Hotel Gagarin: recensione del film di debutto di Simone Spada

Un gruppo di spiantati bloccati in un albergo in un'Armenia in guerra: Spada rende omaggio a Mediterraneo nel suo primo film da regista.

Hotel Gagarin: recensione del film di debutto di Simone Spada
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Un gruppo di uomini spediti su una remota isola greca, l'impossibilità di tornare a casa, la poetica della fuga: bastano questi pochi elementi per pensare subito a Mediterraneo di Gabriele Salvatores, premio Oscar per il miglior film straniero nel 1992. E Hotel Gagarin, opera prima di Simone Spada in uscita nei cinema italiani il 24 maggio, sembra voler riproporre quegli stessi ingredienti in chiave contemporanea. Nel suo film di debutto troviamo infatti cinque italiani - precari e spiantati in cerca di un'occasione - che vengono spediti in Armenia per girare un film. Appena arrivati nel remoto villaggio scelto per le riprese, però, il produttore sparisce con i soldi, lasciando i protagonisti lontani da casa e in un Paese improvvisamente in guerra. L'esilio forzato da prigione si trasforma in libertà, in un film che però resta troppo vago e superficiale, dalla scrittura poco incisiva e con personaggi appena abbozzati. Hotel Gagarin è un film che, nonostante le interessanti premesse, non funziona a 360 gradi. Vediamo perché.

Un cast importante per personaggi macchietta

In Hotel Gagarin non ci sono di certo attori alla loro prima esperienza: nel cast troviamo nomi come Claudio Amendola, Luca Argentero, Giuseppe Battiston, Silvia D'Amico. C'è persino Philippe Leroy in una piccola (ma significativa) parte. In realtà anche i personaggi sembrano promettere bene: c'è l'elettricista che fatica ad arrivare a fine mese (Amendola), c'è lo squattrinato pieno di debiti minacciato dai suoi creditori (Argentero); ci sono il professore che sogna di scrivere film (Battiston), la prostituta in cerca di riscatto e la truffatrice che resta a sua volta truffata. Sono persone comuni, tradite dalla società moderna e dalla crisi economica. Andando in Armenia sognano di dare una svolta alla loro vita, invece si ritrovano bloccati in un albergo di lusso dall'aria decadente - l'Hotel Gagarin del titolo - perché qualcuno ancora una volta si è fatto beffe di loro, un amministratore che ha intascato il finanziamento della Commissione Europea per produrre il film e ha deciso di fare fagotto con i soldi.
L'opera parte come una commedia carica di satira e ironia, di certo promettente, ma nella seconda parte fa un'involuzione: la scrittura si accartoccia su se stessa, prendendo uno spunto interessante senza però sfruttarlo appieno. Parliamo del sogno del cinema, che per gli abitanti del paese è una fantastica chimera. Al di là del pretesto antiquato che puzza un po' troppo di fardello dell'uomo bianco, l'idea di sfruttare costumi, trucchi e oggetti di scena per realizzare i sogni dei paesani ha un che di poetico. Eppure è uno spunto narrativo che viene trattato in maniera superficiale da una sceneggiatura svogliata, in cui l'evoluzione dei personaggi resta sempre poco approfondita. C'è chi si innamora, chi riscopre se stesso, chi trova la felicità in quel paesino lontano dall'Italia, eppure è tutto accantonato lì, come appena abbozzato.

Una sceneggiatura che non parte mai davvero

Alcune trovate fanno sorridere, altre lasciano perplessi. Nel complesso la direzione che Spada vuole dare al film è chiara e - almeno sulla carta - incisiva, eppure Hotel Gagarin sa di non finito. Nel suo rifarsi apertamente a Mediterraneo, il finale vuole porsi come omaggio al film di Salvatores, ma inevitabilmente crea un confronto impari da cui il film di Simone Spada esce sconfitto. Le interpretazioni dei protagonisti, per quanto appropriate, finiscono comunque con il riflettere una sceneggiatura incerta e priva di spessore. È nelle scene che ritroviamo nei titoli di coda che vediamo il vero potenziale del film, quel sogno visionario che solo il cinema può rendere reale - e che, purtroppo, in Hotel Gagarin non riesce mai a sbocciare veramente.

Hotel Gagarin Parte con delle buone premesse questo primo film di Simone Spada, ma nella seconda parte fa un'involuzione: i personaggi crescono ma i motivi della loro crescita restano appena abbozzati, e la poetica del trasformare in realtà i sogni degli abitanti del paese grazie alla magia del cinema non viene sfruttata appieno. Hotel Gagarin è un'occasione perduta, un assaggio di ciò che avrebbe potuto essere lo troviamo nelle scene inframmezzate ai titoli di coda: la vera poesia e il vero significato del film stanno lì.

5.5

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