Recensione Greetings from Tim Buckley

Penn Badgley interpreta con bravura Jeff Buckley e il suo difficile legame con il padre Tim

Recensione Greetings from Tim Buckley
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Immaginare l'interprete di Dan Humphrey nel complesso ruolo di Jeff Buckley sembrava quasi impossibile ma Penn Badgley è riuscito a superare le aspettative dimostrando una grande intensità e bravura nel gestire le diverse sfumature di un artista già entrato nella leggenda. Greetings from Tim Buckley non ripercorre con fedeltà i giorni trascorsi nel 1991 a New York da Jeff ma, come ha anche affermato il musicista Gary Lucas, permette di farsi un'idea della complessa e carismatica personalità del rocker e del suo incredibile talento musicale.

Nel 1991 Jeff Buckley (Penn Badgley) viene invitato a partecipare al concerto-tributo organizzato nella chiesa sconsacrata di St. Ann per celebrare la musica di suo padre Tim a distanza di 16 anni dalla sua prematura morte per overdose. Nonostante lo abbia incontrato solo una volta e provi dei sentimenti contrastanti nei suoi confronti, il giovane decide di andare a New York. L'entusiasmo e il rispetto che organizzatori e musicisti nutrono nei confronti di Tim amplificano il disagio interiore del figlio che, durante delle giornate dal grande impatto emotivo, si avvicina alla cantante Allie (Imogen Poots).
Tim Buckley (Ben Rosenfield), negli anni Sessanta, aveva lasciato da sola la moglie incinta per andare in tour insieme a un'amante, anche lei poi tradita con una ragazza conosciuta dopo un concerto proprio nella notte in cui stava nascendo Jeff.

Un complesso rapporto padre-figlio

Le due dimensioni temporali riescono a ricreare con la giusta drammaticità il legame emotivo e artistico che unisce padre e figlio. Il film mostra un Jeff Buckley ancora lontano dagli anni d'oro di Grace, mentre prende lentamente consapevolezza del suo enorme talento e affronta le ferite del passato. Greetings from Tim Buckley concentra infatti la sua attenzione sul bisogno di trovare delle risposte e superare il senso di abbandono, il dolore e la rabbia provate nei confronti di un genitore del tutto assente, troppo impegnato in studio di registrazione e a sfuggire ai propri demoni interiori. La sceneggiatura sceglie in modo intelligente una doppia fuga, dall'ingombrante ombra del padre e dalle responsabilità del formare una famiglia, per evidenziare il legame esistente tra Tim e suo figlio. Tra le sequenze migliori del film c'è lo scambio di battute durante il viaggio in treno tra Jeff e Allie in cui il ragazzo esprime la sua frustrazione nel veder celebrata da tutti una persona che non potevano veramente conoscere, che era stata vittima di abusi da piccolo e che per tutta la vita non aveva fatto altro che scappare da chi amava. Quella scena racchiude con grande semplicità la disperata voglia di capire e non cadere negli stessi errori da parte di un bambino cresciuto sentendosi rifiutato. Mentre Tim sembra impegnato a spezzare ogni possibile relazione, Jeff vuole invece trovare la forza di costruire qualcosa di positivo, di essere diverso da chi gli ha fatto del male e vede proprio in Allie un possibile approdo sicuro. Superando i confini tra finzione e realtà, il film si addentra nella dimensione personale dei due artisti con eventi verosimili e ben inseriti nel contesto.

Penn Badgley sorprende

A sostenere un film che avrebbe potuto scivolare in un'atmosfera stucchevole e fin troppo celebrativa è un Penn Badgley molto distante dal piuttosto anonimo protagonista conosciuto in televisione attraverso il serial Gossip Girl. L'attore sorprende con una performance intensa, ben calibrata tra inquietudine e luminosa creatività artistica. Badgley controlla le emozioni senza mai farle emergere in superficie grazie a un autocontrollo celato da risposte taglienti nei confronti del padre e da camminate senza meta per le strade di New York. Il lato più estroverso e carismatico di Jeff Buckley viene mostrato in modo irresistibile nella scena ambientata nel negozio di dischi, con un fantastico medley dei Led Zeppelin, e nella jam session a casa del chitarrista Gary Lucas, con cui poi darà vita all'album capolavoro Grace. Le buone capacità vocali del protagonista gli permettono inoltre di ricreare con la doverosa intensità la catartica interpretazione delle canzoni del padre Tim durante il concerto in suo onore. L'impresa quasi impossibile di rendere giustizia alle emozioni suscitate da Jeff Buckley nel 1991 quando intonò Once I was è stata superata da Badgley con bravura ed è difficile non commuoversi di fronte al significato simbolico della canzone nella vita del rocker.
Non bisogna dimenticare nemmeno le ottime prove di Imogen Poots, brillante e coinvolgente, e di Ben Rosenfield che ha incarnato con la giusta dose di malinconia e spregiudicatezza un artista dalla vita complicata in grado di tradurre in musica i suoi sentimenti e i cambiamenti della società durante gli anni Sessanta.

Un suggestivo viaggio musicale

Inutile dire che la colonna sonora di Greetings from Tim Buckley è una totale immersione nei capolavori di Tim Buckley, un artista in grado di spaziare in tematiche e generi musicali con straordinario talento. Il film propone una selezione di brani che rispecchiano poi la scaletta del concerto del 1991, la cui dettagliata ricostruzione offre una base solida per la trama dell'intero lungometraggio. Phantasmagoria in Two, Pleasant Street, Once I was, Morning Glory, Song to the Siren... sono veramente tanti i brani proposti che permettono di far scoprire anche alle nuove generazioni un cantautore purtroppo quasi del tutto dimenticato. Gli appassionati sentiranno la mancanza delle musiche di Jeff (è presente solo Lilac Wine e qualche accordo tratto da Grace), ma è più che comprensibile considerando la scelta di mostrare i giorni che precedono l'esordio del rocker.
Dal punto di vista tecnico, la regia di Daniel Algrant a tratti sembra incerta ma nell'insieme convince, mentre la fotografia di Andrij Parekh sa valorizzare al meglio la luminosità del deserto e della California, ben contrapposta a livello cromatico con la malinconia di una New York notturna e solitaria, tra cimiteri e zone periferiche.

Greetings from Tim Buckley Greetings from Tim Buckley porta sul grande schermo un racconto emozionante di scelte e rimpianti, di amore dato e negato, e di due vite profondamente legate pur essendo sempre state distanti. In attesa del tanto annunciato film biografico con protagonista Reeve Carney, Penn Badgley si dimostra un interprete in grado di incarnare con rispetto e bravura la personalità di Jeff Buckley, così piena di sfumature e ombre. La sceneggiatura l'ha aiutato nel suo difficile compito concentrando la storia nel periodo di tempo in cui il rocker era ancora sconosciuto, distante dalla popolarità internazionale e ancora alle prese con un capitolo così doloroso della sua vita come quello del rapporto col padre. La bravura dell'intero cast e l'intensità del film riescono a lasciare il segno, trascinando in un viaggio musicale tra le rovine lasciate da un rapporto padre-figlio doloroso fino all'epilogo ricco di positività e dolcezza.

7.5

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