Recensione Gueros

Alonzo Ruizpalacios firma con Güeros un 'on the road' ai confini della giovinezza. Rivoluzione reale e interiore convivono in questo ritratto iperrealista con punte di genio trattenute da una drammaturgia filmica non del tutto funzionale.

Recensione Gueros
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Nel Messico degli anni '90 Tomás è un adolescente ‘problematico'. Almeno, così lo vede sua madre che per levarselo di torno lo spedisce a casa del fratello Fede, universitario "di stanza" in un caseggiato popolare di Città del Messico e blandamente ‘impegnato' in attività di rivoluzione. Precipitato di colpo in quel disordinato e divertente vivere alla giornata, Tomás aderirà subito allo spirito goliardico di vita del fratello, indicando anche un probabile percorso da seguire grazie alla musicassetta che porta da sempre appresso. Un album che Tomás e il fratello hanno sempre adorato (un'adorazione mutuata dal padre e mai abbandonata), ovvero una compilation di Epigmenio Cruz, cantautore geniale e snobbato di matrice rivoluzionaria che (come apprenderanno da un trafiletto di giornale) ora pare gravemente malato. Reclutati per l'occasione anche il coinquilino di Fede (Santos), e una vecchia fiamma di Fede nonché rivoluzionaria incallita (Ana), i quattro giovani partiranno alla volta di un on the road svagato ai confini della giovinezza, lungo un percorso a ostacoli fatto di rivoluzioni più che reali personali ("essere giovani e non rivoluzionari è una contraddizione in sé") e di accadimenti, visioni, proiezioni. In più di un caso, il mondo esterno si rivolgerà a loro con l'appellativo Güeros, un termine comunemente utilizzato in Messico per indicare i bianchi, gli slavati, un titolo che più che una caratteristica estetica sembrerà rivelare il concetto identificativo di quella comitiva. Giovani, smaliziati, inesperti e ancora in ossequiosa lotta con il mondo, il loro Güeros rappresenta più che altro una tinta dell'animo, di status sociale, una gradazione poco intensa associata alla loro umanità sbiadita, ancora in divenire, e in qualche modo ancora lungi dal comprendersi, e compiersi.

"Revolutionary Road(s)"

Premiato con l'Orso d'oro come migliore opera prima al Festival del Cinema di Berlino 2014, Güeros del messicano Alonso Ruizpalacios (debuttante per il cinema ma con una solida carriera di regista teatrale alle spalle) ricompone giovinezza e lotta sociale in un film che dal bianco e nero vintage della fotografia si apre a un iperrealismo vivace, ricco di tonalità e che corre lungo una Revolutionary Road intima e collettiva. Il clima di contestazione, e sovversione in cui il regista messicano immerge i protagonisti del suo film fa infatti il paio con la ribellione estetica cui il film aderisce, inserendogli all'interno un ventaglio di tematiche che vanno dalla politica all'amore, dalla solidarietà alla "mitizzazione". Momenti bellissimi che aprono il varco a mondi a sé stanti (il campo agricolo, i confronti dialettici, la poesia, lo scambio finale con Epigmenio) e una dimensione narrativa da opera di formazione che si rivela come un mix tra la nouvelle vague e il cinema iperrealista di autori contemporanei come Kaurismaki, o Jarmusch. Un'opera dall'estetica del tutto anticonvenzionale che impenna la forma, ma sovrappone troppi fili, contenuti, tematiche, estremizzando il processo di accumulo e assottigliando (di contro) quello di comunicatività. Veri lampi di genio caratterizzano in ogni caso l'imperfetta ma esuberante opera prima di Ruizpalacios, un giovane cineasta in cui s'intravede il bagliore di un grosso potenziale artistico.

Gueros Premiato con l'Orso d'oro come migliore opera prima al Festival del Cinema di Berlino 2014, arriva nelle sale Güeros, opera prima del messicano Alonso Ruizpalacios. Racconto in bianco e nero, anticonvenzionale, dall’estetica iperrealista di una Città del Messico fine anni ’90 in cui s’incrociano gioventù e rivoluzione, spirito di ribellione e voglia di coesione. Una pagina di storia importante (quella dei moti studenteschi messicani) incarnata e rivelata da un’opera sovversiva sin dall'estetica.

6.5

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