Fast & Furious 9, la recensione del nuovo film con Vin Diesel e John Cena

Il ritorno della Famiglia al cinema ha un sapore decisamente agrodolce, dove il dramma è più protagonista dell'azione, che resta sfrenata a impossibile.

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A quattro anni di distanza dall'ottavo capitolo del franchise diretto da F. Gary Gray, la saga della Famiglia torna in sala con Fast & Furious 9, primo tassello di una già annunciata trilogia conclusiva della serie cinematografica, la cui regia sarà interamente curata dal sodale e ormai esperto Justin Lin. Dagli eventi che hanno visto Dom (Vin Diesel) e la sua squadra riuscire a salvare il figlio di Toretto delle grinfie dell'hacker Cipher (Charlize Theron) sono passati quattro anni, e le strade di tutti hanno preso direzioni differenti. Dominic vive in una fattoria al di fuori del centro urbano che tanto amava insieme a Letty (Michelle Rodriguez) e al piccolo Brian, cercando di tenersi lontano dai guai per il bene del bambino e provare a costruirsi una vita più tranquilla e senza pericoli mortali.

Sia Dom che Letty sentono però la mancanza della vecchia vita, dell'adrenalina, della squadra, e quando vengono informati della scomparsa del Signor Nessuno (Kurt Russell) e della fuga di Cipher, i due decidono di tornare sul campo insieme al resto della Famiglia per recuperare una pericolosissima arma satellitare e al contempo sistemare i conti con il passato, tanto con Cipher quanto con il ritrovato terzo fratello Toretto, Jakob (John Cena), che Dom si ritroverà contro come grande avversario insieme a un intero esercito privato. La posta in gioco non è mai stata tanto alta, soprattutto per Dominic che ha una ferita che pensava rimarginata da tempo.

Il dramma della Famiglia in Fast & Furious 9

Lo strapotere e lo stracontrollo esercitati nel tempo da Vin Diesel su uno dei franchise più profittevoli della storia del cinema è riuscito infine a fare danni. Prima la faida per protagonismo con Dwayne "The Rock" Johnson ha convinto quest'ultimo ad abbandonare la saga principale e passare a quella spin-off di Hobbs & Shaw, ora l'ingerenza come produttore della star sta trascinando la serie verso lidi differenti da quelli che ci eravamo ormai abituati a conoscere dal quinto capitolo in avanti.

Superato un certo confine, infatti, il franchise sembrava aver definitivamente virato verso un connubio tra humor, azione e avventura, ma la testardaggine di Diesel è riuscita a scardinare questo equilibrio da blockbuster miliardario e senza pretese per dare più risalto a uno degli elementi che meno interessano in un titolo del genere, e cioè il dramma. E non stiamo parlando dell'evoluzione della storia, ma dell'impatto narrativo che la tragedia ha all'interno del racconto, di come la drammaticità degli eventi e dunque la "profondità" dell'intreccio vogliano scavallare senza ritegno la qualità e l'originalità dell'azione.
Centro essenziale della trama è la relazione d'amore e odio tra Dom e Jakob, che sono infatti assoluti protagonisti del prologo che getta le basi della rivalità tra i due. Il rapporto tra i fratelli Toretto viene soprattutto scandagliato a partire da un terribile evento che li ha purtroppo visti attoniti spettatori, impotenti, ammutoliti dal dolore, e da lì procede per costruire e de-costruire le dinamiche di una fratellanza finora rimasta nascosta ma che, una volta introdotta, necessita ora di una giustificazione per esistere.

Ovviamente non tutto torna e - anzi - ci sono alcuni passaggi che lasciano davvero senza parole per la superficialità della ri-scrittura retro-attiva della saga, e questo anche guardando all'ormai sdoganato ritorno di Han, la cui sopravvivenza segna un terzo cambio di motivazioni dietro alla storia del franchise, come se quell'incidente a Tokyo fosse il punto zero e di continua ripartenza dei pretesti narrativi, cosa onestamente non più accettabile.

