Fullmetal Alchemist: la recensione del film live action su Netflix

Una trasposizione live action visivamente fedele ma narrativamente e tecnicamente scialba, se confrontata con il capolavoro originale.

Fullmetal Alchemist: la recensione del film live action su Netflix
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108 capitoli, 27 volumi. Più di 100 episodi per due serie anime, una più scialba e fuorviante, l'altra un capolavoro della serialità animata nipponica. Una sfilza di OAV piuttosto interessanti e riempitivi, una lista ancora più lunga di videogiochi. Fullmetal Alchemist si è affermata come una delle opere più visionarie e profonde della cultura pop emersa dalla terra del Sol Levante durante lo scorso decennio: l'opera fumettistica originale è firmata da Hiromu Arakawa ed è considerata tutt'oggi una delle pietre miliari del genere, capace di rimanere impressa nel cuore e nella mente degli appassionati e dell'industria audiovisiva con una forza stratosferica. Fullmetal Alchemist è una creatura a dir poco mastodontica, un mix decisamente geniale che riesce ad amalgamare il fascino del fantasy con l'epica del genere battle shonen giapponese, il tutto calato in un contesto storico ispirato all'assetto geo-politico della prima metà del Novecento, un racconto intimo e toccante che sfiora il romanzo di formazione sul filo di una sceneggiatura intrisa di mistero e simbolismi. Un'epopea che pone al proprio centro l'affetto fraterno, i valori della famiglia, dell'amicizia e dell'amore, la demonizzazione della morte di fronte all'esaltazione della vita. Il sacrificio e il riscatto, la caduta e la risalita.
Fullmetal Alchemist, insomma, è considerato da pubblico e critica come un capolavoro dell'entertainment nipponico e, per questo, la notizia di un film live action in produzione e in uscita nel 2018 - soprattutto dopo l'esperienza del non proprio esaltante Death Note di Netflix - ci ha un pochino spaventato. Convogliare un'opera del genere in una pellicola della durata di poco più di due ore non era certo impresa da poco, ma le immagini e i trailer rilasciati lasciavano intravedere qualcosa che avesse un minimo di potenziale: finalmente il lungometraggio di Fumihiko Sori è approdato proprio su Netflix e, al termine della visione, purtroppo non possiamo ritenerci pienamente soddisfatti del risultato.

Un'opera senza tempo

"Senza sacrificio, l'uomo non può ottenere nulla. Per ottenere qualcosa, è necessario dare in cambio qualcos'altro che abbia il medesimo valore. In Alchimia, è chiamato il principio dello Scambio Equivalente. A quel tempo, noi eravamo sicuri che fosse anche la verità della vita". È l'incipit con cui Alphonse Elric, nella serie anime di Fullmetal Alchemist, presenta quello che è il principio che sta alla base delle leggi che regolano il mondo partorito dalla mente dell'autrice dell'opera. La storia ci cala nella nazione di Amestris, un mondo dalla derivazione chiaramente europea, ispirato agli scenari germanici di inizio Novecento: il governo di Stato esercita una forte pressione sia sulla nazione che su quelle limitrofe, dando vita a numerosi conflitti con i Paesi confinanti come la sanguinosa guerra di Ishbar, che scoppiò a causa di un incidente e che segnò per sempre le vite di alcuni dei protagonisti. In un mondo del genere, a governare l'equilibrio tra vita e morte è proprio l'alchimia: un principio che si pone a metà strada tra scienza e magia, alle cui fondamenta si trova proprio il principio dello scambio equivalente, che impone di poter trasmutare qualcosa (sfruttando l'alterazione della superficie terreste e la capacità di plasmare la materia) solo in cambio di qualcos'altro di pari valore. Le severe leggi dell'alchimia, i cui maggiori esponenti sono gli Alchimisti di Stato - individui dai grandi poteri, sfruttati dal rigido governo comandato dal Fuhrer come armi belliche - impongono che trasmutare gli esseri umani è cosa proibita (il perché, per i più acuti, è esplicato proprio dal principio dello scambio equivalente), ma questo i piccoli e ignari fratelli Elric non lo sapevano. Fullmetal Alchemist è la storia di Edward e Alphonse, due piccoli geni che un giorno - già orfani di padre, abbandonati in tenera età dal loro genitore partito per chissà dove - perdono la madre a causa di una grave malattia e decidono quindi di riportarla in vita studiando le leggi dell'alchimia.

