver vinto il Premio Nobel per la letteratura, si trova in un periodo di crisi creativa che lo spinge anche a rifiutare qualsiasi tipo di invito a manifestazioni culturali che lo vorrebbero come ospite d'onore. Quando trova però una lettera speditagli dal suo Paese natale, che non visita da oltre quarantanni, il romanziere decide di prendere un aereo e tornare nei luoghi della sua infanzia, teatro di molte vicende che avrebbe poi metaforicamente trattato nei suoi futuri libri. Giunto perciò in quel di Salas, il piccolo "borgo" in cui è nato, Mantovani viene accolto come un vero e proprio eroe nazionale, ritrovando gli amici e gli amori di un tempo. L'iniziale idolatria provata dai concittadini si trasforma però in un profondo astio che segna anche l'incompatibilità dell'uomo con un vissuto culturale da cui ormai si sente profondamente estraneo.

Contro ogni ipocrisia

Quanta verità nelle due ore di visione, flusso di pensieri e gesta che riflettono sull'importanza delle interpretazioni, di come ogni avvenimento possa esser visto in ottiche diverse a seconda del tessuto culturale a cui si attinge. Il cittadino illustre è un'opera alta ma mai pretenziosa, capace di scandagliare con incisiva raffinatezza in quell'intruglio di emozioni e sentimenti che segnano un'intera esistenza, racconto personale di un uomo che sfida il muro dell'ipocrisia per affermare il ruolo principale dell'Arte di fronte ad un popolo schiavo di pulsioni e gelosie di bassa lega. Perché Mantovani non è una figura snob ma solo un portatore convinto dei propri, condivisibili ideali, pronto ad aprirsi al mondo esterno senza però tradire il suo pensiero, anche quando si trova contro un intero paese schiavo della mera ipocrisia di provincia. La narrazione segue un solido filo conduttore, trascinandoci dopo il prologo mostrante la vittoria del Nobel in un viaggio a ritroso nei luoghi dell'infanzia, schivati dal Nostro per ben quattro decenni: a buon ragione verrebbe da dire dopo il tourbillon di eventi che lo coinvolgono dal suo insperato ritorno. Dalla fidanzata di gioventù sposata ora col suo migliore amico alla lolita seduttrice, dal mafioso del paese fino al padre in cerca di soldi per il figlio malato, il protagonista diventa una sorta di figura divina, prima idolatrata e poi ostracizzata oltre ogni limite, trasformando simpatie in rancori e amori in odio con semplici ma graffianti sviluppi di sceneggiatura, trainanti verso un epilogo che ben spiega il significato dell'intero racconto. Il tutto messo in scena con una leggerezza avvolgente che balla sempre tra la commedia umana e il dramma paradossale, con uno scattante sarcasmo a sottolineare anche i passaggi più tesi, trovando nella naturalezza della recitazione la perfetta chiave di lettura: perché qui i personaggi, a cominciare dal magnifico Oscar Martinez (premiato per l'appunto alla kermesse lagunare), sono connotati in un'aura realistica che, pur strizzando l'occhio in taluni passaggi ad un certo e beffardo surrealismo minimale, traghetta lo spettatore in un percorso empatico di rara consapevolezza.

Il cittadino illustre Non è solo Cinema Il cittadino illustre, opera che racchiude un inno all'Arte intesa nel suo senso più profondo di non cedere a compromessi e sfidare le ipocrisie. Il ritorno di un Premio Nobel nel piccolo paesino dove è nato non è solo il racconto personale di un uomo che si ritrova ad affrontare i propri demoni e rimpianti, sepolti in un cassetto della memoria da più di quarantanni, ma anche l'occasione per mettere in scena una summa filosofica sull'opinabilità del vissuto mettendo a confronto un uomo colto e fedele ai propri ideali con la simulazione di una piccola comunità ancorata a valori semplici ma allo stesso tempo difettosi. Mariano Cohn e Gastón Duprat immergono lo straordinario protagonista Oscar Martinez in una vicenda a doppio taglio, con toni da commedia raffinata e istinti più drammatici che mettono in risalto quest'incomunicabilità tra due mondi estranei dove la verità spesso è solo figlia di diverse vie interpretative.

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