Recensione Gli invisibili

Richard Gere è protagonista de Gli invisibili, pellicola dura e spietata sulla condizione dei senzatetto newyorkesi diretto da Oren Moverman.

Recensione Gli invisibili
Articolo a cura di

Nel corso degli ultimi mesi i siti americani sono stati sommersi da foto di Richard Gere che vagava, conciato come un barbone, per le strade di New York, senza che nessuno lo riconoscesse o disturbasse. Una cosa piuttosto inusuale per un attore che è, a tutti gli effetti, uno dei volti più noti della Hollywood degli anni Ottanta e Novanta, protagonista di alcuni dei film più amati dal pubblico di tutte le età, icona e sex symbol di una generazione che ancora si ricorda di lui con affetto. Un set a cielo aperto che, con l'aiuto di un po' di trucco, è riuscito a dimostrare, prima dell'uscita ufficiale del film, l'intento di Gli invisibili, film diretto da Oren Moverman (The Messenger): raccontare come la società si costringa a non vedere quello che le succede attorno, soprattutto quando si tratta di qualcosa di sconveniente, a volte considerato addirittura scomodo e pericoloso. Due mondi che convivono e che si muovono in parallelo, incontrandosi più spesso di quello che si creda, perché basta davvero un attimo per passare dall'uno all'altro, ma nonostante ciò reciprocamente invisibili.

La vita si è dimenticata di lui

George (Richard Gere) è un uomo disperato che si ritrova a vagare per le strade di New York: senza meta, nessuna famiglia se non una figlia che lo ha rinnegato, senza lavoro, soldi e nessun obiettivo. La sua è una situazione che va avanti da anni ormai, eppure George sembra non essersi ancora convinto della realtà della sua condizione, ancora legato all'idea che si tratti solo di una situazione temporanea. Non riesce a creare dei legami neanche con i suoi simili e rimbalza da un letto all'altro, passando per gli uffici ministeriali e le loro lente e invalicabili burocrazie e la prigionia offerta dai cosiddetti rifugi per senza tetto. È un uomo dimenticato, invisibile, privo di ogni documento e di ogni cognizione della realtà della sua esistenza. E anche quando la devastante realtà degli emarginati come lui gli si para davanti, si ritrova incapace di reagire, impossibilitato a cambiare la sua situazione.

Procrastinare inosservati

Sicuramente un film particolare questo Gli invisibili, che si distingue da tanti altri per la precisa scelta registica di Moverman di non intervenire, almeno apparentemente, nella costruzione della narrazione. Richard Gere si muove sullo schermo completamente inosservato, senza imposizioni date dal movimento di macchina o dalle inquadrature: le macchine da presa, infatti, sono per lo più sistemate in angoli nascosti delle strade di New York e riprendono il protagonista da lontano, cercando di inserirlo sempre al centro della scena, pur nascondendolo tra i riflessi delle vetrine e le ombre della gente di passaggio. Moverman decide quindi di enfatizzare al massimo l'invisibilità dei barboni americani, seguendoli con disarmante distacco, osservandoli senza mai avvicinarsi a loro e inserendo nella loro società un personaggio che, proprio come la macchina da presa, è incapace di stabilire un legame vero con il prossimo. Il regista si sofferma a contemplare il suo personaggio di cui, tra l'altro, non ci racconta nulla. Per capire qualcosa del suo passato dobbiamo cercare freneticamente degli indizi che, spesso, non portano a nulla. E tutto quello che ci rimane sono solo domande, pensieri, supposizioni.

Gli Invisibili Lo scopo de Gli invisibili è quello di mettere in evidenza la condizione di invisibili e indesiderati che affligge i barboni di New York, attraverso il percorso di uno di loro. Il problema è che George, nonostante il suo disagiato stato sociale, non appartiene davvero a nessuna delle due società, incapace di stabilire dei reali legami con i suoi simili allo stesso modo del regista, che non riesce a creare nessuna connessione emotiva tra lo spettatore e il suo protagonista. Osservandolo staticamente da lontano, con l’occhio clinico di chi spia senza agire, non fornisce nessun elemento aggiuntivo che possa permetterci di entrare nella storia, empatizzare con una situazione oggettivamente tragica. Non ci viene raccontata nessuna storia, offerta nessuna risposta, presentata nessuna evoluzione. E il film rimane nella nostra memoria invisibile, esattamente come i clochard per il resto delle persone. Che sia questo lo stato che Moverman voleva creare? Neanche a questa domanda ci verrà data una risposta.

5.5

Che voto dai a: Gli Invisibili

Media Voto Utenti
Voti: 5
3.6
nd