Recensione Gabrielle - Un Amore Fuori dal Coro

Louise Archambault dipinge con sensibilità il ritratto di un personaggio femminile 'fuori dal coro'

Recensione Gabrielle - Un Amore Fuori dal Coro
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Gabrielle (Gabrielle Marion-Rivard) vive nel Quebec, ha poco più di vent'anni, un grande spirito di indipendenza e una voce angelica che l'ha resa la "star" del coro di cui fa parte. Gabrielle, inoltre, è profondamente innamorata di Martin (Alexandre Landry), un ragazzo che canta nel coro insieme a lei e che ricambia appieno il suo affetto. Fin qui, la vita di Gabrielle non sembrerebbe avere nulla di straordinario: se non fosse che la giovane ha la Sindrome di Williams, una malattia genetica che comporta un decifit mentale, ma al contempo anche un carattere molto aperto e socievole. Sophie (Mélissa Désormeaux-Poulin), la sua sorella maggiore, avverte la responsabilità di prendersi cura di Gabrielle, benché sia in procinto di partire per l'India per raggiungere il fidanzato. Gabrielle, intanto, sta sperimentando l'idillio del suo primo amore insieme a Martin, anch'egli affetto da un ritardo mentale; almeno fino a quando il loro desiderio di una "normale" relazione non si scontra con i timori e i pregiudizi della madre di Martin (Marie Gignac).

L'Educazione Sentimentale di Gabrielle

Secondo lungometraggio della regista e sceneggiatrice Louise Archambault, a ben otto anni di distanza dal precedente Familia, Gabrielle ha saputo conquistarsi i favori della critica e degli spettatori: ha ricevuto il premio del pubblico alla scorsa edizione del Festival di Locarno, si è aggiudicato il Genie Award come miglior film canadese del 2013, insieme al premio per la sua protagonista, Gabrielle Marion-Rivard (la quale ha davvero la Sindrome di Williams, come il personaggio a cui ha dato il nome), ed è stato selezionato come rappresentante del Canada per l'Oscar come miglior film straniero. Un successo strettamente legato alla delicatezza e alla sensibilità con le quali la Archambault ci racconta l'universo emozionale di Gabrielle: un universo quanto mai complesso, ma nel quale si colgono gli echi di tutti i canonici sentimenti che caratterizzano quel difficile periodo di passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Sentimenti che, per Gabrielle, risultano talvolta di difficile gestione - quando non addirittura esasperati - proprio a causa di quella supposta "diversità" che limita le libertà individuali della ragazza, o che trasforma i consueti ostacoli della giovinezza in prove dolorose o apparentemente insormontabili.

Gabrielle e Martin

La Archambault, tuttavia, evita con intelligenza le asprezze del melodramma, optando invece per un approccio realistico ed una linearità narrativa che si rivelano comunque funzionali al percorso del film. L'empatia nei confronti di Gabrielle è suscitata in maniera spontanea, senza forzature, alternando la prospettiva della protagonista a quella più "adulta" e consapevole della sorella Sophie o della loro madre (Isabelle Vincent), comprensibilmente divisa fra l'istinto protettivo e la consapevolezza di dover concedere a Gabrielle una peculiare forma di indipendenza. La sostanziale semplicità della pellicola, che evita i conflitti aspri o le scelte potenzialmente "sgradevoli", trova il suo contrappunto nel pudore e nella dolcezza con cui la regista mette in scena la storia d'amore fra Gabrielle e Martin, contraddistinta dal singolare connubio fra un'innocenza quasi "infantile" e le ovvie pulsioni di una sessualità vissuta con curiosità, naturalezza e con un timido ma insopprimibile romanticismo. Un romanticismo che passa anche - e soprattutto - attraverso la musica, ancora una volta veicolo privilegiato per esprimere se stessi e la propria unicità.

Gabrielle - Un Amore Fuori dal Coro Louise Archambault dipinge con sensibilità il ritratto di Gabrielle, una ragazza affetta dalla Sindrome di Williams e impegnata ad attraversare un’educazione sentimentale che può rivelarsi complessa o gravata da numerosi ostacoli: la regista e sceneggiatrice canadese, tuttavia, evita la strada del pietismo per costruire invece un film basato sulla spontaneità della messa in scena e sulla delicatezza del racconto.

7.5

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