Recensione High Rise

Un grattacielo nel quale si scatenano conflitti sociali è al centro di High Rise, adattamento del romanzo di J. G. Ballard diretto da Ben Wheatley.

Recensione High Rise
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Il dottor Robert Laing, da poco in lutto per la morte della sorella, si è trasferito in un avveniristico e popoloso grattacielo creato dal facoltoso architetto Anthony Royal, che lo ha costruito come uno spazio autosufficiente in grado di garantire il benessere ad ognuno degli inquilini: supermercati, palestre e quant'altro sono infatti situati ai diversi piani dell'edificio, spingendo gli abitanti ad uscire sempre di meno nel mondo esterno. Questo variegato microcosmo comincia però a vacillare quando i piccoli screzi tra gli inquilini dei piani più bassi e quelli dei piani più alti, la cui ricchezza è notevolmente maggiore, si trasformano in un'accesa tensione sociale. Laing, che ha nel frattempo instaurato una relazione con la madre single Charlotte, viene ben presto risucchiato dal senso di inquietudine e paranoia che aleggia nel luogo, nel quale giorno dopo giorno cominciano a mancare i viveri e si moltiplicato problemi di elettricità e nell'erogazione dell'acqua, ulteriori sintomi di un sistema all'imminente collasso.

Uomo mangia uomo

Si vociferava da oltre trent'anni di una trasposizione su grande schermo del romanzo Il condominio, pubblicato nel 1975 dal grande scrittore inglese J. G. Ballard, ma il via libera è scattato solo nel 2015 per la regia dell'apprezzato regista britannico Ben Wheatley, autore di cult recenti quali Kill List (2011) e A field in England (2013), qui coadiuvato come sempre in fase di sceneggiatura dalla moglie Amy Jump. Con High Rise ci troviamo dinanzi ad un'opera che rispetta con prepotente impatto la fonte originaria, trasformando una narrazione apparentemente legata inizialmente ad atmosfere inquiete memori de L'inquilino del terzo piano (1976) in un vero e proprio gioco al massacro di derivazione filo-distopica, trascinandoci nella seconda metà in un exploit di pura e cieca violenza, fisica e psicologica, che non risparmia niente e nessuno. Il senso di mistero che permea la prima parte, con alcuni passaggi dal forte tono surrealista, incentrata principalmente sull'arrivo dell'elemento "estraneo" Laing in una struttura sociale già delineata che lo pone come uomo tra i due mondi, un perfetto mix tra proletariato e alta borghesia, serve a presentarci con la giusta attenzione il numeroso gruppo di personaggi principali e secondari che prendono parte alla vicenda, tutta o quasi giocata sulla contrapposizione tra piani alti e bassi, perfetta metafora dell'attuale società odierna. In una struttura dove ognuno sa tutto di tutti e anche i muri hanno orecchie, Laing non comprende in pieno la deriva degli eventi e finirà anch'esso trascinato in quest'incubo atavico nel quale l'umanità torna progressivamente ad uno stato brado e primitivo in cui la violenza e la sopraffazione regolano il nuovo che avanza. Il cineasta regala sequenze visivamente appaganti, cogliendo al meglio le sfumature degli spazi geometrici e gestendo al meglio un ritmo narrativo in cui la tensione si infila ben presto in un vortice inarrestabile di pura e insensata follia. A dare credibilità ad una storia che racconta dell'assurdo per spiegare il reale ci pensa un cast delle grande occasioni che, oltre all'ottimo protagonista Tom Hiddleston, può contare su performance di altissimo livello da parte di attori del calibro di Jeremy Irons, Sienna Miller, Luke Evans e James Purefoy, mentre a suggellare quest'atmosfera via via sempre più torbida ci pensa l'avvolgente colonna sonora del maestro Clint Mansell.

High Rise Non era impresa da poco adattare con efficacia il romanzo cult di J. G. Ballard, ma il regista britannico Ben Wheatley ha realizzato un'opera affascinante e perturbante, prendendosi qualche ovvia libertà narrativa ma trasportando ottimamente su grande schermo le deviate e metaforiche atmosfere distopiche della fonte originaria. High Rise è un grande film, potente e coraggioso nella sua escalation di tensione e cieca violenza che permea tutta la seconda parte di visione, un perfetto organismo ad orologeria che scatena eventi e colpi di scena con i giusti tempi e modi, garantendo il giusto senso di mistero e regalando scorsi surrealistici di grande impatto stilistico, trovando in un cast in stato di grazia l'ulteriore punto di forza per raccontare questa storia di lotta sociale regredita allo stato primordiale.

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