Recensione Gladiatori di Roma

La Rainbow di Iginio Straffi arriva nuovamente al cinema con un film dal respiro internazionale

Recensione Gladiatori di Roma
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Il fusto e il mollaccione: ci sono sempre i due estremi in ogni situazione, compresa quella amorosa. Succede oggi, ma evidentemente succedeva così anche nell’Antica Roma dove il cuore di una fanciulla scatena la competizione tra queste due tipologie maschile. E non si tratta di un semplice scontro verbale, qui i due ragazzi scendono davvero nell’arena e si affrontano all’ultimo sangue. Sentite già la colonna sonora di Hans Zimmer in sottofondo e vi scorre davanti agli occhi l’immagine di Russell Crowe/Massimo Decimo Meridio?
Frenate un secondo, questa è proprio tutta un’altra storia... e per giunta animata. I Gladiatori di Roma 3D, in oltre 400 sale dal 18 ottobre per Medusa, rendono omaggio ai fasti del Colosseo ma in chiave moderna e a tratti “winxiana”. Se questo termine non esistesse, bisognerebbe inventarlo all’istante, cedendo ovviamente i diritti a Iginio Straffi, che delle fatine è il papà. La sua Rainbow, però, è decisa a fare il grande salto dall’età prescolare al pubblico 8-80, senza bisogno di alcuna magia (o quasi!). Basta rispolverare gli anni gloriosi della Roma Caput Mundi e ambientarvi una delle più ambiziose avventure d’animazione degli ultimi tempi...

L’IMPERO COLPISCE ANCORA

La storia, come accennato all’inizio di questa recensione, coniuga amore e guerra in salsa adolescenziale. Tutto ha inizio nel 79 d.C., durante l’eruzione di Pompei, quando il piccolo Timo (a cui presta la voce Luca Argentero) perde la mamma e viene adottato e portato a Roma da Chirone, capo della scuola di gladiatori più prestigiosa dell’impero. Il bambino cresce con sua figlia Lucilla (doppiata da Laura Chiatti): i due diventano inseparabili, almeno fino a quando la bimba non viene mandata in Grecia a studiare e si perdono di vista per quasi un decennio (entrambi tengono il conto esatto degli 8 anni, 10 mesi e 15 giorni lontani). Da allora Timo non si entusiasma più per nulla e passa il tempo a bighellonare con gli amici Mauritius e Ciccius anziché impegnarsi in accademia. È la classica schiappa sovrappeso che il belloccio di turno, Cassio, nipote dell’Imperatore, ama prendere in giro. Neppure di questo, a dire il vero, gli importa granché... almeno finché non scopre che il “rivale” è il promesso sposo di Lucilla. Per conquistarla deve batterlo e dare prova di valore: come fare? Semplice: si rivolge ad una coach fuori dall’ordinario, anzi “divina”, di nome Diana (con la voce di Belen Rodriguez) che a tratti ci ricorda Angelina Jolie/Lara Croft.

L’impero della casa di produzione Rainbow CGI Animation Studio è pronto ad espandersi con un prodotto adatto a tutte le età, capace di mescolare il fascino dell’Antica Roma con un sapore di innegabile modernità, un cocktail che evidentemente agli Stati Uniti piace moltissimo. Lo prova il debutto in oltre 3000 sale a stelle a strisce previsto per la primavera del 2013, che si aggiunge ad altri 30 Paesi che nel mondo hanno già acquistato il lungometraggio. Il merito va anche a Michael J. Wilson, sceneggiatore di Shark Tales e L’era glaciale, che ha regalato alla pellicola un respiro più internazionale.

Gladiatori di Roma Quando Timo canta Jovanotti ti rendi conto che questo film è tutta un’altra musica rispetto alle aspettative. Se lo trovi divertente, allora sei nel posto giusto, altrimenti (sappilo!) ti sentirai fuori luogo per tutto il film, che invece è ricco di rimandi, citazioni e omaggi pop tutti da scoprire e da gustare. Rainbow ce l’ha messa tutta e si vede: ha dimostrato di poter coltivare progetti diversi dalle Winx con ambizioni ancora più elevate e merita un applauso per questo tentativo coraggioso, ammirevole e a tratti persino stravagante. E non solo per il riferimento malizioso alla pillolina blu...

7

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