Fear Street: Parte Due - 1978, recensione dell'horror Netflix

Si torna nell'universo cinematografico di Netflix basato sui romanzi horror di R.L. Stine con la seconda parte della trilogia di Fear Street.

Fear Street: Parte Due - 1978, recensione dell'horror Netflix
Articolo a cura di

Altro giro, altra corsa: a una settimana dall'uscita di Fear Street: Parte Uno - 1994, Netflix rincara la dose lanciando sulla sua piattaforma il secondo episodio dell'ambiziosa trilogia teen-horror diretta da Leigh Janiak e basata sulla serie di romanzi omonimi scritti da R.L. Stine, Fear Street: Parte Due - 1978.
Sia prequel che sequel del film precedente, con la sua strana, quasi sperimentale struttura a "scatole cinesi a puntate" pensata da Netflix e che per certi versi, grazie ai suoi continui giochi di rimandi, si rifà a Il carretto fantasma di Victor Sjöström, Parte Due - 1978 contribuisce alla creazione della mitologia di Shadyside, ampliandone i confini e delineandone maggiormente le sfumature.
Come ogni secondo episodio che si rispetti, prosegue le linee narrative lasciate in sospeso dal film precedente e allo stesso momento apre a ciò che verrà nella terza e ultima puntata.
La particolarità, in questo caso, è che la storia, neanche fosse un'esagerazione di Memento di Christopher Nolan, procede all'indietro: la metà degli anni '90 di Parte Uno lascia il posto al finire degli anni '70, a David Bowie e allo Stephen King di Carrie e Le notti di Salem.
Soprattutto al seminale Venerdì 13 di Sean S. Cunningham, destinato ad arrivare nei cinema due anni dopo i tragici eventi raccontati in Fear Street: Parte Due - 1978 ma vero riferimento e modello cinefilo che va a sostituire quello Scream di Wes Craven che invece aveva largamente ispirato il film della settimana scorsa.

La strega non morirà mai

Parte Uno - 1994 ci avvertiva che qualunque cosa sarebbe successa dopo non avrebbe retto il confronto con quanto era accaduto prima, rinforzando quella continua dialettica con il passato intorno al quale questa tutt'altro che canonica e sicuramente sorprendente trilogia horror è stata costruita.
Dunque, piuttosto che ripetere la stessa formula o far progredire la storia del primo episodio in modo lineare, Fear Street: Parte Due - 1978 fa un salto indietro nel tempo alla ricerca delle origini della maledizione che sembra condannare il destino dei giovani abitanti di Shadyside.
L'attenzione della sceneggiatrice e regista della serie Leigh Janiak a tutti i piccoli dettagli che riguardano l'espansione del mondo e della sua mitologia è equiparabile solo alla cura e all'introspezione che dedica allo sviluppo dei personaggi.
Un campeggio estivo che ripropone il celeberrimo Camp Crystal Lake di Venerdì 13 viene trasformato in un girone infernale per adolescenti in cui i ragazzi di Shadyside e di Sunnyvale sono costretti a condividere lo stesso tempo e lo stesso spazio; noi seguiamo le due sorelle Berman - una ribelle, Ziggy (Sadie Sink, cui spetta il compito di intrecciare ancora di più legami di Fear Street con Stranger Things), e una più conformista, Cindy (Emily Rudd).
Neanche a dirlo, uno dei tanti personaggi rimarrà vittima della maledizione della strega di Shadyside e inizierà a falciare senza pietà chiunque gli capiti a tiro. E lo farà raddoppiando le dosi di violenza truculenta e gorgogliante che già avevano strappato il plauso della critica nel film della scorsa settimana.

L'insolitamente lento sviluppo della storia (che partirà davvero intorno al quarantesimo minuto) permette alla regista di stabilire i rapporti degli adolescenti e i loro caratteri, qualcosa di cui i film slasher non sempre si preoccupano. Qui si vede la natura seriale del prodotto, da un punto di vista di messa in scena e narrativo, con le serie tv che, grazie a un linguaggio visivo semplice, possono concedersi più tempo per approfondire i propri protagonisti.
Ma Parte Due - 1978 si presenta con toni molto più cupi di 1994, non solo da un punto di vista estetico (le luci al neon del centro commerciale, le tonalità del liceo e i colori del supermercato lasciano campo al buio umido di una foresta estiva) ma anche da un punto di vista registico.
Le uccisioni arrivano a riempire lo schermo in maniera molto più raccapricciante. Addirittura il film non si fa scrupoli a falciare in lungo e in largo dei bambini, una cosa che si vede raramente anche negli horror rated-r.
Il sesso sarà molto più evidente (non a caso una scena ricorda da vicino l'originale Venerdì 13) e non ci sarà timidezza neanche per quanto riguarda i dettagli più viscidi e schifosi (come un'enorme massa pulsante e schifosissima che farebbe felici John Carpenter e Rob Bottin).
La Janiak si concede qualche momento puramente cinematografico - alcuni zoom che ricordano gli anni '70 e un importante effetto vertigo, per non parlare dell'inattesa citazione visiva a La creazione di Adamo di michelangiolesca memoria con cui si chiude il climax - ma in generale mette la sua regia al servizio del racconto, allo scopo di intrattenere soprattutto il pubblico di riferimento, ovvero gli adolescenti. E dire che l'approccio funziona alla grande sarebbe riduttivo.

Fear Street Vincere e convincere: dopo l'ottimo inizio della settimana scorsa con Parte Uno - 1994, l'ambiziosa trilogia di Fear Street targata Netflix si fa più cattiva, truculenta e adulta in Parte Due - 1978. Partendo dai numerosi spunti disseminati dal seminale Venerdì 13 di Sean S. Cunningham in tutto il genere horror di fine '900, il secondo film di Leigh Janiak adotta un linguaggio basico e immediato a un racconto dell'orrore coi controfiocchi, giocando sui classici momenti immortali dello slasher tentando - e riuscendo - di rappresentarli per il nuovo pubblico di oggi, forse più disattento ma anche più smaliziato di quello di quarant'anni fa.

7.5

Quanto attendi: Fear Street

Hype
Hype totali: 23
66%
nd