L'esperimento, tuttavia, si rivela un fallimento e, dopo aver evocato una creatura mostruosa che risulta solo l'ombra di ciò che era la bella Trisha Elric, le crudeli leggi di questa scienza portano via il corpo di Al e la gamba sinistra di suo fratello maggiore. Ed, eroe del nostro racconto, sceglierà di sacrificare un altro arto, questa volta il braccio destro, per riportare indietro il suo amato fratellino, ma riesce a recuperarne solo l'anima e a rinchiuderla in una nerboruta armatura d'acciaio. Anni dopo Edward, diventato un Alchimista di Stato e forte di un braccio e una gamba metallici (possibili grazie a delle incredibili protesi chiamate Automail), viaggerà con suo fratello Alphonse alla ricerca dell'unico strumento che gli permetterà di scapolare lo scambio equivalente e restituire a entrambi i loro corpi e arti originari: la pietra filosofale. Nel corso del loro viaggio i due protagonisti si ritroveranno di fronte a delle verità oscure e terribili, cospirazioni governative e tradimenti che costituiranno un importantissimo processo di formazione.

In carne e ossa

Quanto esplicato finora è il fulcro della trama di Fullmetal Alchemist: l'opera originale, così come la sua trasposizione anime principale intitolata Fullmetal Alchemist: Brotherhood, sottopone a lettori e spettatori una scrittura attenta, un immaginario favoloso e una caterva di emozioni, sentimenti e rivelazioni che colpiscono duramente nell'animo di chi vi si approccia.

Di tutto questo il film live action sceglie di trasporne una parte minima, portando su schermo con attori in carne e ossa soltanto - approssimativamente - un terzo della storia originale, con netti tagli non soltanto alla sceneggiatura ma persino al pittoresco cast di personaggi, centellinando il racconto e i comprimari a disposizione (compreso, addirittura, qualche villain) e sacrificando il tutto alle esigenze filmiche e allo spazio decisamente risicato di appena 2 ore e 15 di pellicola. Sia chiaro, era ampiamente difficile condensare un'opera dal respiro così ampio in un minutaggio così risicato, e per certi versi la creatura di Fumihiko Sori cerca di fare il meglio possibile con i mezzi a disposizione, ma il responso finale non potrà quasi in alcun modo lasciare soddisfatti gli amanti dell'opera originale di Hiromu Arakawa o di Studio Bones, per quanto riguarda il paragone con la trasposizione animata o con il fumetto di riferimento.

Il film, soprattutto nella sua prima parte, riesce a trasporre piuttosto fedelmente ciò che avviene nei primissimi volumi del manga, ma già dai minuti successivi della pellicola si evince la necessità di aver dovuto applicare dei grossi tagli alla sceneggiatura originale: lo dimostrano, per esempio, l'entrata in scena di personaggi come Roy Mustang o il ruolo affidato ad alcuni antagonisti come il folle Shou Tucker. Ma a pesare davvero, nell'economia del giudizio finale, non sono stati tanto gli accorgimenti alla sceneggiatura utili a riassumere certi eventi, quanto piuttosto le omissioni vere e proprie dal cast di personaggi o dagli eventi narrati: dal film live action di Fullmetal Alchemist risultano totalmente assenti figure chiave come Hohenheim, alcuni Homunculus (portando su schermo soltanto Lust, Gluttony ed Envy), senza contare che l'origine degli stessi umanoidi creati con la pietra filosofale non riceve una spiegazione vera e propria; finanche altri attori chiave come King Bradley, qui sostituito con un espediente tanto semplice quanto scialbo, Izumi Curtis e Scar sono stati clamorosamente esclusi, relegando a uno scarno parco di personaggi essenziali il durissimo compito di reggere da soli l'intera narrazione.

Ne risultano, da qui, risvolti prevedibili e forzati, senza contare che la caratterizzazione psicologica di alcuni dei protagonisti proprio non riesce a emergere rispetto al materiale originale, figlia com'è di una scrittura e un'evoluzione dettate dalla serialità garantita dal manga o dalla serie televisiva. Una scialba e piagnucolona Winry, mal interpretata da Tsubasa Honda , è solo l'ombra della figura forte e matura che - tra una lacrima e l'altra - è possibile trovare nella versione cartacea o animata, così come risulta soltanto Edward l'unico personaggio davvero esplorato dal punto di vista introspettivo, relegando il buon Alphonse (le cui fattezze, c'è da dirlo, sono state riprodotte ottimamente e con dovizia di particolari) a un ruolo eccessivamente secondario.

