Flatliners - Linea Mortale, la recensione del film con Ellen Page

Sbarca al cinema il sequel-remake dell'omonimo cult horror anni '90 di Joel Schumacher, questa volta diretto da Niels Arden Oplev.

Flatliners - Linea Mortale, la recensione del film con Ellen Page
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In un periodo così ricco di sequel, reboot, remake o spin-off ci si aspettava di tutto dai grandi produttori di Hollywood, anche che fossero in grado di riesumare vecchie glorie cult del genere horror come questo Linea Mortale, film del 1990 diretto da Joel Schumacher che al tempo fece discutere per l'idea alla base del progetto. Non che sia l'IP più stramba da riportare alla ribalta, ma intendiamoci: cosa si poteva mai aggiungere a un thriller dalle venature psicologiche come quello? Non che fosse perfetto, anzi, ma dopo 27 anni il mondo ha già avuto altri e grandi esempi di come evolvere il concetto di vita dopo la morte e svilupparlo all'intero di un film dell'orrore, il che ha reso ovviamente questo Flatliners - Linea Mortale più un esercizio di stile che altro, che si pone al contempo come remake e sequel dell'originale, con il quale in realtà ha un solo, evasivo e abbastanza superfluo punto di contatto.

Linea piatta

Tanto per rimanere al passo con i tempi, il film di Niels Arden Oplev vede come protagonista principale una donna, Ellen Page, in contrasto con un Kiefer Sutherland allora nei panni di Nelson Wright. Nulla di così importante, però, perché restando fedele ai canoni del genere il thriller-horror è davvero molto corale, con momenti di tensione ben redistribuiti tra tutti i personaggi, che sono Courtney, Ray (Diego Luna), Marlo (Nina Dobrev), Jamie (James Norton) e Sophia (Kiersey Clemons), giovani e viziati studenti di medicina tutti sogni e ambizioni. Assecondando quello che Courtney chiama "una ricerca extra-curriculare", l'allegro gruppetto decide di sperimentare l'esperienza dopo-morte provocando il decesso in un ambiente controllato, così da rianimarsi a vicenda. Lo scopo iniziale è quello di scansionare il cervello alla ricerca di qualsivoglia attività dopo la morte, ma la verità è che Courtney nasconde un segreto che l'ha portata a una totale ossessione. Come lei, anche il superficiale e ricco Jamie o l'oppressa Sophia hanno degli scheletri nell'armadio, ma tutto è secondario allo status psico-fisico nel quale ripiombano una volta tornati in vita. Si sentono forti e immortali, super dotati, ma molto presto inizieranno a temere della propria sanità mentale a causa di "qualcosa" che tenta disperatamente di tormentare le loro esistenze.
Il difetto principale, in tutto questo, è che un incipit forse troppo lungo e prolisso toglie tempo alla storia di evolvere con un ritmo adeguato, compartimentando troppo lo sviluppo narrativo, perfettamente diviso in morte-esperienza--risveglio-problematica, alla lunga prevedibile e con un impatto che va scemando minuto dopo minuto sullo spettatore.
Ogni test after-death è però significativamente diverso l'uno dall'altro, così da donare a ogni protagonista un proprio demone da affrontare e una visione differente di quello che potremmo chiamare superficialmente "aldilà", per alcuni pieno di luce "smarmellata" (citando Duccio di Boris) e per altri cupo e asettico, sporcato cioè dai peccati commessi in vita. In questo specifico contesto la visione di Oplev risulta calibrata e interessante, tanto che i momenti migliori dell'intera produzione sono forse quelli in cui Courtney & Co. sono prigionieri della loro esperienza estrema.

Cuore in gola

Questo sequel di Flatliners funziona insomma molto poco sul piano psicologico, ma questo soprattutto per la decisione di impostare il film come un horror da jump scare senza troppi fronzoli, o almeno la sensazione provata in sala sembrava proprio questa. Se la tensione narrativa viene infatti ridotta all'osso appena dopo il prologo, lasciando completamente disinteressati sulla storia (di cui alcuni aspetti non vengono neanche ben spiegati sul finale), diverso è invece il risultato della pura suspense da "salto nella poltrona". Utilizzando espedienti scenografici e inquadrature ricercate al millimetro, Oplev riesce a dare contenuto anche all'angolo più buio, lasciando sperimentare all'audience nel momento della rivelazione della paura quella che sarà a tutti gli effetti una prova tecnica di un possibile infarto.
Il film è ben farcito di questi momenti, che sono poi il motivo principale per cui un pubblico mainstream si reca in sala a vedere horror nei generis; faranno quindi la felicità di molti, anche se andranno a sostituire una parte sostanziosa di approfondimento psicologico, non chissà quanto richiesto in un prodotto simile, ma date le premesse sicuramente mancante. In definitiva Flatliners - Linea Mortale è la fase di rilassamento del muscolo cardiaco-cinematografico, la diastole del franchise, certamente funzionale, ma solo in compagnia di una necessaria contrazione sistemica, narrativa, sistole invece fin troppo assente nel progetto.

Flatliners - Linea Mortale Lasciando da parte quelle poche ambizioni da thriller psicologico che aveva il film originale, piccolo cult del genere, questo Flatliners - Linea mortale si pone come un buon passatempo di stampo horror jump scare che farà felici gli amanti più mainstream del genere, lasciando perà molto delusi i fan del titolo di Joel Schumacher. Non pessimo come ci si potesse aspettare, ma superfluo senz'altro. Il battito, in sostanza, è davvero molto basso e, più che a esistere, Flatliners si limita esclusivamente a sopravvivere.

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