Recensione Forsaken

In Forsaken, Kiefer Sutherland (che divide lo schermo col padre Donald) ritrova il regista televisivo Jon Cassar, qui alle prese con il suo primo lungometraggio, in territorio western.

Recensione Forsaken
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Sin dalla prima messa in onda, era chiaro che due persone in particolare fossero all'origine del successo di 24, la serie in tempo reale che contribuì in modo sostanziale alla popolarità dei programmi puramente serializzati sulle reti televisive tradizionali. Una di queste, ovviamente, è Kiefer Sutherland, uno dei tanti attori cinematografici di successo a trovare una seconda carriera sul piccolo schermo grazie al personaggio di Jack Bauer, un uomo duro e spietato ma anche vulnerabile, costantemente alle prese con situazioni estreme. L'altra è il regista Jon Cassar che, pur non avendo diretto il primissimo episodio (affidato a Stephen Hopkins), divenne rapidamente il cineasta rappresentativo del serial, trovandosi in cabina di regia per la maggior parte delle puntate e, insieme a Sutherland, contribuendo alla progressione narrativa in quanto produttore esecutivo. Considerando questo sodalizio, era inevitabile che, in caso Cassar passasse al cinema, colui che fu Jack Bauer fosse della partita. Ed eccoci quindi di fronte a Forsaken, pellicola di genere transitata via Toronto e Zurigo (dove Sutherland ha ritirato un premio alla carriera).

Storie di famiglia

La prima cosa che salta all'occhio vedendo questo western che strizza in parte l'occhio a Gli spietati (per lo meno per quanto riguarda, parzialmente, la caratterizzazione del protagonista, un assassino costretto, suo malgrado, a riprendere le vecchie abitudini) è la riflessione metacinematografica sulla famiglia, qui rappresentata da Kiefer Sutherland e dal suo vero padre Donald Sutherland, che per la prima volta affianca suo figlio in un ruolo simile, seguendo il modello della famiglia Sheen. Due uomini simili eppure diversi, due stili di recitazione - calma dignità per Donald, furia repressa per Kiefer - che si incontrano e collidono per creare un ritratto famigliare di un certo spessore (pensiamo, in particolare, alla conversazione in chiesa). E il ritrovo continua nel reparto sentimentale, poiché l'ex-fiamma di John Henry Clayton - questo il nome del personaggio di Sutherland figlio - ha il volto, sciupato ma pur sempre affascinante, di Demi Moore, che fu l'avversaria di Kiefer in Codice d'onore. Il che spiega l'alchimia, tesa e segnata dal tempo ma comunque presente e toccante, fra i due attori, che si prestano ad una dinamica emotiva che rafforza il contenuto del film.

Jack Bauer nel Far West

Passano gli anni, ma l'ombra di Bauer è sempre dietro l'angolo, nascosta negli occhi di Sutherland figlio che ormai vive e respira quel personaggio, a prescindere dal progetto in cui è coinvolto (vedi Touch, nel cui pilot passano pochi minuti prima che l'attore se ne esca con un bel "Damn it!"). Ed è quella rabbia repressa, pronta ad esplodere in qualsiasi momento, che al contempo salva e condanna Forsaken. Perché se è vero che l'interpretazione di Sutherland, l'attore migliore in un cast di tutto rispetto (ai nomi già citati è doveroso aggiungere Brian Cox nei panni del cattivo), cattura da subito l'attenzione dello spettatore e compensa la mancanza di una vera propria firma da parte di Cassar, essa è anche sintomatica della sensazione di vedere un episodio extralarge di 24 camuffato da western. Il che di per sé non è un difetto, ma era lecito aspettarsi di più. Forse, essendosi ora fatto il callo per quanto concerne il grande schermo, il regista saprà trovare un'identità formale propria. La materia prima c'è, basta solo allontanarsi dal fantasma ingombrante del CTU e delle corse contro il tempo.

Forsaken Jon Cassar non riesce a discostarsi del tutto dal suo passato di “semplice” mestierante televisivo, e si affida soprattutto alla bravura del suo cast. Forsaken è un western gradevole e coinvolgente, ma un po’ troppo anonimo per meritare un posto negli annali del genere.

6.5

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