Uno Scambio Equivalente sbagliato

Il live action di Fullmetal Alchemist disponibile su Netflix sfoggia, ovviamente, anche qualcosa di buono: come detto, la prima metà della pellicola - prima che emergano, insomma, tutti i tagli e la superficialità dimostrata nei confronti del materiale originale - risulta di buon livello, impreziosita da un buon parco di effetti speciali e sequenze di azione tutto sommato accettabili.

Tuttavia, nella seconda parte, oltre alla sceneggiatura e alle idee di regia, è anche il comparto tecnico che viene meno, scadendo in un paio di soluzioni di computer grafica - come le animazioni di Gluttony o gli orripilanti fantocci umanoidi - che in alcuni frangenti ci sono apparsi francamente imbarazzanti e non all'altezza di una produzione cinematografica. La sensazione generale, purtroppo, è che l'investimento nel progetto e il budget a disposizione non fossero altissimi, e per questo motivo la produzione non ha potuto garantire la stessa qualità visiva - in termini non soltanto di effetti speciali, ma anche di trucco e costumi - per tutta la durata della pellicola. A ciò si aggiungono alcune scelte di cast non proprio esaltanti, a partire dall'aspetto del protagonista che - al netto di un'ottima performance recitativa - ci è sembrato più un tentativo più o meno riuscito di cosplay che altro. In generale non ci sentiamo di condannare totalmente un cast altalenante che - preso atto del fatto che pur sempre di produzione giapponese si tratta - forse avrebbe dovuto includere interpreti dai tratti europei e non orientali.

In conclusione, al netto di luci e ombre, è possibile salvare una produzione come il live action di Fullmetal Alchemist? A nostro parere, purtroppo, no, o perlomeno non del tutto: quando si parla di un'opera così grande e visionaria, dal respiro così ampio e dalla scrittura così attenta, il confronto con l'opera originale è - al netto di ogni legge che regola il lavoro di trasposizione - imprescindibile ed essenziale. Il film di Fumihiko Sori compie dei gravi errori in fase di sceneggiatura, omettendo alcuni degli elementi chiave della "Lore" costruita dall'autrice del manga e persino lasciandone incompleti altri che invece abbiamo ritrovato in questo live action. Resta la godibilità di un prodotto quasi sufficiente dal punto di vista tecnico, ma che potrebbe risultare interessante solo dai profani dell'opera originale, oppure da chi (al pari della prima, alternativa ma scialba serie anime del 2003) trarrà piacere nel guardare qualcosa di diverso dal materiale originale: un film che potrebbe ricevere un sequel, come affermano le voci provenienti dal Giappone e come suggerisce un finale eccessivamente aperto e una scena post-credit piuttosto esplicativa. Ma, se lo Scambio Equivalente impone di dover offrire qualcosa del valore medesimo di ciò che si desidera creare, anche il film su Netflix - al pari dei fratelli Elric - ha frainteso la Verità della vita.

Full Metal Alchemist Movie L'Alchimia secondo Netflix è un buon omaggio visivo all'opera originale di Hiromu Arakawa, vero e proprio capolavoro senza tempo del mondo dell'entertainment nipponico. Purtroppo, al netto di una buona recitazione da parte del suo attore protagonista, i pregi del live action di Fullmetal Alchemist si fermano qui: la trasposizione a opera di Fumihiko Sori ci mette tanto cuore nel provare a portare su schermo, con attori in carne e ossa ed effetti speciali ben riusciti soltanto nella prima parte di pellicola, una storia dal respiro ampio e dalla scrittura profonda. Tuttavia, le esigenze derivate dal minutaggio filmico fanno sì che il prodotto finale risulti scialbo, privo di un'anima e contraddistinto da tagli e omissioni piuttosto gravi in fase di sceneggiatura. Mancano all'appello spiegazioni e comprimari che potrebbero comparire in un futuro sequel, considerando il finale aperto del film; ma se, a oggi, dovessimo valutare la produzione per quello che è, diremmo che il nuovo live action di Netflix tratto da un'opera manga e anime ha tradito quasi ogni legge dello Scambio Equivalente.

5.5

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