Recensione I fantasmi di San Berillo

Edoardo Morabito restituisce memoria a vicoli e volti della negletta San Berillo.

Recensione I fantasmi di San Berillo
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"Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia
". La città vecchia, De Andrè.

È il brano La città vecchia di Fabrizio De Andrè assieme a un passo tratto da Le città invisibili di Italo Calvino a tracciare (idealmente) il sentiero de I fantasmi di San Berillo, opera prima del catanese Edoardo Morabito (giovane regista, classe 1979) che narra le vicende di un piccolo borgo siciliano (per degrado e abbandono molto simile a quello genovese cantato da De Andrè). In bilico tra passato e presente, tra il vivo bianco e nero di ieri e lo stantio colore di oggi, il documentario di Morabito infila le 'straduzze' della cittadina catanese di San Berillo intrecciando il mito e la realtà di un paese un tempo florido e pieno di aspettative poi divenuto (suo malgrado) custode di esistenze reiette e ricordi nostalgici di un passato provinciale ma nondimeno aureo. Attraverso le parole della scrittrice e attrice Goliarda Sapienza e dello scrittore Italo Calvino (narrati dalla voce fuori campo di Donatella Finocchiaro) Morabito ripercorre l'evoluzione di un borgo divenuto quasi leggendario, avvolto originariamente in un immaginario fantastico e ricco di pupi siciliani, satiri, mori, transitato poi per le redditizie attività di uno dei quartieri a luci rosse più noti del Mediterraneo, e rimasto infine (in seguito allo sgombero indotto dalla legge Merlin nel 1958 che sanciva la fine delle 'case chiuse') un quartiere diroccato, luogo di rifugio e ‘consolazione' per una grande quantità di prostitute e transessuali provenienti da tutta Italia.

Tra quelle vie anguste e ancora impregnate dall'odore di urina, vivono (dimenticati dalla società e forse in parte anche da Dio) i fantasmi di questa gente, la gente più emarginata ma ciò nonostante (e anzi proprio per questo) latrice di ricordi, emozioni, desideri infranti e vite vissute sempre nella penombra di una società che pare averla scordata con grande (troppa) facilità. Tra seni in bella vista, cosce scoperte, sessualità celate od orgogliosamente mostrate e volti struccati fino ad esser privati della loro identità, Morabito attraversa i vicoli di San Berillo portandone a galla le storie, quelle passate e quelle presenti, lasciando immaginare un futuro privo di segno, destinato forse nelle mani di una definitiva (s)figurazione e ricostruzione o rassegnato all'idea di un crescente oblio. In entrambi i casi, comunque destinato a essere qualcosa di estremamente diverso da quello che fu in origine. La forza e la debolezza di queste esistenze eccentriche e sottolineate da quell'evidente voglia di non passare inosservate, trova poi il suo parallelo o meglio il suo contrappasso nella storia di un Paese prima sventrato e poi divenuto proprio il simbolo di un'umanità variegata e ugualmente negletta. "Non esistono città felici e città infelici, ma città che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e città in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati" dice Italo Calvino in Le città invisibili e Morabito ce lo ripete tirando le fila di un epilogo che lascia intendere l'importanza di non lasciar spegnere la luce dei desideri, anche in quei luoghi dimenticati da tutto e tutti, là dove la luce sembra essersi spenta oramai da tempo eppure continua a brillare nella bellezza multicolore della vita.

I fantasmi di San Berillo Il catanese Edoardo Morabito (classe 1979) debutta alla regia con I fantasmi di San Berillo (premiato come Miglior Doc al Torino Film Festival 2013), opera che ripercorre il processo di graduale smarrimento e decadenza di un piccolo borgo del catanese divenuto luogo di rifugio per gente ai margini: prostitute, transessuali, traffichini. La voce e il senso del documentario vanno indagati in quel contrasto tra passato e presente e nella limpidezza dei racconti, delle speculazioni, delle memorie che le variegate esistenze di San Berillo custodiscono oggi come un tesoro. A un luogo obliato e alle sue esistenze neglette Morabito concede così il riscatto di una voce, un quadro, un’immagine, da lasciare ai posteri affinché (nel tempo) i fantasmi di San Berillo (e San Berillo stessa) possano continuare a vivere se non altro nel sottosuolo di una qualche memoria.

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