Recensione Fruits of Faith

Il prolifico Yoshihiro Nakamura alle prese con l'agricoltura biologica

Recensione Fruits of Faith
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La terza edizione della Rassegna di Cinema Giapponese di Firenze si apre con l'anteprima mondiale di Fruits of Faith (Kiseki no Ringo) di Yoshihiro Nakamura, prolifico autore giapponese che nell'arco di nove anni ha già prodotto ben diciassette pellicole, occupandosi della sceneggiatura di bene sette di esse. La sua carriera è iniziata come quella di tanti altri registi: tra le braccia del genere orrorifico. In poco meno di due anni gira quattro film e una serie televisiva horror riuscendo a distaccarsi finalmente dal genere con il suo sesto film, la commedia Route 225. La sua produzione si fa così più varia e Nakamura passa agilmente dalla commedia al dramma fino al thriller d'azione. Gira inoltre due medical thriller ispirati alla serie di romanzi dello scrittore Kaido Takeru sul Team Batista, élite di medici specializzati nel trapianto di cuore che cova oscuri segreti, ma il suo passaggio nel mainstream avviene con Kaibutsu-Kun The Movie, versione live-action dell'omonimo manga di Fujiko Fujio noto in Italia con il titolo di Carletto Principe dei Mostri. Ospite fisso di numerosi festival in giro per il mondo, tra cui il nostrano Far East di Udine, il regista è più che apprezzato dalla critica e dal pubblico. La sua ultima opera è forse una delle meno riuscite e difficilmente riuscirà a far impazzire la critica. Ma col pubblico è tutto un altro discorso, infatti il film contiene numerosi elementi che riusciranno senz'altro a trasformarlo in un campioni di incassi. Agli asiatici, si sa, piace la commistione dei generi e le virate fortemente patetiche e tragiche.

Le mele miracolose

Akinori Kimura è sempre stato una persona particolare: fin da bambino doveva capire assolutamente i meccanismi alla base del funzionamento degli oggetti quotidiani. Non stupisce quindi che sia diventato un affermato salaryman dedito all'abbattimento dei costi per una grande azienda invece di intraprendere la via dell'agricoltura come i suoi familiari. Ma quando una tremenda calamità distrugge i meleti di proprietà della famiglia l'uomo decide di tornare a casa ad Hirosaki, nella prefettura di Aomori. Qui accetta un matrimonio combinato che lo vede andare in marito a Mieko, una vecchia compagna di liceo, proprietaria insieme al padre di quattro grossi meleti. L'amore sboccia subito e i due iniziano una tranquilla vita come agricoltori, ma presto Akinori scopre la terribile allergia ai pesticidi che affligge la moglie, obbligandola a letto per diverse settimane ogni volta che questi vengono vaporizzati nell'aria. Nasce così nel trentenne la volontà di creare una coltivazione biologica di mele, senza l'uso di pesticidi né fertilizzanti. La sua decisione porterà la famiglia verso delle terribili difficoltà economiche che rischieranno di spezzare quegli stessi legami familiari che hanno spinto l'uomo verso la coltivazione biologica. Abbandonato dagli amici e dalla famiglia l'uomo è pronto a suicidarsi, ma un miracolo è dietro l'angolo...

