Chissà quale sarebbe stato il destino di Fantozzi se i panni dello sfortunato ragioniere fossero stati vestiti da Ugo Tognazzi o da Renato Pozzetto. Nelle fasi iniziali della produzione infatti erano questi i due "nomi" caldi per interpretare il protagonista, ma in seguito a precedenti impegni non poterono accettare il ruolo. Così, quasi per caso, è subentrato proprio l'ormai iconico volto di Paolo Villaggio, anche creatore del personaggio. Quest'icona comica del cinema italiano nasce sulle pagine dei libri scritto dallo stesso attore, che fungono anche da fonte letteraria per la prima incarnazione su grande schermo: l'omonimo Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi prendono così vita in carne e ossa nel capostipite, insuperato capitolo della lunghissima saga cinematografica constatante di ben dieci episodi, più o meno riusciti. Per celebrare il quarantennale dell'arrivo al cinema, Fantozzi ritorna in sala (dopo la celebrazione in pompa magna all'appena trascorsa Festa del cinema di Roma) con le prime due incarnazioni, in programmazione per un periodo limitato di tre giorni, a distanza di una settimana l'una dall'altra.
"Sveglia e caffè, barba e bidet..."
Il ragionier Ugo Fantozzi lavora alla Megaditta, vessato dai suoi superiori e da un destino che ha in serbo per lui disavventure in serie. Sposato con Pina e padre della mostruosa Mariangela, tutte le mattine deve riuscire a timbrare il cartellino entro le 8.30. Fantozzi è segretamente innamorato della signorina Silvani, una sua approfittatrice collega, ed è in ottimi rapporti con il ragionier Filini, organizzatore di improbabili eventi. E tra improvvisate attività ludico-sportive e una gita in montagna, la sfortuna sembra continuare a perseguitare il povero impiegato.
Nuvole in viaggio

Si nota un certo distacco dalle classiche commedie all'italiana allora in voga, per una storia dai tratti quasi cartoonesca con protagonista un classico "uomo medio" alle prese con le ingiustizie della vita. Non è perciò del tutto sbagliato affermare che il primo Fantozzi viva su atmosfere tragicomiche che, tramite il mezzo di una satira pungente, si ergono a spietata metafora della situazione sociale di allora. Ma ciò che più conta allo scopo prettamente ludico è che le innumerevoli sfortune di cui è impotente vittima il protagonista, non privo di istinti masochistici che lo rendono più umano nel suo, solo apparente, distacco dalla realtà, raggiungono picchi di ispirata ilarità. Dalla partitella di calcio in un campo fangoso, alla gara di biliardo, dal match di tennis nel bel mezzo della nebbia (memorabile la battuta del congiuntivo), sino al ristorante giapponese e alla cura dimagrante, con tanto di scoppiettante finale sugli sci, la visione riesce ad offrire una varietà di umori e situazioni invidiabile. La nuvoletta che perseguita il ragioniere, le allucinazioni di carattere divino, la svolta comunista che precede l'acquatico epilogo sono tutte scelte narrative che speziano ancora di più il racconto, già impreziosito dalle ottime caratterizzazioni dei numerosi comprimari d'eccezione. Paolo Villaggio, che aveva inserito già nei romanzi dei passaggi semi-autobiografici (era impiegato all'Italsider di Genova prima di diventare attore), è corpo comico perfetto, dotato di un'espressività fisica e facciale che, qui come non mai nella sua carriera, diventa un tutt'uno con un personaggio ormai entrato nell'immaginario collettivo dell'intero Paese.