Perché va benissimo la sospensione dell'incredulità sulla macchina home-made capace di eludere le leggi base delle fisica e arrivare nello Spazio, i salti impossibili da una montagna all'altra con una ruota attaccata a un cavo, magneti giganti che fanno letteralmente volare le macchine, ma spacciare per scrittura tragica e di qualità un'accozzaglia di cliché tediosi e ridondanti (su 2 ore e 23 di durata, in Fast & Furious 9 si parla e ci si confronta oltre ogni peggiore aspettativa) è davvero troppo.

È l'esagerazione definitiva della serie, il pugno produttivo di Diesel sbattuto con veemenza sul tavolo dei creativi, ricordando come la star sia convinta che il franchise sia addirittura da Oscar, emozionante come pochi altri (forse per un secondo nel settimo capitolo, comunque legato alla morte di Paul Walker), bisognoso di riconoscimenti importanti.

Ridimensionarsi per il futuro

Queste convinzioni, dicevamo, hanno fatto danni, perché Fast & Furious 9 funziona e non funziona. A risultare sempre godibile è l'azione, che però qui sembra perdere un po' d'originalità sfruttando la soluzione del magnete alla Michael Bay, per altro senza creare dei momenti d'epica interna realmente solidi o appassionanti.

È un buon film di genere le cui qualità formali si deteriorano e si sfaldano sotto il peso dell'ambizione drammatica del progetto, dove poi è proprio Vin Diesel il peggiore interprete in campo (eccetto quando c'è da combattere, lì se la cava sempre bene). Gli altri personaggi sono invece delle discrete caratterizzazioni, ormai, il che significa che in copia carbone da un episodio all'altro, da Michelle Rodriguez a Tyrese Gibson (il suo Roman sempre tra i migliori, specie quando tira in ballo la teoria del supereroe), gli attori leggono i proprio ruoli in modo giusto e puntuale senza strafare - e questa volta persino una Theron meno presente ma anche meno macchietta. Il Jakob di John Cena è poi un'interessante new entry della saga e nel genere l'attore ha ormai ottimi tempi e risulta abbastanza credibile, questo al netto del fatto che diretto da James Gunn in The Suicide Squad è tutto un altro interprete, con tutta un'altra dimensione espressiva, molto più affascinante.

In conclusione, l'idea (guardando anche al box office) è che per gli ultimi due capitoli di Fast & Furious si debba cominciare seriamente a pensare a una ridimensionata generale per tornare a qualcosa di spettacolare ma più immediato e divertente, meno "logorroico" dal punto di vista narrativo e tragico-relazionale e più semplice, diretto, appassionante.

Il nono capitolo vive invece la sua intera durata un quarto di stucchevole alla volta, provando a recuperare il tempo perso in chiacchiere prolisse che appesantiscono il ritmo del film con tre o quattro scene d'azione lunghe che non hanno però la stessa verve creativa o impattante di quelle del passato, anche questo segno di stanchezza. Ed è onestamente curioso e paradossale come nel capitolo in cui si raggiunge lo Spazio, l'apice più in alto di tutti, la Saga dia segni d'esaurimento.

Fast & Furious 9 Fast & Furious 9 non è il peggior capitolo del franchise con Vin Diesel, ma forse a causa della sua ambizione tragica e dell'ingerenza produttiva della stessa star protagonista, oggi come oggi è sicuramente il film più deludente del nuovo corso della saga. Lo è perché si prende troppo sul serio e tenta una strada narrativa più complessa e articolata senza però metterci effettivo impegno qualitativo, agendo retro-attivamente sul canone della serie in modo talmente bieco e superficiale da essere ormai ingiustificabile, specie guardando anche al ritorno di Han. Un film che vive come i suoi predecessori di tanti momenti d'esaltazione e di azione esagerata che però, oltre a risultare meno originale dei precedenti, qui vengono anche fagocitati dalle pretese drammatiche del titolo, in definitiva non così riuscito come speravamo.

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