Recensione Fiori d'equinozio

Continua la rassegna di riscoperta del cinema del maestro giapponese Yasujiro Ozu: questa volta è il turno di Fiori d'equinozio, contagiosa commedia emotiva che indaga ancora una volta nelle vicissitudini di una famiglia.

Recensione Fiori d'equinozio
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Continua la rassegna, proposta da Tucker Film, alla riscoperta dei film del maestro giapponese Yasujiro Ozu. Secondo titolo, dopo Viaggio a Tokyo, a beneficiare della riproposta in sala (il 29 giugno e il 1 luglio a Milano, rispettivamente ai cinema Apollo e Anteo, ed in seguito in altre città italiane) è Fiori d'equinozio, datato 1958 e primo film del maestro girato a colori. Come sempre nella sua raffinata carriera, l'autore nipponico indaga nelle contraddizioni all'interno del nucleo familiare ma, in quest'occasione, adotta toni più leggeri che, pur non privi di qualche vagito drammatico, guardano più alla commedia morale, trovando nella storia e nei numerosi personaggi secondari (interpretati da attori assai cari al regista, tra i quali il sempre immenso Chishû Ryû) molti spunti di riflessione sull'evoluzione sociale del Giappone.

Non sposate le mie figlie!

Wataru Hirayama , direttore di una grande azienda, è preoccupato per il futuro delle sue figlie. Quando un giovane si reca nel suo ufficio chiedendogli il permesso di sposare la primogenita Setsuko, Hirayama oppone inizialmente il suo rifiuto, nonostante la strenua volontà della ragazza di convolare a nozze con l'amato. E mentre un suo vecchio amico, la cui figlia è fuggita da qualche settimana con il fidanzato, gli chiede aiuto affinché la giovane ritorni a casa, il business man comprenderà come la felicità di Setsuko sia più importante del proprio orgoglio.

Equinox Flower

Seguendo le linee guida del suo Cinema, Ozu ci regala un'altra grande opera in grado di scaldare il cuore con il suo stile pacato e gentile, in grado di trasmettere un profondo senso di pace. I toni più ariosi che, a dispetto di qualche lite familiare, permeano le due ore di visione, ne aumentano la scorrevolezza ripercorrendo il confine tra due generazioni di pensiero. Hirayama e la consorte infatti si sono sposati quando ancora erano in voga i matrimoni combinati; nel Giappone post-bellico però anche la società si è ormai evoluta e i giovani hanno ora più potere decisionale rispetto alla volontà paterna. Anche in questo caso però si respira l'inevitabile, ma pacifica, amarezza del distacco tra figli e genitori, pronti sempre a desiderare il meglio per i propri eredi. Ed è grazie alla realistica caratterizzazione dei personaggi che è semplice empatizzare sia con Setsuko che con Hirayama e comprendere le ragioni di entrambi. L'uomo infatti, dispensatore di consigli per amici e conoscenti, si trova in conflitto con i pensieri da egli stesso pronunciati quando ad essere oggetto della discussione è la relazione sentimentale della figlia, verso la quale viene mosso da un normale istinto protettivo. Ozu riesce grazie alla sua regia semplice e profonda al contempo, capace di catturare l'immenso fascino delle piccole cose e gesta quotidiane, a mettere magistralmente in mostra le psicologie delle varie parti in causa: e se Shin Saburi è perfetto nella parte del combattuto protagonista, il resto del cast brilla per contagiosa e credibile umanità sia nei ruoli principali che in quelli secondari. E così, tra uscite nei piccoli bar di Tokyo e bevute di sakè con i vecchi amici di un tempo, la magia introspettiva di Fiori d'equinozio è ancora una volta encomiabile.

Fiori d'equinozio Ambientato per la maggior parte in ambienti chiusi che permettono al Cinema delle piccole cose di Ozu di emergere ancora una volta con toccante umanità, Fiori d'equinozio si avvale di toni più leggere in una commedia della vita che emoziona in più occasioni, grazie all'efficace caratterizzazioni di tutti i personaggi in gioco. In un Giappone in continuo mutamento il maestro giapponese scava nuovamente nei meandri familiari ponendoci un ritratto dolce e gentile che scalda il cuore grazie a piccoli tocchi di emotiva e realistica magia della semplicità.

9

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