Gods of Egypt, la recensione del film di Alex Proyas con Gerard Butler

Uno sguercio dio Horus con l'aiuto di un giovane mortale cerca di riconquistare il trono usurpato dal crudele e tirannico zio Seth.

Gods of Egypt, la recensione del film di Alex Proyas con Gerard Butler
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In un immaginario antico Egitto in cui gli dei dominano sulle sorti degli uomini, il crudele Seth, fratello minore di Osiride e re del deserto, uccide il consanguineo e si impadronisce del trono, accecando il nipote ed erede diretto Horus e costringendolo all'esilio. Per i mortali ha inizio un'era di schiavitù e il nuovo sovrano ha intenzione di ottenere un potere mai concesso a nessuno dei suoi simili entrando in possesso delle peculiarità delle altre figure divine, dando il via ad una scia di sangue che nessuno sembra in grado di fermare.
In Gods of Egypt ecco allora entrare in scena il giovane Zed, piccolo ladruncolo delle zone povere, che recupera uno degli occhi magici di Horus e, con la promessa che questi riporti in vita l'amata fidanzata Zaya, accetta di aiutarlo nella disperata impresa di opporsi allo spietato dittatore, dando il via ad un'incredibile avventura.

La caduta degli dei

Flop al botteghino e massacrato dalla critica, l'ultimo film di Alex Proyas nasce nelle intenzioni come il primo capitolo di una nuova saga, boicottata sul nascere dopo i deludenti incassi. Sulla carta Gods of Egypt aveva tutte le carte in regola per dettare nuove regole nel genere fantastico, ma le alte ambizioni di partenza si trovano ben presto a cozzare con una messa in scena kitsch giocante tutto sull'estetica e poco sulla sostanza, naufragando proprio in quelli che avrebbero dovuto essere i suoi punti di forza. Tralasciando le eccessive accuse di whitewashing, francamente inutili visto il tono dell'immaginaria vicenda, l'operazione pecca in una narrazione che cura in maniera grossolana il background e il cuore emotivo dei personaggi, adoperandosi in un tour de force di situazioni via via sempre più improbabili che rivoluzionano in chiave trash l'intera mitologia dell'antico Egitto. Eppure...eppure dietro questa carnevalata pretestuosa emergono sprazzi di quel che avrebbe potuto essere con una sceneggiatura più ragionata e attenta a gestire le dinamiche tra la varie figure divine: il regista de Il corvo (1994) non perde il vizio, in una sorta di ispirata presunzione, di osare dal punto di vista visivo concedendo scorci di un esaltante spettacolo a tema, trovando adeguato responso negli ottimi effetti speciali.
Creature di gargantuesche dimensioni, affascinanti duelli (con tanto di ralenty al seguito), gesta di sacrificio lasciano trasparire gli istinti di una strabordante avventura guardante più al cinema degli anni '90 che a quelle del moderno blockbuster commerciale, e anche le scelte più ridicole in apparenza come la cura delle prospettive per rendere gli dei più alti rispetto alle controparti umane acquista un vago senso ai fini del racconto. Le due ore di visione regalano così scorci suggestivi e momenti sicuramente avvincenti nonostante un impianto generale incapace di trovare una coesione duratura, demerito in parte da condividere con le interpretazioni perlopiù svogliate di un cast all-star che vede il Nikolaj Coster-Waldau di Game of Thrones opporsi al caricaturale e cattivissimo villain di Gerard Butler.

Gods of Egypt Imperfetto baraccone kitsch che rivoluziona la mitologia egizia in un calderone narrativamente incoerente, Gods of Egypt paga soprattutto i limiti di una sceneggiatura sfiorante il ridicolo involontario in più occasioni, tra personaggi caricaturali e risvolti poco verosimili anche all'interno di un contesto di stampo fantastico. Alex Proyas sfodera comunque istinti visionari tipici del suo cinema sempre e comunque al di fuori dei canoni, dando vita in diverse occasioni a sequenze suggestive ed affascinanti che sfruttano al meglio gli efficaci effetti speciali, tanto che inquadrate sotto una certa ottica le due ore di visione possono regalare un divertimento di trash ad alto budget non troppo distante dalle derive dei moderni, e spesso più fortunati, blockbuster contemporanei.

5.5

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