Recensione Il cammino per Santiago

Martin Sheen e il figlio Emilio Estevez in un viaggio attraverso i Pirenei francesi per ritrovare sé stessi e le proprie origini

Recensione Il cammino per Santiago
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Padre e figlio nella realtà, Martin Sheen ed Emilio Estevez percorrono assieme anche il viaggio di finzione ne Il cammino per Santiago, diretto dal figlio e interpretato da entrambi, un road movie che diventa opportunità (reale) di ritrovare il contatto con le proprie radici (il nonno di Emilio - cui questo film è dedicato - emigrò nel 1914 proprio da Salceda de Caselas, in Galizia, per raggiungere Cuba e di lì quell'America che ha poi dato i natali a Martin Sheen e suo figlio Emilio Estevez). Quindi un ritorno alle origini che attraverso il pellegrinaggio assume il senso metaforico di un'eredità che va raccolta per mantenere viva la memoria famigliare nell'avvicendarsi delle generazioni. Ed è proprio la memoria, la voglia di ristabilire un contatto fondamentale che è andato perso, il cuore narrativo de Il cammino di Santiago, dove un padre (l'oftalmologo californiano Tom, interpretato, appunto, dal sempre bravo Martin Sheen) raccoglie le ceneri del figlio (Emilio Estevez) morto sui Pirenei (proprio mentre si apprestava a intraprendere Il Cammino) per proseguire il percorso che egli ha dovuto lasciare incompiuto e ritrovare forse un punto di contatto con quell'unico figlio che oramai non c'è più e del quale forse non aveva mai compreso l'essenza. Partito dunque con l'attrezzatura del figlio in un percorso lungo 800 chilometri che si snoda attraverso i Pirenei francesi alla volta del luogo in cui secondo i pellegrini si troverebbe la tomba di Giacomo il Maggiore, Tom farà la conoscenza di altri tre compagni di viaggio, tutti ugualmente decisi a raggiungere la meta ma ognuno per motivi diversi. Dall'olandese Joost che dietro alla volontà di perdere peso nasconde la frustrazione di un rapporto di coppia forse logoro e frustrante, passando per la canadese Sarah, che tradisce nella volontà di dire addio al fumo una vitale necessità di fuga da un passato violento e doloroso, fino ad arrivare all'irlandese Jack, un eccentrico aspirante scrittore alla ricerca dell'ispirazione giusta per il suo primo romanzo, tutti marciano alla volta della meta senza la reale consapevolezza del motivo del viaggio. L'istintivo desiderio di Tom di compiere con (e per) il figlio quel cammino verso una meta metaforica prim'ancora che reale andrà a braccetto e si scontrerà con le motivazioni degli altri pellegrini, uniti in un quartetto stranamente assortito che ricorda da vicino la bizzarra comitiva de Il mago di Oz lungo la 'dissestata' Strada dei mattoni gialli.

Un viaggio troppo poco spirituale

Nato sotto il segno di un mood (quello del viaggio on the road di matrice esistenziale) e un soggetto spirituali legati all'idea di un cammino interiore attraverso il quale ritrovare sé stessi, Il cammino per Santiago abbandona presto la strada votiva delle premesse per abbracciare invece l'immagine più scanzonata di un quartetto di esistenze in cerca di 'qualcosa'. L'eccessivo didascalismo e la presenza di elementi fuori tema (la parentesi sociologica sulla comunità gitana o il commento musicale troppo ingombrante - inclusa la famosa Thank you di Alanis Morissette - e commerciale che stona con il tema del film) così come il filo dei personaggi che corre su un livello sempre troppo superficiale, tendono a evidenziare un dilungarsi in ‘trovate narrative' poco funzionali al film. La pellicola si dilata così in 134 minuti di viaggio tra stereotipi nazionali e rese dei conti solo formali, tra cui spicca in negativo la flebile forza di un finale che si aggrappa alla meta tralasciando il cammino, facendo perdere al film la sua carica spirituale trasformandolo in una comune passeggiata tra i monti di un gruppo di viaggiatori uniti solo dal caso.

Il cammino per Santiago Un po’ deludente il film dell’attore/regista Emilio Estevez che non riesce a trovare la giusta chiave narrativa nonostante la carismatica presenza del padre Martin Sheen nelle vesti di protagonista. Sostanzialmente incapace di costruire e poi sostenere la tesi per cui “la vita non si sceglie ma si vive”, Il cammino per Santiago diluisce tutta la sua vocazione spirituale in una commedia on the road troppo didascalica e dall’anima un po’ troppo commerciale che si muove (paradossalmente) senza riuscire a seguire mai un cammino che sia in qualche modo formativo (per i protagonisti o per lo spettatore). Un film che alla fine rimane incastrato a metà tra l’ispirazione onirico-fantastica dei personaggi e quella realistico-spirituale del cammino.

5.5

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