Recensione I Love You, Man

Non sempre chi trova un amico trova un tesoro

Recensione I Love You, Man
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Amore o amicizia?

Che il senso dell'humour a stelle e strisce degli ultimi decenni fosse radicalmente diverso da quello europeo non lo scopriamo certo oggi. Certo è invece che il successo in madrepatria di un film come I love you, man dia da pensare, e non poco. Quasi settanta milioni di dollari incassati negli States, non son certo bruscoletti. Ed è qui che viene da chiedersi come il pubblico medio americano non abbia proposte migliori a cui rivolgersi. A dir del vero le premesse erano più che incoraggianti, visto l'esordio dietro la macchina da presa di un maestro delle sceneggiature dissacranti, quel John Hamburg autore di Zoolander e Ti presento i miei, oltre alla presenza di uno dei più apprezzati comici d'Oltreoceano, Paul Rudd (The ten) nei panni del protagonista. Cosa allora non ha funzionato in fase di realizzazione? Probabilmente è stata la stessa genesi che ha penalizzato il prodotto finale, proprio nella stesura della vicenda, scritta a quattro mani dal regista e da John Levin. Una storia che soffre di una banalità sconcertante, con situazioni che definire stereotipate e "vecchie" è dir poco. Ma vediamo dove iniziano le dis(avventure) del nostro "eroe", l'agente immobiliare Paul Kleven (Paul Rudd). Prossimo al matrimonio con la fidanzata di lunga data Zooey (Rashida Jones), Paul si rende conto di non avere nessun amico abbastanza intimo cui affidare il ruolo di testimone di nozze, e paradossalmente si accorge di nutrire rapporti più personali con le sue conoscenti femminili. Messosi così alla ricerca di un nuovo "best friend", dopo svariati incontri terminati nei più stravaganti dei modi, fa la conoscenza di Sydney Fife (Jason Segel), bizzarro individuo che finisce per risvegliare in Paul emozioni sopite, e lo riporta a godersi le libertà della vita, dai concerti rock alle partite a golf. Questo però finisce per incrinare il rapporto del futuro sposo con Zooey, e mette Paul davanti alla scelta tra amore e amicizia.

Chi trova un amico...trova la noia

Cento minuti di situazioni trite e ritrite, con battute poco ispirate e una volgarità velata ma alla fine nemmeno troppo nascosta. Partiamo dai lati positivi, vista la loro natura talmente esigua. La scelta di affidare il ruolo principale a Paul Rudd si rivela senza dubbio azzeccata, in quanto il comico americano si rivela una delle poche carte vincenti del film, e con la sua simpatia riesce a risollevare alcune situazioni francamente di cattivo gusto. Non si può dire lo stesso per il co-protagonista, un Paul Segel che negli ultimi tempi ha forse stancato con la sua omnipresenza in svariate pellicole di genere, arrivando alla lunga a riproporre sempre le stesse espressioni e gli stessi personaggi. Errore in cui pecca anche Jon Favreau utilizzato sempre più spesso in piccoli ruoli uguali tra loro. Se il cast vive perciò di alti e bassi (tendenti di più verso quest'ultimi), lo stesso non si può dire per la regia, che si rivela totalmente anonima e incapace di suscitare la più piccola sorpresa a livello di gag e battute, affliggendo di rimando tutte le altre componenti tecniche, da una colonna sonora poco ispirata (se si esclude il riferimento ai mitici Rush), a una fotografia che fa ben poco per rinvigorire la scelta infelice delle location, sia negli interni che negli esterni. Se si paragona la pellicola alle ultime produzioni U.S.A. si nota un appiattimento delle tematiche "comiche" adottate dagli ultimi parti dell'Apatow style, e anche il carico di malinconia che si porta appresso è qui pregno di un buonismo alla lunga sfiancante, tant'è che l'happy end è assicurato e quanto mai prevedibile nello svolgersi degli eventi. La domanda principale è perchè spendere i soldi del biglietto per assistere a qualcosa di già visto? L'unico motivo che possa spingere alla visione al cinema è o un efferato masochismo o una spassionata passione per i due interpreti principali. Per il resto, niente di nuovo sotto il sole..e in questo caso, era pure nuvolo.

I Love You, Man Più che un vero e proprio film, sembra un collage di gag poco riuscite, memore dell'ultimo quinquennio di comicità a stelle e strisce. Incapace di creare gag degne di tale nome, e affidandosi unicamente al carisma di un simpatico Paul Rudd, il regista John Hamburg realizza un prodotto mediocre sotto tutti i punti di vista, incapace di coinvolgere lo spettatore e facendo della prevedibilità la costante della vicenda. Peccato che la sua abilità di sceneggiatore abbia perso colpi proprio nel suo esordio dietro la macchina da presa. Bocciato.

4

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