Horse Girl, la recensione del film originale Netflix

Un thriller psicologico in cui Alison Brie interpreta una ragazza, vittima di paranoie e strani sogni, che ritiene di essere al centro di una cospirazione.

Horse Girl, la recensione del film originale Netflix
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I fratelli Duplass hanno creato una compagnia specializzata nel cinema indipendente a basso costo, settore in cui solitamente sono le idee a brillare rispetto alla scarna messa in scena. Basti pensare a una delle loro "creature" più famose, ossia il dittico mockumentary di Creep, dove Mark vestiva anche i panni dell'ambiguo protagonista. Con Horse Girl, nuovo titolo originale del catalogo di Netflix e presentato solo un paio di settimane fa al Sundance Film Festival, i consanguinei hanno lasciato carta bianca al regista Jeff Baena e all'attrice Alison Brie, risultando anche sceneggiatori di un film che va contro le logiche mainstream nella piena scia della scena indie d'Oltreoceano, utilizzando tematiche psicologiche e fantascientifiche in un contesto bizzarro e ricco di sorprese.

Tra sogno e realtà

La storia vede al centro della vicenda il personaggio di Sarah, mai del tutto ripresasi dal suicidio, un anno prima, della madre. La ragazza vive in un piccolo appartamento con la coinquilina Nikki, lavora in un negozietto di stoffe e oggetti per la casa e frequenta spesso il maneggio locale, dove ha un rapporto di profondo affetto con uno dei cavalli. Sarah però è drammaticamente sola, incapace di uscire dal proprio guscio e ossessionata dalla serie televisiva, a sfondo sovrannaturale, Purgatory. In occasione del compleanno, Nikki le presenta Darren, un amico del suo ragazzo, e tra questi e Sarah scatta subito un'incredibile sintonia.
Ma quando le cose sembrano rimettersi per il verso giusto, la protagonista comincia a essere vittima di strani fenomeni: il naso le sanguina in diverse occasioni, i suoi attacchi di sonnambulismo diventano sempre più frequenti e inizia a fare strani sogni dove sono presenti individui con i quali avrà a che fare nei giorni successivi. La giovane pensa così di essere vittima di un complotto e cerca di scoprire chi o cosa si nasconda dietro la sua particolarissima situazione.

Una ragione a tutti i costi

Horse Girl è uno di quei titoli capaci di spiazzare, lasciando confusi arrivati ai credits, dato che non si comprende bene il senso di quanto assistito nei cento minuti di visione. Il film ha infatti degli indubbi punti di fascino ma le eccessive contorsioni narrative, e in particolar modo un epilogo lasciato troppo alla libera interpretazione dello spettatore, rischiano di togliere fascino e intensità a un racconto che lascia molte domande in sospeso. Il regista è bravo a gestire toni e atmosfere, con un'inquietudine che cresce progressivamente e un lungo passaggio visionario nel terzo atto da ammirare per impostazione geometrica e prospettica, capace di esaltare l'impatto visivo anche a dispetto del limitato budget.
Allo stesso modo l'interpretazione di Alison Brie, star delle serie televisive Mad Men e GLOW (per la quale è stata candidata al Golden Globe), è solida e convincente, eternamente sospesa tra toni ironici e altri più amari e drammatici. I suoi deliri cospirazionisti la vedono impegnata in un tour de force dove sfodera il meglio in diverse occasioni.
Le pur potenziali metafore che si possono leggere attraverso un plot sempre più delirante lasciano così il tempo che trovano e le strampalate teorie di rapimenti alieni, dimensioni parallele e viaggi nel tempo sono accatastate alla rinfusa in un costrutto informe che incuriosisce e confonde allo stesso tempo.

Horse Girl Una visione sfuggente che sembra rincorrersi in una bizzarra struttura ellittica, lasciando però troppo in sospeso per risultare convincente. Horse Girl, prodotto dai Duplass Brothers e distribuito in esclusiva da Netflix, è un film ricco di spunti che non vengono esplorati a dovere, tra situazioni sempre più assurde che coinvolgono la stralunata protagonista, vittima di un'ossessione che si rifà a teorie cospirazioniste e viaggi temporali. La sceneggiatura, scritta a quattro mani dal regista Jeff Baena e dall'attrice Alison Brie (ottima nei panni di un personaggio così criptico e inquieto), tenta di mescolare ironia e dramma ma pecca proprio nelle presunte fasi chiave della storia, con un epilogo che arriva troppo presto e lascia molto, se non tutto, alla libera interpretazione del pubblico. Un vero peccato visto che alcune sequenze onirico-visionarie sono di grande fascino, soprattutto contando l'esiguo budget a disposizione, messe al servizio di una base narrativa eccessivamente ambigua.

5.5

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