Ghost in the Shell: Recensione del film con Scarlett Johansson

Troppa umanità e troppo poco cyberpunk nel live-action di Rupert Sanders Ghost in The Shell. Ecco la nostra recensione.

Ghost in the Shell: Recensione del film con Scarlett Johansson
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Che fondamentalmente Ghost in The Shell voglia essere un estetico omaggio all'encomiabile opera di Masamune Shirow lo si capisce nella seconda metà del film, e precisamente nel momento in cui - per motivi che non è il caso di anticipare - viene pronunciato il nome di Motoko Kusanagi, ovvero quello che proprio Masamune Shirow aveva scelto per il suo personaggio, dopo che per gran parte della pellicola la protagonista è stata chiamata senza apparente motivo Mira Killian Kusanagi. È in quell'istante, commovente e catartico, che tutto torna e trova un suo senso narrativo, mentre la rabbia di chi ha amato i manga del "giovane guerriero" fumettista giapponese e gli anime diretti di Mamoru Oshii va a scemare, tanto che è possibile fare pace con l'idea che alla fine il live-action con Scarlett Johansson altro non sia (e forse altro non poteva essere) che l'unico modo per spiegare e rendere fruibili a un pubblico mainstream le profonde tematiche post-cyberpunk su cui quel genio di Masamune Shirow ha basato la sua prolifica carriera.

Ghost in The Shell (remix)

La trama del live-action Ghost in The Shell è un vero e proprio mashup di più opere del franchise. Se inizialmente, infatti, il film sembra voler ricalcare alla perfezione l'anime del 1995 è possibile trovare all'interno del plot alcuni personaggi e scene che invece provengono da altre fonti come, in particolare, il personaggio di Kuze interpretato da Michael Pitt è ispirato all'omonimo cyborg che compare nell'anime Ghost in the Shell: Stand Alone Complex - 2nd GIG. Fondamentalmente, infatti, quello che racconta il lungometraggio di Rupert Sanders è una storia quasi inedita che vede come protagonista il Maggiore la quale, proprio grazie all'incontro con il terrorista ricercato dalla Sezione 9 Kuze, andrà alla ricerca del suo agognato passato e scoprirà una terribile ma liberatoria verità.

Il Maggiore Scarlett

Sono state tante le polemiche inerenti alla scelta di Scarlett Johansson per il ruolo della protagonista di Ghost in The Shell, la maggior parte delle quali legate ad accuse - infondate - di whitewashing. Il vero limite della Diva Scarlett, infatti, non è tanto quello di essere una donna di sembianze caucasiche, dato che anche il Maggiore disegnato da Masamune Shirow non ha tratti palesemente orientali, ma quello di essere una donna, per quanto bellissima, decisamente minuta. La protagonista degli anime a cui questo film di Ghost in The Shell vuole fare in parte riferimento, infatti, è un soldato con una corporatura imponente che rende coerente - pur trattandosi di un cyborg - la potenza della sua forza. La Johansson, purtroppo, soprattutto nelle scene di combattimento e in quelle più fisiche risulta inadatta al ruolo di Mira per quanto, invece, sia in grado dal punto di vista recitativo di palesare in pochi sguardi e gesti il tormento interiore di un personaggio, dotato di "ghost" e quindi di "anima", che non è in grado di sentire il suo corpo, di accettare il suo presente proprio perché orfana dei ricordi di un passato capace di renderla unica, e non solo in quanto primo esperimento riuscito.

Il futuro immaginato è presente

Per quanto sia, come su detto, davvero una pellicola atta principalmente ad avvicinare gli spettatori meno affascinati dalla filosofia post-cyberpunk al meraviglioso mondo di Masamune Shirow, Ghost in The Shell ha dalla sua la capacità di aver quantomeno ricreato alla perfezione le splendide ambientazioni futuristiche immaginate dal fumettista. Per il resto il film altro non è che un buon action del già visto che piacerà tantissimo, forse proprio in virtù dei continui spiegoni che rendono più comprensibili alcune delle tematiche e dei passaggi mentali della protagonista, a chi non si è mai interessato a un certo tipo di universo. Buon per loro.

Ghost in the Shell Atteso e oggetto di tantissime polemiche, Ghost in The Shell è un film che dividerà nettamente il pubblico e che sicuramente verrà amato dagli appassionati dell'action e detestato da chi, invece, è figlio intellettuale (e un po' snob) delle originali opere di Masamune Shirow. La verità è che la pellicola di Rupert Sanders altro non vuole essere che il, forse troppo semplicistico, omaggio all'universo del fumettista del quale cita più fonti. Nonostante gli evidenti limiti squisitamente filosofici, la pellicola riesce a trasporre sul grande schermo quantomeno le ambientazioni immaginate dall'autore e a dare una mediocre infarinatura delle tematiche più care alla cultura post-cyberpunk. Chiedere di più, effettivamente, è lecito ma per un film così sfacciatamente maistream non necessario.

6.5

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