Recensione Humpday-Un mercoledì da sballo

Recensione della commedia diretta da Lynn Shelton

Recensione Humpday-Un mercoledì da sballo
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Sorto nei primi anni del XXI secolo, il cosiddetto Mumblecore (chiamato dai giornalisti anche Bedhead cinema e Slackavetes) è un movimento americano che si è caratterizzato soprattutto per la produzione a bassissimo budget - spesso impiegando telecamere digitali - di film che riguardano essenzialmente i rapporti personali tra trentenni, con sceneggiature improvvisate e attori non professionisti.
Un movimento il cui nome è stato coniato da Eric Masunaga, audio editor di Andrew Bujalski, il quale, insieme a Joe Swanberg, Aaron Katz, Barry Jenkins, Mark Duplass e Jay Duplass, rientra tra i registi che ne fanno parte.
Come pure Lynn Shelton, la quale, dopo We go way back, del 2006, e What the funny e My effortless brilliance, realizzati due anni dopo, torna dietro la camera con questo Humpday che - aggiudicatosi il premio speciale della giuria presso il Sundance Film Festival e il premio John Cassavetes agli Independent Spirit Awards - vede protagonista proprio il già citato Mark Duplass.
L'attore, infatti, veste nel film i panni di Ben, sposato con Anna alias Alycia Delmore e la cui vita subisce una leggera scossa dal giorno in cui, alla sua porta, si presenta il vecchio amico del college Andrew, il quale, interpretato da Joshua Leonard, fa ora l'artista nomade viaggiando per il mondo.
I due, che riprendono presto la loro dinamica macho competitiva, una sera fanno tardi a una festa "dionisiaca" e, ritrovatisi intrappolati in una reciproca scommessa che prevedrebbe la loro partecipazione ad un festival porno-cinematografico per dilettanti, arrivano a una conclusione: l'unico hard "oltre ogni limite" che potrebbero fare insieme è un filmato in cui l'uno fa sesso con l'altro.

Amici per gioco, amici per sesso

Quindi, partendo dal modo in cui l'arrivo improvviso di un amico di vecchia data possa provocare una crisi d'identità, la Shelton costruisce i circa 95 minuti di visione che, continuamente sospesi tra il dramma e la commedia, sfoggiano il classico look delle produzioni indipendenti a stelle e strisce, tra luce priva di forzature fotografiche e abbondanza di riprese eseguite a mano.
E, mentre la moglie di Andrew cerca di capire cosa stia nascondendo il marito, sono tematiche come i limiti dell'intimità dell'amicizia tra maschi e il modo in cui il proprio mostrarsi può cambiare in presenza di persone diverse ad essere affrontati nel suo lungometraggio, di cui osserva: "Mi hanno sempre affascinato i confini dell'identità sessuale e quanto possano essere rigidi o fluidi. In Humpday-Un mercoledì da sballo la tensione drammatica - e l'umorismo scandalizzato - deriva dal fatto che, per quanto si credano selvaggi e aperti di mentalità, i due protagonisti sono così determinatamente etero che quando si spingono ai limiti della loro eterosessualità, ne restano profondamente sconvolti".
Ma, sebbene i primi minuti di visione (e la trama stessa) lascino immaginare risvolti imprevedibili e frizzanti, il film non sembra affatto mantenere la promessa, procedendo in maniera piuttosto ripetitiva e banale, per poi finire di deludere dopo i titoli di coda, quando una frase provvede a mettere in dubbio tutto quello che abbiamo visto.
A salvarsi sono soltanto i dialoghi, ma, per un giudizio complessivo, la pellicola necessiterebbe di una fruizione in lingua originale, in quanto le voci italiane dei due protagonisti, doppiati da Lillo e Greg, sembrano mantenere cadenza e spirito dei due comici nostrani.
In poche parole, è difficile capire se qualche risata ci viene strappata grazie a quanto scritto dalla regista o perché sappiamo che a pronunciare le battute è il duo-immagine del gruppo demenziale Latte e i suoi derivati.

Humpday Tirando in ballo la tematica dell’omosessualità, il film di Lynn Shelton vorrebbe affrontare un’amicizia che va oltre ogni limite, fino a generare una crisi d’identità. Ma lo fa attraverso un racconto per immagini che, seppur scandito da non disprezzabili dialoghi e ben interpretato dagli attori, si rivela sempre meno interessante e sempre più banale man mano che i fotogrammi avanzano. Fino a spingere a chiederci: "Ne sentivamo veramente bisogno?"

5.5

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