Recensione I Corpi Estranei

Filippo Timi padre disperato nel nuovo film di Mirko Locatelli

Recensione I Corpi Estranei
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Incentrato su un adolescente alle prese con la ricerca di una precisa identità sessuale, Il primo giorno d'inverno - presentato in concorso nella sezione Orizzonti presso la sessantacinquesima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia - segnò il debutto nella regia del lungometraggio per il milanese classe 1974 Mirko Locatelli, proveniente dall'universo dei documentari e degli short.
Con Filippo Timi nei panni di Antonio, il quale è arrivato a Milano, solo insieme al suo bambino Pietro, nel tentativo di trovare uno spiraglio di salvezza per il piccolo, affetto da una grave malattia, I corpi estranei rappresenta l'opera seconda del cineasta lombardo, il quale racconta: "Come raccontare la malattia di un bambino e il dolore di un padre? Con quali immagini? Ecco le prime domande che mi sono posto scrivendo I corpi estranei, come sempre insieme a mia moglie Giuditta Tarantelli, co-sceneggiatrice e co-produttrice dei miei film. Siamo partiti da due parole chiave: dignità e pudore. La dignità di Antonio, eroe silenzioso, lontano dalla famiglia per proteggere suo figlio; quella di Jaber, poco più che un ragazzino, che si muove quasi sempre nel buio, come fosse a guardia del corpo, ancora vivo, del suo amico Youssef; e quella di tutti gli uomini e le donne che lottano per la sopravvivenza, propria o dei propri cari, nella corsia dell'ospedale come tra i bancali di un mercato notturno. Il pudore, poi: quello che in fase di scrittura avevamo voluto appartenesse ai nostri personaggi, e con cui poi ho voluto raccontarli, come fossero protagonisti di un documentario, per tutelare i loro corpi, i loro sentimenti, i loro rapporti, quando si scrutano, si odiano, si aiutano o stanno fermi ad aspettare nella speranza che qualcosa, attorno a loro, possa cambiare".

Solo un padre

Il Jaber che, con le fattezze dell'esordiente Jaouher Brahim Ben Fredj, è un quindicenne migrato da poco in Europa e in fuga dal Nord Africa e dagli scontri della primavera araba.
Un quindicenne che, proprio come Antonio, si trova costretto a sostare in un ospedale che non incarna altro, in fin dei conti, che i connotati di una città nella città; man mano che la malattia finisce per rappresentare l'occasione per un incontro tra due anime sole ed impaurite, due corpi estranei - come il titolo suggerisce - alle prese con il dolore.
E sono le note del gruppo alternative rock dei Baustelle ad accompagnare l'oltre ora e quaranta di visione che, a tratti, sembra anche richiamare alla memoria alcune situazioni vissute dal Valerio Mastandrea protagonista de Gli equilibristi di Ivano De Matteo, riguardante, però, la triste situazione dei padri separati d'inizio terzo millennio.
Peccato che, a differenza della pellicola di De Matteo, il lungometraggio di Locatelli non riesca in alcun modo a trasmettere le sensazioni del dramma vissuto da Antonio; in quanto, mentre Timi svolge quasi un assolo su celluloide volto a valorizzare ancora di più le sue già apprezzate capacità di attore, lo spettatore non può fare a meno di sprofondare in un sonno liberatorio, stritolato dagli eccessivamente lenti ritmi di narrazione e da una messa in scena destinata a rimanere piuttosto fredda.
A penalizzare il tutto, poi, provvede anche un sonoro quasi incapace di rendere comprensibili i dialoghi.

I Corpi Estranei Un padre in cerca di salvezza per il proprio piccolo figlio affetto da una grave malattia e un immigrato africano costretto ad assistere in ospedale un amico sono le due anime sole ed impaurite destinate a incontrarsi nel secondo lungometraggio diretto dal milanese Mirko Locatelli, a cinque anni dal debutto Il primo giorno d’inverno (2008). Eppure, nonostante le drammatiche situazioni raccontate, l’insieme non riesce in alcun modo a coinvolgere lo spettatore, lasciandolo decisamente freddo davanti alle immagini e, soprattutto, profondamente annoiato.

4.5

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