Non è ancora il tempo delle mele

L'agricoltura biologica è ancora fortemente osteggiata in Giappone nonostante uno dei suoi più grandi fautori, Masanobu Fukuoka, sia originario di quelle terre. Autore di libri come La rivoluzione del filo di paglia, Fukuoka è stato uno dei primi ad unire l'agricoltura al concetto buddhista del Mu (traducibile in “senza” o “nessuno”) riportando i campi il più vicino possibile allo stadio naturale senza alcuna ingerenza da parte del coltivatore. Ecco così la mancanza di pesticidi ma anche di fertilizzanti come pure la libera crescita di tutte quelle erbacce da sempre considerate nocive per la crescita delle piante. Proprio partendo da un libro di Fukuoka, Akinori Kimura ha capito come fosse possibile coltivare le mele senza l'uso di materiali chimici e nell'arco di tutta la pellicola assistiamo alla sua personale odissea nel tentativo di perseguire questo obbiettivo. Dai primi assurdi fallimenti, quando usa il wasabi come antibatterico, fino alle prove con quasi ogni singolo prodotto alimentare, dall'aceto al latte, il personaggio di Kimura si muove con una passione e forza d'animo che riescono a catturare la fiducia del genero, pronto a tutto pur di aiutare il giovane e la figlia.
Dopo un incipit da commedia leggera e divertente con alcuni momenti surreali (si veda il motorino a razzo che un Kimura adolescente costruisce per il suo amico Mocchan), il film scorre in modo più che gradevole per la prima ora. Iniziano solo qui i problemi, in quanto il film abbandona completamente il registro divertito e divertente della prima parte per trasformarsi in un dramma incredibilmente patetico ed eccessivo. I problemi economici che affliggono i Kimura portano prima all'emarginazione dalla vita sociale della cittadina, poi spingono l'uomo ad allontanarsi da casa alla ricerca di soldi, finendo a vivere per strada a Tokyo dove viene ovviamente derubato da un gruppo di giovani. Non pago di ciò il regista introduce anche la demenza senile del padre di Mieko come pure l'ospitalizzazione della figlia maggiore della coppia, malata per il troppo stress. Ci troviamo così di fronte ad un'abbondante ora di cliché drammatici e patetici, inseriti nella narrazione come meri pretesti e senza approfondimento alcuno, finendo per perdere efficacia nel loro continuo affastellarsi l'uno sull'altro. L'empatia che si poteva venire a creare comincia a sfaldarsi un pezzo alla volta fino alla quasi completa perdita di interesse nel futuro della coppia e della loro coltivazione.
Stilisticamente il film non presenta alcun guizzo particolare, a parte una surreale discesa all'inferno del protagonista abbattuto per i continui fallimenti. Anche l'unione di commedia e dramma è tipica delle produzioni asiatiche, giapponesi e coreane in particolare, che vede il suo pubblico amante del patetismo e della facile commozione. A spingere l'acceleratore su quest'ultimo elemento ci pensano le musiche del famoso Joe Hisaishi (sue le musiche di Hana-Bi e Sonatine di Takeshi Kitano come pure quelle di numerose pellicole dello Studio Ghibli di Hayao Miyazaki) che dopo un inizio allegro e vivace in cui si sentono le classiche orchestrazioni del compositore si perdono nel solito marasma patetico di violini ed archi.

Fruits of Faith Ispirato alla storia vera dei coniugi Kimura, Fruits of Faith è un film che pare non sapere che strada intraprendere. Dopo una prima parte spigliata e divertente la pellicola risulta appesantita da una sezione centrale che vira troppo sul patetico, accumulando senza soluzione di continuità situazioni drammatiche. Ciononostante nel film si respira il rispetto del regista verso un uomo e la sua famiglia che non si sono mai arresi di fronte alle difficoltà e che hanno perseverato nella conquista del loro sogno. Un sogno che alla fine si è realizzato e che ha portato il signor Kimura ad essere uno dei primo agricoltori biologici in Giappone. In questo momento storico in cui il Giappone sta ancora curando le profonde ferite inferte dal cataclisma di due anni fa, questo spirito di perseveranza di fronte alle avversità è ciò che spinge uomini e donne ad impegnarsi senza sosta nella ricostruzione e siamo sicuri porterà la pellicola di Nakamura al successo in patria. In Italia, dove città colpite dal terremoto aspettano da anni i fondi per la ricostruzione, questo spirito risulta purtroppo solo un'utopia. Meglio guardare il calcio in TV e far finta di nulla, tanto ci penserà qualcun altro...

6

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