Recensione Hatchet

L'horror "old school" di Adam Green è infine tra noi

Recensione Hatchet
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Old school american horror”. Così si presenta al suo pubblico Hatchet, film del 2006 che dopo varie peripezie viene infine importato anche in Italia dalla sempre attivissima One Movie.
Ma cosa vuole intendere l'autore e regista Adam Green con quel sottotitolo un po' naif? Semplice: che l'horror anni '80 è tornato, quello fatto di creature mostruose, vendicative e assassine, di ingenui (se non stupidotti) protagonisti adolescenti destinati al martirio e trame in cui la sospensione dell'incredulità è la prima regola. Un cinema semplice, di intrattenimento, ma che va a scavare le primarie paure dell'uomo: l'ignoto, il pericolo, la morte. Un cinema artigianale, fatto di pochi mezzi ma di tanta passione, tanto sudore e tanti effetti -poco- speciali realizzati rigorosamente a mano.
Quello di Hatchet è un genere che solo ultimamente sta venendo riscoperto, proprio grazie a divertenti film-omaggio come questo e Lesbian Vampire Killers (a quando un'edizione italiana di quest'altro gioiellino?), volti a ripristinare lo status quo di una volta con tanta ironia quanto sangue finto, e lontani anni luce dall' “evoluzione” che ha subito il genere dopo l'avvento di mille pessime riscritture occidentali di horror estremo orientali e ancor peggiori torture porn di natura squisitamente commerciale.

La leggenda di Victor Crowley

Nei pressi di New Orleans sorge una intricata e infida palude, chiusa al pubblico da quarant'anni. Una volta vi abitavano, in una capanna vicino a una sponda del fiume, un padre amorevole e un ragazzino nato, purtroppo, orrendamente deforme. Per questo il piccolo Victor veniva continuamente schernito dai suoi coetanei, finché un giorno lo scherzo divenne pesante, e dei petardi provocarono, incidentalmente, l'incendio della capanna dei Crowley con dentro il povero Victor. Il padre, nel disperato tentativo di buttar giù la porta con un'ascia, colpì il ragazzo, uccidendolo e condannando se stesso alla solitudine per il resto della sua vita. Da allora si sono verificate strane sparizioni nella palude, tanto da convincere la polizia locale a dichiarare l'area off limits. E si dice che, in certe notti, si possano sentire le urla dello straziato Victor riecheggiare dal folto della palude...

A new Legend is born

Il caso, o il destino, farà sì che un gruppo quantomai eterogeneo di persone si ritrovi insieme per una gita notturna in battello all'interno della palude, guidata da una sedicente esperta guida turistica , Shawn (Parry Shen). Fra i suoi componenti, l'ingenuo Ben (il Joel David Moore di Avatar) e il suo amico afro-americano Marcus (Deon Richmond), la bella e misteriosa Marybeth (Tamara Feldman), una coppia di mezz'età nonché un registucolo di quart'ordine, Shapiro (Joel Murray) determinato a girare qualche scena del suo filmino soft-porno nella palude, portandosi dietro le sue due attricette di punta, Misty e Jenna (Mercedes McNab e Joleigh Fioreavanti).
I guai, tuttavia, non tarderanno ad arrivare: il loro battello affonda, e sulla terraferma li sta aspettando, ascia alla mano...Victor Crowley (Kane Hodder)!

Old School fino al midollo

E' bene precisare subito una cosa: Hatchet non ha la benché minima pretesa di essere un film realistico, anzi “sensato”. Al di là dei toccanti retroscena del “mostro” protagonista della pellicola, lo spettatore non trova altro che personaggi (e interpretazioni) stereotipati e assolutamente sopra le righe, dialoghi dozzinali, e tanto 'sano' splatter vecchia scuola, condito qua e là da qualche allusione sessuale e mille rimandi e citazioni dei classici degli horror anni '80. E il bello del film è proprio questo: spegnete dunque il cervello e tornate ai tempi dei primi Nightmare e Venerdì 13, allo humour nero del Sam Raimi de L'armata delle tenebre, a quando bastava un po' di sangue finto e tanto lattice per “spaventare” lo spettatore che stava al gioco, senza alcun ausilio di computer grafica ed effetti di post-produzione.
Da questo punto di vista, il film è un piccolo gioiellino: è tutto volutamente cheap, esagerato, finto, eppure è esattamente quello che si faceva per realizzare un film medio del genere venticinque/trent'anni fa. Non si può non ridere di fronte alla ridicolaggine di certe situazioni o soluzioni, agli schizzi plasmatici palesemente lanciati con un secchio, alla goffaggine di un mostro della palude tanto limitato eppure così letale, e a protagonisti tanto stereotipati quanto idioti. Se fosse un film “serio” ci sarebbe da scappare dalla sala. Eppure, se si pensa che è tutto appositamente realizzato per questo scopo, se ci si siede virtualmente a fianco al regista a ridere insieme a lui delle sue trovate e delle intelligenti quanto palesi citazioni dei suoi horror preferiti, non si può che applaudire ad un qualcosa che più che un film, è un vero e proprio omaggio all'horror di maniera, una specie di atto d'amore nei confronti di un genere spesso oramai svilito e privato delle sue componenti originarie.

Hatchet Se non avete vissuto gli anni '80, o perlomeno i '90, se non conoscete o apprezzate i primi Nightmare e Friday the 13th, se per voi il sinonimo di Horror è Saw, lasciate pure perdere Hatchet, non fa per voi. Per coloro che hanno voglia di fare un tuffo nel passato e hanno amato attori come Robert Englund e Kane Hodder (che tra l'altro recitano anche nel film), invece, è quasi una visione obbligata: una di quelle rare occasioni per tornare ragazzini, e affrontare le stesse “paure” di un tempo.

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