Recensione Fright Night - Il vampiro della porta accanto

Il vampiro Farrell!

Recensione Fright Night - Il vampiro della porta accanto
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Se per la maggior parte degli italiani la calda estate del 1990 non segnò altro che la stagione del Campionato mondiale di calcio svoltosi su suolo tricolore, nella memoria degli irriducibili appassionati di cinema horror non può fare a meno di essere ricordata come il periodo in cui la mitica e indimenticabile trasmissione televisiva Zio Tibia picture show, giunta alla sua seconda e ultima edizione, mandò in onda, ogni venerdì sera, un film dell'orrore in prima visione su piccolo schermo; offrendo la possibilità di godere di determinate pellicole a tutti coloro che, allora non ancora quattordicenni, se le vedevano proibire nei cinema (a volte addirittura nelle videoteche) a causa del divieto.
Un'edizione che aprì con Ammazzavampiri, esordio registico datato 1985 di Tom Holland (autore tre anni dopo de La bambola assassina), nel quale William Ragsdale vestiva i panni del giovane Charley Brewster che, intuendo che il suo vicino di casa Jerry Dandridge alias Chris Sarandon potesse essere un succhiasangue della notte, finiva per chiedere aiuto a Peter Vincent, attore di film di paura in declino passato a condurre lo show televisivo Fright night (proprio come il titolo originale del lungometraggio).
E fu il compianto Roddy McDowall ad incarnare quest'ultimo, il cui nome omaggiava - contemporaneamente ed evidentemente - i grandi Peter Cushing e Vincent Price, volti storici dell'horror anni Sessanta e Settanta, poi tornato in azione, insieme allo stesso Ragsdale, in Ammazzavampiri 2, firmato nel 1988 dal Tommy Lee Wallace già responsabile del terzo Halloween.
Un sequel che, tirando in ballo una sexy vampira, puntò principalmente all'aumento dei mostri, aggiungendo un lupo mannaro parlante e un mangiatore di scarafaggi, ma risultando nettamente inferiore al capostipite, nonostante l'ottima fattura degli effetti speciali di trucco e un neanche troppo celato attacco alla televisione.

Parola di Colin Farrell

La prima volta che ho visto Ammazzavampiri avevo undici o dodici anni; non voglio dire che sia "sacro", ma in un certo senso è perfetto così come è. Ma dopo aver letto il copione di Marti Noxon mi sono sentito davvero confuso perché la storia era scritta benissimo e, nonostante il mio attaccamento al primo film, desideravo assolutamente far parte di questo remake! Proprio come l'originale, anche questo è un horror con un delicato tocco comico ed irriverente.

Ammazzavampiri... 26 anni dopo!

Quindi, in piena era di remake, reboot e prequel, era inevitabile, a ventitre anni di distanza da quel secondo capitolo e a ventisei dal primo, che qualcuno pensasse di riportare sullo schermo, in tre dimensioni, il soggetto che fu alla base del film di Holland, coinvolgendo perfino il citato Sarandon in un'apparizione-omaggio.
Al suo posto, infatti, sotto la regia del Craig Gillespie che diresse Lars e una ragazza tutta sua (2007) con Ryan Gosling, è l'acclamatissimo Colin"Miami Vice"Farrell a concedere anima e corpo al vampiro della porta accanto; mentre all'Anton Yelchin di Terminator salvation (2009) spetta il compito di non far rimpiangere il Charley Brewster di Ragsdale, qui frequentatore sia della comitiva più popolare del quartiere che della ragazza più carina della scuola: Amy, con le fattezze della Imogen Poots di 28 settimane dopo (2007).
Oltre ad essere affiancato dalla madre Jane alias Toni"Little Miss Sunshine"Collette durante la lotta-fuga dal mostro; destinata a coinvolgere strada facendo, appunto, Peter Vincent, questa volta interpretato dal David Tennant della serie televisiva Doctor Who.

Giovani, canini e Vincent

E già il fatto che quest'ultimo venga rappresentato nelle vesti di donnaiolo capellone e tatuato proto-metallaro potrebbe spingere gli amanti del film del 1985 a storcere il naso; tanto più che, fin dall'avvio, appare totalmente assente anche quella cupa ma ricca di colori atmosfera suggestiva che, un po' retrò, un po' kitsch, rappresentò, comunque, uno dei maggiori punti di forza dell'indimenticabile cinematografia dell'orrore anni Ottanta.
Invece, man mano che entrano in scena gli elementi volti a trasportare la storia nel clima d'inizio terzo millennio, dagli immancabili telefoni cellulari alla figura del nerd incarnato dal Christopher Mintz-Plasse di Kick-Ass (2010), il quale riprende il personaggio che fu di Stephen Geoffreys (attore poi passato ai porno gay!), il rifacimento di Gillespie dimostra di essere capace di assumere una propria identità, riallacciandosi all'innovativo prototipo soltanto nell'idea di partenza e nella scelta di non lasciare l'ironia al di fuori di tutto.
Infatti, se lì la tensione veniva abilmente costruita attraverso l'attesa, disturbata in maniera esclusiva da qualche occasionale evento impreziosito dagli ottimi effetti speciali di trucco, qui, in mezzo ad esplosioni ed aumento della spettacolarità (e di esterni), essa finisce per essere parte fondamentale del dominante movimento, tra fx digitali usati discretamente e notevole senso del ritmo.
Sarebbe sufficiente citare la sequenza della tesissima fuga dalla casa di Dandridge attuata dal protagonista insieme alla bionda Emily Montague per lasciar capire quale sia il tenore generale della pellicola, che, non priva di trovate inaspettate e ricca di oggetti e schizzi di sangue scaraventati contro lo spettatore tramite uno dei 3D più efficaci visti sullo schermo, regala due ore di veloce e puro intrattenimento, classificabili tra le maggiormente divertenti sfornate dalla produzione teen horror degli anni Duemila.
Ma, soprattutto, ricordando, seppur con un non troppo convincente Farrell, che i veri discendenti su celluloide di Dracula sono violenti e dai canini affilati, non quelli romantici e lagnosi della serie Twilight... che viene anche verbalmente citata.

Fright Night - Il vampiro della porta accanto Regista di Lars e una ragazza tutta sua (2007), Craig Gillespie rivisita Fright night (1985) di Tom Holland, classico del cinema horror che, distribuito in Italia con il titolo Ammazzavampiri, contribuì non poco a fornire i connotati della figura del moderno succhiasangue, grazie ad un azzeccato mix di tensione, ottimi effetti speciali di trucco e tutt’altro che invadente humour. E chi lo avrebbe mai detto che l’autore di un piccolo film indipendente incentrato sulla storia d’amore tra un ragazzo e una bambola a grandezza umana si sarebbe dimostrato all’altezza di gestire a dovere i tempi e il senso dell’entertainment tipici delle grosse produzioni hollywoodiane? Proprio così, sebbene il Fright night 2011 potrebbe deludere i fan del lungometraggio originale, i quali, magari speranzosi in un fedele rifacimento, si trovano davanti ai propri occhi un prodotto che ne risfrutta soltanto l’idea di partenza, non si può fare a meno di affermare che l’operazione in questione sia capace di regalare due ore di movimentato spettacolo su celluloide. Tra azione, tensione, schizzi di sangue in digitale e un 3D che, una volta tanto, svolge a dovere il suo scopo di regalare allo spettatore l’illusione di vedere uscire gli oggetti dallo schermo per scaraventarsi contro di lui.

7

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